Frane e bombe d'acqua, Legambiente ripropone il “Patto per il territorio”
Alluvione dimenticata di Modena: stop alla cultura dell’emergenza
[23 Gennaio 2014]
Il maltempo ha di nuovo messo in ginocchio l’Italia e il Sistema di Protezione Civile non è riuscito ad impedire il disastro che sta interessando la nostra Provincia. Si tratta dell’ennesima tragedia annunciata, sulle cui responsabilità è già atteso il rimpallo tra gli innumerevoli (troppi) enti competenti, spesso privi di risorse economiche, è vero, ma privi anche di una regia tecnica in grado di pianificare e gestire gli interventi di difesa del suolo e di gestione delle acque.
Quello che però manca è soprattutto una regia politica alta. Quella regia che rende il Governo tanto consapevole della gravità della situazione e delle sue possibili conseguenze, da non avere dubbi sull’entità delle risorse che è necessario destinare a questo capitolo di spesa, e che rende gli enti locali e le sue rappresentanze politiche capaci di pretendere dai loro interlocutori al Governo attenzione e risorse corrispondenti alla sua importanza. Perché la prevenzione e la rimessa in sesto del territorio è condizione sine qua non per costruire il futuro del nostro Paese, a partire dalla scuola, dal lavoro e dalla cultura. Senza la certezza di sentirsi al sicuro nell’ambiente in cui vivono, i cittadini non hanno futuro. E per fare questo sono necessarie risorse economiche adeguate, e non briciole come la quota parte di 10 milioni di euro destinati al Centro Nord dalla legge di stabilità per la messa in sicurezza e le bonifiche nel periodo 2014.
Briciole, se si pensa che i fondi stanziati, a suon di Ordinanze della Protezione Civile a causa degli eventi meteorologici che hanno interessato tutta la Penisolada ottobre 2009 a febbraio 2011, si aggiravano attorno ai 575 milioni di euro e di questi, 10 milioni solo per la provincia di Modena.
Gli errori fatti in passato anche nel nostro territorio sono tanti e le associazioni ambientaliste da anni denunciano la scarsa manutenzione delle opere per lo smaltimento idraulico, politiche di espansione urbana e infrastrutturale ingiustificate, e piani estrattivi sovradimensionati. Sono queste le ragioni principali, e non certo la fauna selvatica, che hanno reso il nostro territorio non più in grado di ricevere precipitazioni così intense.
Così come è inaccettabile che le opportunità offerte dall’istituzione del Parco Regionale del fiume Secchia siano state del tutto ignorate, e nulla sia stato fatto per programmare azioni destinate alla protezione e alla messa in sicurezza di questo nostro straordinario fiume. Forse che i progetti infrastrutturali ad esso legati risultavano prioritari e più importanti?
Legambiente chiede che si prenda atto che ad avere priorità sono il territorio e il suo equilibrio. E visto che sono le attività umane ad incidere sulla qualità dell’ambiente, chiediamo che la politica locale faccia un salto di qualità e scelga da che parte stare. E che utilizzi tutte le leve istituzionali e politiche di cui può godere (e sono tante) per ottenere risorse adeguate alla realizzazione di un nuovo Patto per il territorio. Già nel gennaio 2010 Legambiente aveva lanciato questo appello, ma nulla è stato fatto. Non nel merito degli impegni, non nel merito della costruzione di una partecipazione diffusa tra istituzioni, categorie professionali e associazioni che quel Patto necessariamente richiamava.
Enti locali e istituzioni regionali e nazionali possono scegliere di uscire dall’emergenza. Che lo facciano allora, e al più presto.
Tra dicembre 2009 e gennaio 2010, le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Liguria furono interessate da eventi atmosferici intensi che causarono, frane, smottamenti e alluvioni. In Emilia Romagna, furono stimati danni per 25 milioni di euro, prevalentemente in Provincia di Modena.
Legambiente elaborò un documento nazionale per sollecitare i governi locali, regionali e nazionali ad investire risorse in politiche di prevenzione, quel Patto per il Territorio che oggi, alla luce dell’alluvione che ha colpito i nostri territori, purtroppo dobbiamo di nuovo riproporre.
Patto per il Territorio 2014. Per una concreta mitigazione del rischio Legambiente ha sintetizzato delle proposte di intervento prioritarie:
Delocalizzare i beni esposti a frane e alluvioni, se legali. Attuare interventi di delocalizzazione degli edifici, delle strutture e delle attività presenti nelle aree a rischio rappresenta una delle soluzioni apparentemente più difficili da percorrere, ma risolutive ed economicamente convenienti.
