Syriza, quanta sostenibilità c’è dietro la Grecia di Tsipras?
[27 Gennaio 2015]
Molte sopracciglia si sono alzate più del naturale di fronte alla notizia annunciata dal leader di Syriza Tsipras, premier in pectore della Grecia, che ha teso la mano alla formazione di centro-destra degli Indipendenti, una formazione politica da più parti indicata – forse troppo aspramente – come il corrispondente ellenico della Lega nostrana. Certo è che gli indipendenti si trovano in una posizione di forte subalternità rispetto a Syriza (139 seggi in Parlamento contro 13), e la mossa di Tsipras potrebbe rappresentare un mero opportunismo politico, un segnale all’Ue e interno alla Grecia, verso ciò che resta del Pasok (lasciato alla porta anche se era pronto a entrare nel governo): è ancora presto per giudicare.
Troviamo più interessante andare a vedere il programma politico di quell’oggetto sconosciuto che già da oggi (massimo domani, l’attesa per la lista dei ministri è serrata) guiderà il minuscolo Paese che ha donato la democrazia al mondo intero. Quanta sostenibilità c’è, in sostanza, in Syriza? Andando per gradi, di sostenibilità sociale il programma di Salonicco (sul quale si basano i «quattro pilastri dell’azione politica» annunciata da Tsipras trabocca letteralmente: basti dire che la voce «affrontare la crisi umanitaria», ormai dilagante, si prende di diritto il primo posto.
E per quanto riguarda la sostenibilità ambientale? Non dimentichiamo, come fanno notare gli esponenti di Green Italia Francesco Ferrante e Roberto della Seta, che la sinistra di Syriza «se ne infischia del mantra ormai ridicolo della crescita, che invece continua ad ossessionare destra e sinistre novecentesche, e mette al centro del suo progetto, anche del suo progetto economico, una lotta durissima alla povertà». E come dimenticare che la minimizzazione della sofferenza, e non la massimizzazione del benessere, sia una delle colonne portanti dell’economia ecologica?
Per un Paese devastato come nessun altro dalla crisi scoppiata nel 2008 sarebbe d’altronde lecito pensare che la parte economica e soprattutto sociale siano prevalenti in un partito che punta alla guida. Leggendo il programma di Salonicco, a una prima occhiata sembra infatti così. Si nomina di sfuggita “solamente” la necessità di realizzare un New deal in chiave europea, con investimenti europei. Chi non ha memoria corta ricorderà però di che natura voglia essere questo New deal: la risposta è semplice, verde. Anche Tsipras, nella sua corsa al Parlamento europeo (al quale apparteneva prima di divenire premier della Grecia), sottoscrisse convintamente l’iniziativa pan-europea di un Green new deal. E nella sua dichiarazione programmatica i richiami alla sostenibilità erano molti, diretti sia all’energia sia all’efficienza nell’utilizzo delle altre risorse. Certo, a cambiare idea si fa molto presto – Renzi dopotutto ne è una testimonianza, e su più fronti ambientali – ma al momento appare più saggio rimanere ai fatti. E i fatti parlano chiaro. Non si dimentichi che la bandiera di Syriza è tricolore – rosso, verde e cicalmino – per richiamare la bussola dell’azione su criteri socialisti, ecologici e di tutela dei diritti civili. Non per nulla è dai Verdi europei (nonostante nel percorso delle ultime elezioni Ue corressero su fronti diversi, non senza reciproche critiche) che è arrivato uno degli applausi più scroscianti al successo di Syriza e di Tsipras. «Consegnando questa vittoria elettorale a Syriza, i cittadini greci hanno scelto chiaramente per un fondamentale cambiamento nel loro Paese – ha dichiarato Monica Frassoni, coordinatrice di Green Italia e Copresidente del Partito Verde Europeo – Ci congratuliamo con Syriza e i loro alleati ecologisti greci per il loro successo, sperando che possano essere attori efficaci del cambiamento necessario in Grecia ed Europa. Congratulazioni, inoltre, a Georgios Dimaras, il candidato Verde di Oikologoi Prasinoi, partito membro del Partito Verde Europeo, eletto nella regione Atene».
Le azioni suggerite da Syriza sono invece tutte ancora da misurare sul piano della sostenibilità economica. Gli interventi pubblici annunciati sono infatti miliardari, e la Grecia com’è noto non ha i bilanci più floridi d’Europa. Nel loro insieme, nota Fubini oggi su la Repubblica, «valgono il 7% del Pil, come se l’Italia lanciasse un’espansione di bilancio da 120 miliardi o la Germania da 250 miliardi senza spiegare dove trovano le risorse». Per concludersi positivamente, la sola possibilità per Syriza è quella di trovare le porte dell’Ue spalancate alle proprie proposte: possibile, magari necessario, ma al momento alquanto improbabile. Almeno in quella misura. Per questo c’è già chi – in Grecia ma anche nella disillusa Italia – vede il rischio demagogico dietro l’angolo. Può darsi, è una possibilità che neanche noi ci sentiamo di escludere in toto. Ma questi sono ancora i giorni della speranza, ed è bene che durino il più possibile dopo anni di buio; comunque sia, per uscire dall’assedio e dalla devastazione nella quale le ricette neoliberiste della Troika hanno precipitato la Grecia, le vecchie ricette non servono: ci vogliono coraggio e fantasia temerari e l’Europa del progresso dovrebbe tutta augurarsi che Tsipras e la Grecia ce l’abbiano… queste fantasie.