Carrara: «Piano strutturale prevede la costruzione in zone a rischio dopo “messa in sicurezza”»
Dopo l’alluvione cambiare prospettiva. Legambiente: «Fare i conti coi mutamenti climatici»
[7 Novembre 2014]
Legambiente Carrara è stata certamente tra coloro che non hanno mai smesso di lanciare l’allarme sul dissesto idrogeologico di un territorio sfruttato e di denunciare l’inefficacia e la pericolosità di opere che si sono sbriciolate con l’ultimo ed ennesimo alluvione. Ora gli ambientalisti dicono: «Ancora una volta noi di Carrara subiamo, angosciati e impotenti, la devastazione del nostro territorio colpito da un terribile nubifragio che, tuttavia, non può più essere considerato un evento eccezionale. Il mutamento climatico in atto, sulla via di diventare irreversibile se non si interverrà per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, è infatti una realtà con la quale dobbiamo fare i conti e con la quale dovremo imparare a convivere».
Su una cosa Legambiente è d’accordo con il Presidente della Regione Enrico Rossi: «Certamente, nel caso specifico del crollo dell’argine del Carrione ad Avenza, ricostruito da pochi anni dopo l’alluvione del 2003, si dovranno accertare le eventuali responsabilità, anche penali, di chi ha diretto, eseguito e controllato i lavori. Su questo aspetto la giustizia farà certamente il suo corso», ma per il Cigno Verde di Carrara «Per affrontare il problema in maniera risolutiva è però indispensabile un radicale cambio di prospettiva. Certamente la messa in sicurezza del reticolo idrografico e del territorio, la corretta gestione delle aree montane e boschive, la stombatura e la manutenzione dei fossi e dei canali, la creazione di casse di espansione ecc sono azioni fondamentali e indifferibili per garantire, per quanto possibile, la protezione dalle esondazioni e salvaguardare la vita e i beni dei cittadini. Detto questo, l’aver “messo in sicurezza” il territorio non deve diventare il lascia-passare per nuove edificazioni».
E’ un problemna che Legambiente, insieme ad altre associazioni, sta sollevando un po’ in utta la Toscana, dalla Lunigiana all’Isola d’Elba, dalla Maremma al Bacino dell’Arno, ma «Su questo punto, purtroppo, gli amministratori, quelli di Carrara come del resto la maggior parte dei loro colleghi in tutta Italia, la pensano in maniera del tutto opposta e, programmando nuove edificazioni nelle aree “messe in sicurezza”, pianificano, anche senza averne l’intenzione, l’incremento dei danni alluvionali futuri», dicono gli ambientalisti.
Tornando a Carrara, l’associazione fa qualche esempio: «Basta osservare la carta della Pericolosità idraulica del territorio (Varian-te 2009 al Piano Strutturale) per rendersi conto che gran parte della piana di Marina è a rischio idraulico elevato o molto elevato. Queste punte di rischio coincidono proprio con Villa Ceci, l’area retrostante il Porto, l’area di Battilana ecc. Ebbene, proprio in queste aree, certamente dopo “averle messe in sicurezza dal rischio idraulico” il Comune prevede un pesantissimo carico edificatorio. A Villa Ceci dovranno trovar posto residenze per oltre 1400 abitanti, oltre a gran parte delle infrastrutture direzionali, ricettive, commerciali, turistiche ecc. (anche lungo l’asta del Carrione) a servizio del futuro porto turistico. A Battilana, invece, sempre “dopo la messa in sicurezza”, sorgeranno capannoni artigianali al posto degli attuali campi. Lo stesso potrà avvenire a valle dell’Aurelia, nella zona di Anderlino, adesso prevalentemente agricola. Questo nuovo, spropositato e inutile (c’è pieno di case sfitte o invendute) carico urbanistico andrà certamente ad aggravare la già fragile situazione idrogeologica del nostro territorio mentre diventeranno sempre più onerosi i danni delle future alluvioni. Ad esempio se, come prevede il Piano Strutturale, l’area di Villa Ceci passerà dai 100 abitanti attuali a 1400, in caso di inondazione i danni aumenteranno di 14 volte. Anche se la messa in sicurezza con un argine riducesse di 2 volte la frequenza di inondazione, il rischio idraulico aumenterebbe comunque di 7 volte».
Allora cosa fare di fronte ad una classe politica e tecnco/imprenditoriale che sembra voler ripetere sempre gli stessi errori? Secondo Legambiente Carrara (e nazionale) bisogna: «Investire nell’unica “grande opera” realmente necessaria cioè la messa in sicurezza del territorio; attività che, peraltro, creerebbe anche nuova, buona, occupazione. Impedire di edificare nelle aree inondabili anche dopo la loro messa in sicurezza. Quando è possibile, delocalizzare quelle strutture che sarebbe troppo complicato o diseconomico difendere, restituendo spazio ai corsi d’acqua».
A Carrara occorre: «Ultimare la messa in sicurezza del nostro reticolo idrografico e monitorare accurata-mente tutte le opere già realizzate. Abbandonare l’idea di cementificare ulteriormente il territorio con progetti insensati, investendo invece sul recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente».