Acqua: in Italia una gestione efficiente farebbe risparmiare in energia 370 milioni di euro all’anno
Il politecnico di Milano presenta il primo Water Management Report
[24 Gennaio 2018]
E’ stata presentata oggi la prima edizione del Water Management Report dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano che parte da una constatazione: «L’acqua è un bene prezioso e sempre più scarso che esige una strategia di gestione sostenibile, soprattutto per quel che riguarda l’acqua dolce, appena il 3% di quella disponibile. Anche in Italia si cerca un efficientamento della rete idrica che tuttavia è ancora un “work in progress”: a fine 2015 l’acqua erogata nelle reti di distribuzione nel nostro Paese è stata pari a circa 4,8 miliardi di metri cubi, con una dispersione media del 40,66% (contro il 37,19% del 2012) e punte di oltre il 50% nel Centro e Sud Italia. Una corretta gestione della risorsa idrica e dei consumi energetici associati diventa fondamentale:nell’attività di distribuzione, per esempio, il potenziale teorico di risparmio energetico annuo si traduce in circa 370 milioni di euro, quello idrico in 2,7 miliardi di metri cubi d’acqua».
Il rapporto spiega che «Il volume totale di acqua dolce prelevato dall’ambiente nel nostro Paese è di circa 33,7 miliardi di metri cubi l’anno, per metà (50,45%) usati in agricoltura, che però si serve solo marginalmente della rete idrica. L’industria ne utilizza il 22,85% e si basa soprattutto su sistemi di prelievo dedicati; il resto (26,70%) è appannaggio del settore civile, che si approvvigiona quasi esclusivamente dalla rete idrica».
Lo studio concentra la sua attenzione sulla rete idrica civile e sull’industria, analizzando 5 sub-settori: chimica, siderurgia, lavorazione di minerali non metalliferi, produzione della carta e tessile, che insieme assommano a circa il 55% dei consumi totali di acqua nel comparto industriale. L’agricoltura verrà presa in considerazione nella seconda edizione del Water Management Report che sarà pubblicato a fine anno.
Secondo Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, «Migliorare l’efficienza della rete idrica italiana promette importanti vantaggi ma occorre migliorare il coinvolgimento e la collaborazione tra gli stakeholder. Nel caso della rete civile, per esempio, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema Idrico (Aeegsi), i soggetti gestori degli Ambiti territoriali ottimali (Ato), i manutentori della rete idrica civile, i grossisti e i fornitori di tecnologie devono camminare insieme verso l’obiettivo di ridurre le perdite lungo tutta la rete sfruttando le opportunità connesse al nuovo sistema tariffario e utilizzando al meglio tutte le tecnologie. E’ proprio nel nuovo sistema tariffario che gli investimenti nel settore idrico (a fine 2015 circa 11,85 miliardi di euro di risorse pubbliche) devono trovare la principale fonte di finanziamento, “ma la normativa dovrebbe avviare un circolo virtuoso che leghi maggiori investimenti a migliori remunerazioni».
Il Water Management Report fa l’esempio dellle opportunità offerte dalle tecniche no-dig per opere di risanamento e sostituzione con costi e impatto ambientale meno elevate e chiesa ricorda che «Anche nell’industria esistono numerosi sistemi, grazie all’evoluzione tecnologica, che consentirebbero sia una riduzione dei consumi d’acqua sia un incremento della profittabilità, così come ci sono opportunità di efficientamento poco sfruttate perché si scontrano con costi della “materia prima acqua” piuttosto bassi. In questo senso è importante che i policymakers definiscano delle condizioni normative e fiscali adatte a favorire gli investimenti che mirino a risparmiare acqua dolce. Si può innescare un percorso virtuoso di utilizzo sostenibile della risorsa idrica soprattutto se si sensibilizzeranno tutti gli attori, pubblici e privati, sul tema del water management e si renderà conveniente investire».
La prima edizione del Water Management Report apre la strada ad approfondimenti successivi: «Per quanto riguarda la rete idrica, verrà monitorato lo stato di avanzamento degli interventi descritti per verificare gli effettivi passi in avanti e allargare l’analisi alle due attività del ciclo idrico integrato, fognatura e depurazione, che non sono state approfondite; per quanto riguarda i settori industriali, verranno presi in esame i macro-settori complessivi, per valutare più a 360° il potenziale di efficientamento idrico-energetico».
