Anbi, 3,5 mln di italiani nella morsa della siccità: «L’acqua del rubinetto non è più scontata»

«Se vogliamo limitare le pesanti conseguenze che la situazione climatica sta disegnando, dobbiamo attrezzarci subito»

[23 Febbraio 2023]

L’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, realizzato a cura dell’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica italiani, registra settimanalmente il peggiorare della siccità lungo lo Stivale.

Dopo il nord del Paese, l’assenza di pioggia a febbraio torna a fare intravvedere lo spettro della siccità anche lungo le zone tirreniche dell’Italia centrale. Ormai secondo il Cnr una percentuale fra il 6% ed il 15% della popolazione italiana vive ormai in territori esposti ad una siccità severa od estrema.

«Dati alla mano è lecito ritenere che, per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l’acqua dal rubinetto non può più essere data per scontata. È la dimostrazione del clamoroso errore, che fa chi ritiene la siccità un problema prettamente agricolo, pur essendo il settore primario e la sovranità alimentare, i primi ad esserne minacciati», commenta Francesco Vincenzi, presidente Anbi.

Le temperature miti del mese in corso fanno sì che il già scarso manto nevoso nelle regioni alpine si assottigli ulteriormente. In Lombardia, ad esempio, il manto nevoso – pur superiore a quello dello scorso anno – si attesta attorno al 59% della media storica e sono più che dimezzate le riserve idriche (-52,7% sulla media del periodo). Anche in Piemonte calano quasi tutti i fiumi, aumentando il gap con i livelli di portata degli anni passati (Sesia -74%, Stura di Demonte -52%, Stura di Lanzo -34%, Toce -46%).

Drammatica la condizione del fiume Po che, lungo tutta l’asta, registra portate al di sotto del minimo storico ed ovviamente inferiori al 2022 (a Piacenza, -23,53%): nelle sezioni più a monte lo scarto con la media è di  -73% (a Torino, la portata è di mc/s 15,7, quando normalmente in questo periodo è mc/s  60,2), a Pontelagoscuro si è ormai vicini al limite minimo di portata per contrastare l’avanzamento del cuneo salino.

Rimane stazionaria anche la situazione dei grandi invasi settentrionali, dove il lago di Garda è testimone di una crisi idrica, che si aggrava di anno in anno: il livello del bacino resta al di sotto dei 45 centimetri, cioè oltre mezzo metro più basso della norma. Basti osservare che lo scorso anno questo livello fu toccato nella seconda decade di luglio; nell’annus horribilis 2017 a fine agosto, mentre nel 2012, anch’esso siccitoso, non fu mai raggiunto.

Segnali di sofferenza idrica si palesano ormai anche in centro Italia, dove costante è la decrescita di livello del fiume Tevere, dall’Umbria fino alla foce; la portata dell’Aniene è meno della metà della media storica; in calo anche i fiumi Sacco e Liri.

«Settimana dopo settimana si aggrava la situazione idrica in un Paese, penalizzato dall’assenza di infrastrutture capaci di contrastare le conseguenze della crisi climatica – argomenta Massimo Gargano, dg Anbi – Accade così che al sud si sia costretti a rilasciare in mare quantitativi d’acqua, esuberanti le capacità degli invasi e che al nord si capitalizzi solo una piccola parte del già iniziato scioglimento delle nevi. Questo, non solo di fronte alle immagini di autobotti già in azione nel Piemonte, ma ad allarmanti segnali provenienti da altre zone d’Europa. Se vogliamo limitare le pesanti conseguenze, che la situazione climatica sta disegnando per l’Italia dobbiamo attrezzarci subito a gestire al meglio una situazione d’emergenza, coordinando le inevitabili scelte nel rispetto delle priorità di legge; poi, assieme alla costante ricerca ed all’applicazione di soluzioni per l’ottimizzazione d’uso delle risorse idriche, è necessario dare il via ad interventi per aumentare le riserve d’acqua: dall’efficientamento delle opere esistenti alla realizzazione di nuovi bacini multifunzionali, come previsto dal Piano laghetti, proposto da Anbi e Coldiretti».