Il disastro del fiume Sarno, si salvano soltanto le sorgenti
[2 Luglio 2014]
Oggi Legambiente ha presentato il dossier della Goletta del Fiume Sarno con analisi, numeri e osservazioni e ne viene fuori che «Su 16 punti campionati lungo gli oltre 24 chilometri del fiume Sarno soltanto i 3 prelievi effettuati alle sorgenti meritano un giudizio di “buono” o “sufficiente” mentre per tutti gli altri – man mano che ci si avvicina alla foce – il giudizio è di “scarso” e “cattivo”».
I risultati del monitoraggio chimico-fisico di Goletta del Sarno confermano «Il grave grado di sofferenza del Bacino, dovuto ancora alla presumibile presenza di scarichi di reflui urbani e industriali per nulla o non opportunamente depurati che confluiscono direttamente nelle acque del fiume. Una situazione sostanzialmente ancora molto critica – soprattutto se si pensa che oramai è vicina la data in cui è stato fissato l’obiettivo di raggiungere uno stato di qualità dei corsi d’acqua “buono” dalla direttiva quadro sulle acque della UE (2015) – che parte dalle sorgenti, aree già sottoposte a notevoli pressioni e per alcuni parametri in sofferenza, e si dipana lungo l’intero tratto del fiume». Legambiente torna a chiedere alla Regione Campania e agli enti preposti di «Avviare tutte le azioni per completare al più presto l’indispensabile rete di infrastrutture depurative e avviare controlli sempre più serrati contro chi continua a scaricare abusivamente».
La Goletta del Sarno, una campagna di monitoraggio del fiume Sarno promossa da Legambiente Campania e realizzata da “Leonia” circolo Legambiente del territorio del Sarno in collaborazione con i circoli di Legambiente di Solofra e Castellammare, con il supporto scientifico e logistico di Cirf Campania e Amici del Sarno e con il supporto tecnico della azienda Hach Lange, ha presentato il dossier a Castellammare di Stabia in occasione della prima tappa campana della Goletta Verde, e gli organizzatori sottolineano che «E’ importante ricordare e ricordarci che il fiume non nasce inquinato, ma subisce le aggressioni delle carenze del sistema fognario-depurativo che non copre tutti gli insediamenti abitativi, dell’agricoltura che usa fertilizzanti chimici e fitofarmaci, dell’industria che non tratta adeguatamente i propri scarichi idrici».
Secondo Luca Pucci, del direttivo di Legambiente Campania, «Il disinquinamento del Fiume Sarno e il suo bacino idrografico è una vertenza storica di Legambiente iniziata circa 30 anni fa, quando i livelli di inquinamento delle acque arrivavano ad altissimi livelli, tanto da indurre nel 1992 a dichiarare il bacino del Sarno “area ad elevato rischio di crisi ambientale”. Si tratta però anche di un territorio sottoposto al più dissennato consumo di suolo e ad una espansione insediativa estremamente disordinata e afflitta da abusivismo edilizio, su cui grava una diffusa vulnerabilità al dissesto idrogeologico. Di contro c’è un territorio di straordinario valore paesaggistico e ambientale, storico e culturale, pervaso da aree archeologiche di rilevanza mondiale, localizzazione di produzioni orticole a denominazione protetta. Ed è da qui che bisogna ripartire. Con Goletta del Fiume Sarno continuiamo nell’intento specifico di tenere alta l’attenzione sul completamento delle infrastrutture depurative e sul controllo del territorio per impedire lo sversamento illecito di scarichi non depurati, ma anche quello di coinvolgere cittadini, sensibilizzando e motivando per una maggiore partecipazione e senso civico, in una esperienza di ricerca e conoscenza del fiume Sarno».
Per il monitoraggio, tra gli indicatori di qualità degli ambienti fluviali sono stati in particolare considerati il Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico (LIMeco) e l’Indice di Funzionalità Fluviale (IFF). Il LIMeco è stato calcolato sulla base dei parametri “ossigeno disciolto – percentuale di saturazione”, “azoto ammoniacale N-NH4”, “azoto nitrico N-NO3” e “fosforo totale” rilevati in 16 stazioni distribuite lungo il Sarno e i suoi affluenti, il Cavaiola, il Solofrana e l’Alveo Comune. Sono stati monitorati anche cromo, rame e zinco. Per l’IFF, invece, è stata utilizzata una versione della metodica, opportunamente semplificata allo scopo, rilevando sempre in chiave comparativa la funzionalità fluviale presso i 16 punti di campionamento.
Riguardo all’asta principale del Sarno, già con i campionamenti svolti in prossimità delle sue 3 principali sorgenti, Santa Maria a Foce, Mercato Palazzo e Santa Marina, si è rilevata per lo più una situazione non ottimale, con classi di qualità del LIMeco rispettivamente “Buono”, “Sufficiente” e “Sufficiente”. E’ quindi da presumere già incombano su 2 di questi tratti scarichi non depurati che ne pregiudicano la qualità.
Procedendo verso valle il punto di campionamento di Striano ha rilevato un ulteriore peggioramento con una classe di qualità del LIMeco passata a “ Scarso”. Nei successivi punti posti a valle della confluenza dell’Alveo Comune la situazione è risultata ulteriormente peggiorata con una classe di qualità del LIMeco “Cattivo” per tutti e 4 gli altri punti di campionamento rispettivamente posti a Scafati (San Pietro), Scafati (Traversa), Pompei e Castellammare di Stabia.
Passando ai tributari, per il torrente Solofrana nei 4 punti considerati posti a Montoro, Mercato S. Severino, Roccapiemonte e Nocera Inferiore si è rilevata una classe di qualità del LIMeco attestata su “Scarso”. Infine, per il Cavaiola il punto a Nocera Superiore ha riportato la classe di qualità del LIMeco “Cattivo” così come i punti sull’Alveo Comune posti a Montoro e a Mercato San Severino entrambi con classe di qualità del LIMeco “Cattivo”. Una stessa relazione dell’ARPAC sul monitoraggio delle acque superficiali del Fiume Sarno, presentata lo scorso maggio alla XII Commissione del Senato, conferma il profondo grado di sofferenza del fiume e il persistere di inquinamento da Cromo, che è stato rilevato anche dal monitoraggio di Goletta del Sarno.
Riguardo alla valutazione della funzionalità fluviale, è stata rilevata adattando e semplificando l’Indice di Funzionalità Fluviale o IFF, uno strumento in grado di consentire una valutazione dello stato di salute degli ambienti fluviali, partendo dall’assunzione che “il fiume” non è semplicemente una massa d’acqua in movimento, quanto piuttosto un “sistema ecologico fluviale”, che comprende anche le rive e le fasce ai lati. Anche in tal caso, gli esiti della valutazione hanno evidenziato una situazione decisamente critica, connessa alla presenza di profonde modificazioni della morfologia e delle componenti biologiche degli ambiti fluviali considerati. Per i 16 punti si è stabilito un giudizio di funzionalità attestatosi tra “scadente” e “pessimo”.
Nel corso dell’incontro di questa mattina l’Università Parthenope di Napoli ha, inoltre, i possibili e necessari sviluppi nell’applicazione della tecnologia dei droni per il monitoraggio ambientale e l’esperienza di applicazione di queste tecnologie in Campania.
Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania, conclude: «L’obiettivo di Goletta del Sarno è costruire un modo concreto di vivere il Fiume Sarno e di stimolare una discussione costruttiva per realizzare con serietà politiche integrate per investire sul Fiume Sarno attraverso la riqualificazione, interventi di rinaturalizzazione, di prevenzione e mitigazione del rischio e insieme di tutela degli ecosistemi. Il nostro auspicio è che vengano istituiti strumenti di condivisione e luoghi reali fin dalle prime fasi della pianificazione e non formali richieste di osservazioni su piani e progetti già chiusi e redatti così come è avvenuto con il Grande Progetto del Sarno, ora in attesa di giudizio nel merito da parte del Consiglio di Stato dopo una serie di ricorsi da parte di amministrazioni comunali. Legambiente Campania ha già espresso motivate osservazioni al progetto in sede di Valutazione di Impatto Ambientale, evidenziando che nella concreta previsione degli interventi si rilevano significative incoerenze con i principi ispiratori dichiarati dal soggetto proponente, l’Arcadis, riguardo alla riqualificazione idraulica ed ambientale, nonché si sono poste le condizioni per ingenerare una falsa percezione di sicurezza in termini di mitigazione del rischio di esondazione».