Per quanto riguarda la rete idrica civile, il rapporto analizza prima il quadro normativo che regola l’utilizzo dell’acqua e le principali novità introdotte dalle leggi vigenti in materia di risorse idriche in Italia, come il Servizio idrico integrato (SiiI), gli Ato, la disciplina della gestione e il sistema tariffario del Sii, e spiega che «Ad oggi si contano sul territorio nazionale 92 Ato, ciascuno regolato da un Ente d’Ambito e amministrato da un soggetto gestore. I primi 26 soggetti gestori, che servono ognuno una popolazione superiore ai 400.000 abitanti, arrivano a coprire quasi il 70% degli italiani (oltre il 50% è servito dai primi dieci). Il settore idrico italiano è regolato e gli investimenti sembrano essere remunerati a sufficienza. Tuttavia occorre migliorare il trade-off tra la remunerazione degli investimenti e il sistema tariffario: per aumentare la convenienza, la normativa dovrebbe esplicitare agli operatori “come” investire, ossia quali materiali, quali tecnologie e quali tecniche utilizzare, in modo da avviare un circolo virtuoso che leghi maggiori investimenti a migliori remunerazioni».
Il Water Management Report descrive l’infrastruttura idrica italiana e quantifica i livelli di acqua prelevata, potabilizzata, immessa ed erogata nella rete idrica italiana, sottolineando i livelli di dispersione sia nella singola Regione che a livello nazionale. La conclusione è che «E’ evidente che ci sono enormi spazi per interventi di efficientamento. Nella rete civile il Report stima un potenziale risparmio idrico teorico di 2,7 miliardi di metri cubi all’anno a cui si associa quello energetico di oltre 2 TWh, traducibili, questi ultimi, in circa 370 milioni di euro non spesi. Interventi orientati al lungo periodo di risanamento e sostituzione delle tubature per ridurre il livello delle perdite permetterebbero di raggiungere un potenziale di risparmio idrico di circa 1,2 miliardi di metri cubi, che significa un potenziale “raggiungibile” di risparmio energetico associato di poco inferiore a 1 TWh (circa 160 milioni di euro), cioè il 50% in meno rispetto alla stima teorica. Perché tali obiettivi siano realizzati è tuttavia necessaria l’azione congiunta dei soggetti gestori, che devono promuovere i nuovi sistemi di incentivazione e provare a ragionare in un’ottica pluriennale con interventi di lungo periodo, e dei policymakers, che devono favorire gli investimenti e combattere gli allacciamenti abusivi».
Per quanto riguarda il settore industriale, nel 2015 ha consumato circa 6,9 miliardi di m3 di acqua: 5,5 miliardi nel manifatturiero e 1,4 miliardi nella produzione di energia. Come si è visto, il Report ha approfondito i 5 settori più intensivi, sia per il consumo di acqua che per il rapporto consumo di acqua su produzione venduta e per ognuno di questi settori è stato tudiato specificamente un sub-settore: la produzione del PET nel chimico, la siderurgia elettrica nel siderurgico, la produzione di ceramica nella lavorazione di minerali non metalliferi, la produzione di carta e cartone nel settore della carta e quella di lana nel tessile, mappando le tecniche per il risparmio di acqua utilizzate e valutando i risparmi idrico-energetici associati Per ogni sub-settore si è definita un’impresa “di riferimento” e per ciascuna delle tecniche implementabili si è svolta un’analisi delle opportunità di efficientamento idrico ed energetico, valutandone la convenienza economica e calcolando i tempi di ritorno dei possibili investimenti.
I ricercatori del Politecnico di Milano concludono: «In tutti i sub-settori studiati si possono ottenere notevoli risparmi, tuttavia è necessario che l’acqua abbia un certo costo diretto di approvvigionamento (da acque superficiali o sotterranee, o da rete idrica), perché questo influenza significativamente la decisione delle imprese di investire o no nelle tecniche analizzate: non a caso, ve ne sono molte quasi mai sfruttate per il costo troppo basso della “materia prima acqua”».