Dissesto idrogeologico, anche quando i soldi per ridurre il rischio ci sono non vengono spesi

Corte dei conti: solo il 19,9% del totale complessivo (100 mln di euro) in dotazione al Fondo è stato erogato

[7 Novembre 2019]

Secondo gli ultimi dati Ispra il 91% dei Comuni italiani è a rischio idrogeologico, e il 16,6% del territorio è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Numeri che pongono il Paese di fronte a una continua emergenza, in crescita di fronte all’avanzare dei cambiamenti climatici e del consumo di suolo, come dimostrano le crisi che anche in questi giorni hanno interessato aree dalla Liguria alla Campania. Per mettere in ragionevole sicurezza il Paese occorrono investimenti stimati in circa 40 miliardi di euro, ma il problema non è solo quello di trovare i soldi; anche quando le risorse ci sono non vengono spese, come testimonia la relazione sul Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018), elaborata dalla Corte dei conti.

Finanziato con delibera Cipe n. 32/2015 per 100 milioni di euro, ancora oggi il Fondo risulta in gran parte inutilizzato: «Le risorse effettivamente erogate alle Regioni a partire dal 2017, rappresentano, negli anni oggetto dell’indagine, solo il 19,9% del totale complessivo (100 mln di euro) in dotazione al Fondo» a causa dell’inadeguatezza delle procedure, della debolezza delle strutture attuative degli interventi, dell’assenza di controlli e monitoraggi.

«Per rimediare agli errori del passato abbiamo avviato un cambiamento di governance che ha portato le competenze in materia in capo al ministero dell’Ambiente – commenta il ministro Costa – che si sta già occupando di curare e organizzare gli investimenti per interventi di messa in sicurezza del territorio. Grazie a questa riorganizzazione i tempi di assegnazione delle risorse dal ministero ai commissari attuatori degli interventi anti dissesto sono passati da quasi 2 anni a tre mesi».

Per capire se questo cambio governance è stato effettivamente utile, più pragmaticamente, servirà del tempo. La struttura di missione “Italia sicura” è stata soppressa, ma con quali guadagni? Per la Corte dei conti le nuove misure previste dai Dpcm del febbraio 2019 che riconducono al ministero tutte le competenze in materia di dissesto «attendono puntuale applicazione» e la nuova configurazione della governance «ripercorre, anzi potenziandolo, un assetto fatto di una molteplicità di strutture tecnico-politiche, a livello nazionale e a livello locale». La Corte si riserva dunque di valutare a tempo debito il cambio di rotta.

Nel frattempo il ministro Costa ha  ricordato che quando è stato approntato il Piano nazionale Proteggi Italia, il governo ha stanziato 11 miliardi di euro per il triennio 2019-2021 per la messa in sicurezza del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico, con i primi 3 miliardi di euro disponibili nell’ambito del Piano stralcio 2019 per opere immediatamente cantierabili. Costa ha dunque fatto appello «affinché il disegno di legge Cantiere ambiente, incardinato al Senato, possa avere un iter celere. L’Italia ne ha un forte bisogno. Ora la grande sfida è fare in modo che gli interventi non siano più emergenziali, rincorrendo allarmi e purtroppo spesso tragedie, ma preventivi. E proprio su questo stiamo lavorando con le regioni». Di certo ci sarà da mettere in campo anche risorse aggiuntive, a patto di saperle poi spendere: sappiamo che sarebbero necessari 40 miliardi di euro – secondo le stime aggiornate dal ministero dell’Ambiente nel 2013 – per mettere in ragionevole sicurezza l’Italia sotto il profilo del dissesto idrogeologico.