Bomba d’acqua sull’Emilia-Romagna, mentre in Italia resta vivo lo spettro della siccità
Lungo lo Stivale piove ormai il 18% in meno rispetto al 1970, mentre crescono gli eventi meteo estremi
[3 Maggio 2023]
Mentre scriviamo la pioggia ha smesso di infierire, ma i danni lasciati in Emilia-Romagna – una regione sinora afflitta dalla siccità – sono elevati, tant’è che il presidente Stefano Bonaccini ha comunicato di aver «già avviato la procedura per la richiesta al Governo dello stato di emergenza nazionale».
Dopo più di 48 ore di maltempo, e l’allerta rossa diramata ieri per i principali affluenti del fiume Reno nelle province di Bologna, Ferrara e Ravenna, si contano due vittime e centinaia di sfollati, di cui oltre 400 solo nel ravennate.
«La pioggia in molte località ha superato i massimi storici mai registrati, causando piene e frane», spiega Bonaccini.
Nel bolognese, ad esempio, nella sezione di Le Taverne a Fontanelice – nel bacino del Santerno – si sono registrati 209 millimetri di pioggia in 24 ore; San Ruffilo 129 millimetri di pioggia, con tempo di ritorno 284 anni; a Madonna dei Fornelli 132 millimetri, con tempo di ritorno di 107 anni.
Nel ravennate, a Casola Valsenio si sono registrati 174,8 millimetri; a Monte Albano 185 millimetri. A Monte Romano, nel bacino del Lamone, 135 millimetri con tempo di ritorno di 47 anni. Nella sezione di Trebbio, 193 millimetri di pioggia.
Anche il capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio si sta recando nelle zone colpite dell’Emilia-Romagna, per incontrare le autorità locali e fare il punto sulle attività di protezione civile in corso. Anche perché ad ora permane l’allerta rossa fino alla mezzanotte di domani nelle aree centro orientali della regione, in particolare nel bolognese e in Romagna, a causa degli estesi allagamenti presenti e delle criticità idrauliche e idrogeologiche.
Adesso è di nuovo il momento di lenire l’emergenza, ma una volta passata la tempesta tornerà l’ormai strutturale necessità di fare i conti con la crisi climatica in corso.
Da tempo la comunità scientifica è infatti concorde nel documentare come, insieme al riscaldamento globale, sia in corso un aumento nella frequenza e nell’intensità degli eventi meteo estremi – dalla siccità alle bombe d’acqua –, che solo nello scorso anno sono aumentati in Italia del 55%.
E, con l’estate che si avvicina, anche il rischio della siccità resta più che concreto. Come documentano dall’Anbi, l’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica a livello nazionale, in Italia è sempre minore la quota d’acqua disponibile: nel periodo 1991-2020 la media della pioggia annualmente caduta sull’Italia sfiora i 245 miliardi di metri cubi, cioè circa il 18% in meno della soglia indicata nel 1970.
E anche la distribuzione della pioggia a livello geografico sta cambiando molto. Fino a 3 anni fa la classifica delle regioni più piovose vedeva in testa il Friuli Venezia Giulia, seguito da Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria (tutte aree oggi colpite dalla siccità); a seguire venivano Umbria, Abruzzo, Marche, Emilia Romagna e poi via via le altre con la Sardegna come fanalino di coda.
«È incredibile come siano bastati solo 1000 giorni a cambiare radicalmente la condizione idrica dell’Italia, dove oggi sono proprio i territori del nord a soffrire maggiormente – commenta Francesco Vincenzi, presidente Anbi – Illuminante è l’esempio della Sardegna che, da regione più assetata del Paese, ha saputo adattarsi, dotandosi di importanti invasi e di schemi idrici per spostare l’acqua fra territori».