Depurazione, politiche gestionali, determinazione delle tariffe tra le priorità
Acqua, sul tavolo del sottosegretario D’Angelis il lungo elenco delle questioni irrisolte
Ma sulle proposte è necessario un confronto con il Forum dei Movimenti per l'Acqua
[31 Luglio 2013]
Il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti Erasmo D’Angelis ha preso molto seriamente le deleghe che gli sono state assegnate (trasporto pubblico locale, progetti di mobilità urbana, intermodalità e trasporto stradale e nel settore delle infrastrutture del ciclo dell’acqua, dalle dighe alla depurazione), comparti dove le cose da fare non mancano (alcune delle quali potrebbero far ripartire anche l’economia nella direzione della sostenibilità), e l’indecisione e trascuratezza da parte dei governi centrali ha regnato sovrana.
Per quanto riguarda il settore idrico il sottosegretario ieri ha incontrato regioni, autorità di ambito, aziende e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg). Obiettivo generale dell’incontro far ritornare l’acqua tra le priorità dell’agenda di Governo.
«Da subito bisogna intervenire con le opere immediatamente cantierabili: parliamo di 4,8 miliardi di investimenti già pronti» ha informato il sottosegretario, che poi ha annunciato l’avvio di un tavolo tecnico per affrontate le questioni più urgenti, a cui prenderanno parte tutti gli interessati: «L’obiettivo è superare il grave deficit infrastrutturale che riguarda un terzo del Paese, e soprattutto il Sud, per acquedotti e depurazione».
E proprio la depurazione rimane la questione più urgente dato che le multe Ue sono in arrivo, e si aggirano intorno ai 700 milioni di euro l’anno, oltre a una riduzione dei fondi europei per il settore, fino a che l’Italia non riuscirà a provare di aver intrapreso la strada per la messa a punto del sistema.
L’incontro, con l’apertura di un tavolo di discussione, è stato valutato positivamente dalle aziende riunite sotto la sigla di Federutility: «Speriamo che allo sforzo politico e alle buone intenzioni di governance, segua una maggiore fiducia sul settore idrico che ha bisogno di riavviare progetti per quasi 5 miliardi, fermi da anni, che potrebbero dar lavoro ad oltre 160 mila persone», ha commentato Adolfo Spaziani, coordinatore di Federutility.
«Siamo nella situazione assurda – ha aggiunto – in cui si preferisce pagare 714.240 euro al giorno per ogni Comune che ha ritardi sugli impianti di depurazione, piuttosto che costruirne. Con danni ambientali incalcolabili sulle future generazioni e con alcuni gioielli del turismo balneare nazionale che rischiano tutti i giorni di diventare la vergogna del Paese anche sulla stampa estera, come avvenne per la vicenda dei rifiuti».
Nell’occasione Federutility ha fatto presenti al governo le sue priorità: semplificazioni procedurali per le autorizzazioni; revisione del quadro normativo e di regolazione (competenze territoriali); incentivazione degli investimenti; premi e penalità per l’efficienza gestionale e gli standard di servizio; incentivazione all’efficienza energetica: protezione per le fasce a basso reddito (bonus idrico).
Per quanto riguarda il settore idropotabile sarebbero molte le cose da fare, ma concentrandosi solo su alcune priorità, indichiamo: definire un piano aggiornato di interventi partendo da quelli nel comparto della depurazione ma andando oltre la realizzazione dei depuratori (che pur sono necessari) e pensando anche a tutta la gestione delle acque cosiddette “parassite” che possono interessare il sistema fognario, che frequentemente sono “sfiorate” andando ad impattare sui corpi idrici superficiali; attivare il riuso delle acque reflue nei vari settori, superando anche le ambiguità normative. Infine, il fronte politico-gestionale non può essere trascurato, come invece sta avvenendo dopo quanto emerso dal referendum. E poi c’è l’annosa questione del reperimento delle risorse economiche.
A tal proposito l’Aeeg (che nella determinazione del metodo tariffario transitorio aveva scontentato tutti) ha rifatto i calcoli sui fabbisogni inerenti gli investimenti per il settore idrico (acquedotto, fognatura, depurazione). Per i prossimi 5 anni serviranno almeno 19,5 miliardi di euro ma se poi si aggiunge il recupero di investimenti programmati dalle autorità di ambito ma non realizzati dai gestori negli anni scorsi, il conto sale a 25,3 miliardi.
Per quanto riguarda gli strumenti di finanziamento e la copertura dei costi degli interventi, l’Aeeg pare abbandonare momentaneamente il principio europeo del «full cost recovery» (da anni sono in molti a sostenere che questa strada da sola non è praticabile) concentrandosi sul «sustainable cost recovery». Cioè i costi delle infrastrutture si possono coprire non solo con la tariffa, tasse e trasferimenti (il cosiddetto sistema delle “3T”) ma anche con strumenti finanziari innovativi e recupero dei costi ambientali.
Questa ci pare una novità che anche i promotori del referendum del 2011 dovrebbero apprezzare e che andrebbe indagata. Da dire però che gli strumenti finanziari innovativi per ora sono solo accennati. Si tratta degli hydrobond, che possono essere utilizzati su scala sia nazionale che locale e possono essere anche «etici», sottoscritti volontariamente da persone fisiche o giuridiche. Oppure possono essere dei fondi rotativi, prestiti a tasso agevolato destinati alla realizzazione, con una dotazione pubblica iniziale; dei “certificati blu” o certificati di efficienza idrica che sarebbero acquistati obbligatoriamente dai gestori tramite la realizzazione di interventi di efficienza idrica o tramite l’acquisto sul mercato dei certificati eccedenti il limite minimo detenuti da altri gestori.
Pensiamo che queste proposte possano essere confrontate anche con quelle fatte a suo tempo dai promotori del referendum, con in testa il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua, con una delegazione che dovrebbe far parte del tavolo istituito dal sottosegretario D’Angelis. Occorre confrontarsi e poi decidere. Alla svelta.