La green economy antidoto (anche) contro la disoccupazione tecnologica
Verde è il futuro del lavoro: il Piano Cgil e lo sviluppo sostenibile
Governare il processo di giusta transizione dei lavoratori nella riconversione sostenibile dell'economia
[23 Giugno 2016]
Nel contesto della Settimana europea per lo sviluppo sostenibile, la Cgil ha promosso l’evento Verde è il futuro del lavoro. Piano del lavoro e sviluppo sostenibile. L’iniziativa è stata una rilettura e un rilancio del Piano del lavoro, anche alla luce di una più profonda consapevolezza di tutti gli aspetti della crisi, e un’occasione per ribadire l’impegno del sindacato nel governare il processo di giusta transizione dei lavoratori nella riconversione sostenibile dell’economia.
L’emergenza climatica, che sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza umana sul pianeta, e la necessità di un’equa distribuzione delle limitate risorse naturali fra un numero sempre in crescita di abitanti, impongono un radicale cambiamento di modello di sviluppo. Uno sviluppo sostenibile basato sulla piena occupazione, la giustizia sociale, ambientale e climatica.
Il Piano del lavoro, presentato dalla Cgil nel 2013, aveva già in sé gli elementi della sostenibilità, a partire dalla convinzione – che ne era il presupposto – che non si può uscire dalla crisi se non si parte dal lavoro. Di qui gli obiettivi della piena occupazione e della dignità del lavoro.
Il Piano del lavoro rivendica il ruolo del pubblico in economia, non solo attraverso la programmazione economica ma anche con la creazione diretta di posti di lavoro, e individua i principali settori in cui lo Stato deve investire e assumere: ricerca, innovazione tecnologica, beni comuni (sociali, ambientali e culturali).
La ricchezza dell’Italia risiede in sé stessa e le grandi opere strategiche di cui il Paese ha bisogno sono: le bonifiche, la tutela del territorio e dei beni artistici e culturali, l’efficientamento energetico degli edifici, il sistema scolastico e universitario, la cultura, gli impianti a fonti rinnovabili, la ricerca e l’innovazione tecnologica, la sanità, i servizi sociali, l’agricoltura biologica, la riqualificazione urbana, l’uso efficiente delle materie, la messa in sicurezza sismica e idrogeologica del territorio.
Il 97% degli scienziati del clima concorda sul fatto che i cambiamenti climatici sono causati dagli esseri umani, che hanno effetti devastanti e irreversibili e costi altissimi. I ¾ delle emissioni che determinano i cambiamenti climatici derivano dall’uso delle fonti fossili di energia. La Cgil con senso di responsabilità, ma anche consapevole delle opportunità occupazionali del cambiamento, sa che da questo punto di vista l’energia è la questione principale e nel documento conclusivo dell’ultimo congresso afferma l’importanza di un’accelerazione della transizione energetica verso un modello basato su efficienza e fonti rinnovabili nel nostro Paese.
Accelerare la transizione è possibile e conviene. Possiamo citare ad esempio i dati dello studio dell’università di Stanford che dimostra la possibilità di realizzare un sistema energetico 100% rinnovabili al 2050. Per l’Italia lo studio segnala che la transizione energetica porterebbe la creazione di 379.536 posti di lavoro in fase di installazione e di 526.587 in fase operativa; un risparmio pari al 6% del Pil per i minori costi sostenuti per morti premature e malattie causate dall’inquinamento delle fonti fossili, e una riduzione del 40% del costo kWh dell’energia, senza considerare i costi delle esternalità negative legate alle fonti fossili.
D’altra parte, dal punto di vista occupazionale è sempre utile ricordare il noto grafico dell’università del Massachusetts (si veda a lato) che mostra come i migliori investimenti sono quelli nell’economia verde perché hanno il doppio beneficio sull’ambiente e sulla creazione di lavoro. Nel grafico sono evidenziati i diversi impatti occupazionali che si hanno investendo 1 milione di dollari in vari settori: 5 occupati nel gas, 7 nel carbone, 12 nelle smart grid, 13 nell’eolico, 14 nel solare, 16 nelle biomasse, 17 nella ristrutturazione edilizia, 22 nei trasporti collettivi e nel trasporto ferroviario di merci. Dati da non sottovalutare anche alla luce delle perdite occupazionali che potrebbero determinarsi a causa dell’innovazione tecnologica, l’automazione, l’intelligenza artificiale, le nanotecnologie, le biotecnologie e la stampa 3D (5 milioni di posti di lavoro in meno al 2018 nelle 15 economie mondiali più sviluppate, stima Wef).
La trasformazione ambientale ed energetica non può essere lasciata nella disponibilità del mercato. Gli interessi e i poteri consolidati rallentano la transizione, serve un progetto politico che ne abbia il controllo sociale. L’Italia avrebbe tutte le potenzialità per accelerare il cambiamento e coglierne tutti i benefici. La Cgil con il Piano del lavoro a livello nazionale, e con le vertenze e la contrattazione aziendale e sociale territoriale con gli enti locali, rivendica lo sviluppo sostenibile in tutte le sue declinazioni, mettendo al centro gli interessi dei lavoratori e delle popolazioni, la riconversione ecologica e la decarbonizzazione dell’economia, l’uso efficiente delle risorse e la giusta transizione dei lavoratori.