Emergenza dissesto idrogeologico: la Legge di Stabilità fa rima con priorità (sbagliate)
«Il Piano d’azione c'è già, è pronto da 43 anni; peccato manchino ancora le risorse per finanziarlo»
[30 Ottobre 2013]
Mentre molte Regioni si leccano le ferite lasciate dal dissesto idrogeologico, stanno facendo i conti dei danni dopo l’ennesima ondata di maltempo che ha causato alluvioni e frane, in Parlamento si discute della Legge di Stabilità, che fa rima con priorità. Che purtroppo ancora una volta sono ordinate in modo sbagliato.
«Aspettiamo di vedere un programma serio e coraggioso di investimenti, non solo economici, che cominci dalle scuole – ha affermato Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi, intervenendo sulla legge di stabilità per quanto riguarda i fondi destinati alla messa in sicurezza del territorio. «Aspettiamo di vedere attuata la proposta tecnico-economica di rifinanziamento del Progetto IFFI per lo studio ed il censimento delle frane approvata dalla Conferenza Stato-Regioni già nell’ottobre 2012. Sarebbe strategico assegnare una quota delle risorse per la difesa del suolo all’aggiornamento e integrazione del quadro conoscitivo nazionale, ma purtroppo nulla di tutto questo si trova nella Legge di stabilità».
«Eppure quest’anno faceva ben sperare- ha aggiunto Nicola Casagli docente di Geologia Applicata presso l’Università di Firenze- Ma poi, quando si arriva al dunque, tutti i buoni propositi vengono dimenticati di nuovo. La legge di stabilità, in questi giorni in discussione, prevede uno stanziamento per la difesa del suolo di 30 milioni di euro pari a un centesimo del fabbisogno annuo. Si tratta di poco più di un milione di euro per Regione: una “mancia” che, presumibilmente, verrà impiegata per interventi sporadici, scoordinati e sostanzialmente inutili perché, lo abbiamo imparato, il territorio si mette in sicurezza con la pianificazione di bacino e non con gli interventi “spot” che hanno l’unico effetto di scaricare il rischio da una zona a un’altra».
Le lacrime (di coccodrillo) che vengono versate dopo gli eventi calamitosi sono accompagnate da dichiarazioni sulla necessità di un cambio di paradigma, sull’imminenza di interventi per la prevenzione del dissesto idrogeologico sostenuti da finanziamenti adeguati, ma poi, prima ancora che l’acqua torni negli alvei fluviali, tutto sfuma e si scelgono altre priorità.
«Ancora una volta quindi le risorse investite in prevenzione sono drammaticamente insufficienti- ha continuato caciagli- La loro esiguità spicca ancora di più se teniamo conto che la stessa legge di stabilità prevede stanziamenti di 7 miliardi di euro per il riarmo, mediante l’acquisto di nuove navi da guerra, nonché il rifinanziamento delle missioni militari all’estero. Essi si sommano poi ai 13 miliardi già stanziati per i cacciabombardieri. Un sesto delle spese del riarmo sarebbe sufficiente a mettere in sicurezza il nostro territorio».
Si parla di Piani per limitare il rischio idrogeologico ancora mancanti e di “blocchi” di risorse per realizzare gli interventi a causa del Patto di stabilità, eppure queste lacune potrebbe essere colmate. «Il ministro dell’Ambiente nel gennaio 2013 – ha proseguito Casagli – ha chiesto con forza un Piano straordinario per il rischio idrogeologico, stimando un fabbisogno di circa 40 miliardi di euro in 15 anni per rimettere in ragionevole sicurezza l’Italia. Si tratta di meno di 3 miliardi di euro all’anno per un periodo limitato di tempo, da investire in modo preventivo per evitare danni e costi enormemente superiori. Curiosamente si tratta della stessa stima che era stata fatta già nel 1970 alla conclusione dei lavori della Commissione De Marchi, istituita all’indomani dell’alluvione di Firenze per la predisposizione di un Piano di protezione idrogeologica di tutto il Paese. Il Piano quindi c’è già, è pronto da 43 anni; peccato che in tutto questo tempo non siano mai state reperite risorse per finanziarlo in maniera adeguata».
Sul Patto di Stabilità il docente dell’Università di Firenze informa: «In Parlamento è ferma da tempo un’utile proposta di legge per scorporare dal Patto di stabilità gli investimenti per la difesa del territorio, basata sul presupposto che 1 euro speso in prevenzione determina un risparmio di 10 euro in riparazione dei danni. Non ci vorrebbe molto a capire questo semplice concetto e a superare le diffidenze dei burocrati contabili di Roma e Bruxelles», ha concluso Caciagli.