Ridurre drasticamente la cementificazione e la impermeabilizzazione del suolo, subordinando le eventuali nuove espansioni edilizie al censimento e all’utilizzo delle migliaia di alloggi sfitti e delle aree produttive inutilizzate attualmente esistenti.
Adeguare lo sviluppo territoriale alle mappe del rischio. Intervento necessario per evitare la costruzione nelle aree a rischio di strutture residenziali, produttive e impiantistiche e per garantire che le modalità di costruzione degli edifici tengano conto del livello e della tipologia di rischio presente sul territorio.
Evitare la realizzazione di grandi infrastrutture in aree delicate e soggette ad esondazione, come ad esempio la inutile e devastante bretella autostradale Campogalliano Sassuolo prevista in fregio al fiume Secchia o l’Autostrada Cispadana che, per la sua conformazione in rilevato, crea una barriera al naturale deflusso delle acque.
Ridare spazio alla natura. Restituire al territorio lo spazio necessario per i corsi d’acqua, le aree per permettere un’esondazione diffusa ma controllata, creare e rispettare le “fasce di pertinenza fluviale”, adottando come principale strumento di difesa il corretto uso del suolo.
Torrenti sorvegliati speciali. Rivolgere una particolare attenzione al denso reticolo di corsi d’acqua minori, dal momento che proprio in prossimità di torrenti si verificano gli eventi peggiori e sono stati compiuti gli scempi più gravi.
Avere cura del territorio. Attuare una manutenzione ordinaria diffusa del territorio che non sia sinonimo di artificializzazione e squilibrio delle dinamiche naturali dei versanti o dei corsi d’acqua. Una corretta manutenzione deve prevedere interventi mirati e localizzati dove realmente utili e rispettosi degli aspetti ambientali.
Investire nella difesa del suolo. Nonostante l’urgenza di una gestione accurata e sistematica, le risorse previste dalla legge di stabilità 2014 non sono sufficienti a garantire un drastico intervento sulla tutela del territorio e sulla difesa del suolo.
Convivere con il rischio. Applicare una politica attiva di “convivenza con il rischio” con sistemi di allerta, previsione delle piene e piani di protezione civile aggiornati, testati e conosciuti dalla popolazione.
Lotta agli illeciti ambientali. Rafforzare le attività di controllo e monitoraggio del territorio per contrastare illegalità come le captazioni abusive di acqua, l’estrazione illegale di inerti e l’abusivismo edilizio.
Verifica puntuale dei risarcimenti e degli aiuti previsti per i danni derivati da eventi di dissesto idro-geologico con garanzia che rispondano a condivisibili criteri di solidarietà e non salvaguardino invece in alcun modo irregolarità ed abusi che nell’occasione dovrebbero anzi emergere come tali ed essere conseguentemente perseguiti e rimossi imputandone i costi ai responsabili anziché alla collettività.
Istituzione di un osservatorio pubblico con lo scopo di individuare con chiarezza gli enti preposti alla programmazione e gestione, e di rendicontazione puntuale delle risorse investite e degli interventi programmati e realizzati.
Gestire le piogge in città. Bastano oggi eventi piovosi non straordinari per causare allagamenti e provocare danni rilevanti. Allagamenti che purtroppo causano a volte anche delle vittime. Per questo uno dei grandi problemi ambientali anche in città è la gestione delle acque di pioggia per le quali andrebbero ripristinate o create reti scolanti dedicate, presupposto peraltro indispensabile anche per qualunque risanamento in termini qualitativi. E’ necessario inoltre rendere obbligatorie per tutti i nuovi edifici le cisterne interrate per la raccolta delle acque piovane, prevedendo inoltre incentivi per gli edifici esistenti. Questo sia per limitare gli effetti delle precipitazioni concentrate sulla rete fognaria, sia per garantire il riutilizzo delle acque per la irrigazione dei giardini e/o per gli scarichi WC.
Pianificare su area vasta i prelievi idrici irrigui e per la produzione di energia idroelettrica, al fine di consentire lo sviluppo di questa fonte pulita e rinnovabile di energia garantendone però la compatibilità con il sistema idrogeologico e naturalistico.
Cultura del risparmio delle acque sotterranee: occorre limitare il consumo di acque sotterranee. La subsidenza a Modena è stata recentemente quantificata in circa 1 cm/anno. Lo sprofondamento della città produce forti inefficienze nella rete scolante, cioè gravi alluvioni.
di Legambiente – Circolo di Modena “Angelo Vassallo”