Ecco le norme che si sono seguite negli anni ma sono rimaste lettera morta
Dissesto idrogeologico, l’Italia affoga (anche) sotto una marea di leggi inadeguate
Le catastrofi non attendono le lentezze burocratiche e i fondi inutilizzati
[18 Febbraio 2014]
Frane e alluvioni in Italia continuano ad aumentare: da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 si è gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e ai 110 solo nei primi 20 giorni del 2014. Le recentissime, drammatiche, alluvioni hanno riportato alla cronaca l’annosa questione del dissesto idrogeologico, una delle piaghe incurabili del nostro Paese, infatti, è proprio il maltempo ad essere al centro delle cronache delle ultime settimane, con eventi catastrofici su tutto il territorio nazionale, che stanno mettendo a repentaglio non solo la già fragile struttura del territorio, ma moltissime vite umane.
I dati sono allarmanti, secondo il nuovo rapporto Ance-Cresme sul dissesto idrogeologico, tra il 2002 e il 2014 si contano 293 morti, 24 solo l’anno scorso. Dal 2002 a oggi si sono verificati quasi due mila episodi di dissesto e il 2013 ha fatto registrare un triste primato con 351 eventi tra frane e alluvioni. Registrando un aumento del 82% dei comuni è esposto a rischio idrogeologico e sono oltre 5 milioni e 700 mila i cittadini che vivono in un’area di potenziale pericolo. Il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni dal 1994 a oggi è di 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi l’anno. Le catastrofi idrogeologiche, sebbene incrementate fortemente negli ultimi decenni, rappresentano un problema secolare, basti pensare che in poco più di 100 anni ci sono stati 12.600, tra morti, dispersi o feriti e più di 700mila sfollati.
Il Governo ne discute ormai da anni, senza però aver intrapreso delle politiche efficaci che mostrino dei risultati tangibili. Infatti già nel 1952, a fronte di catastrofi idrogeologiche, il Governo con la legge 19 marzo 1952, n. 184 prevedeva un piano orientativo ai fini di una sistematica regolarizzazione delle acque e con le leggi 31 gennaio 1953 n. 68 e 9 agosto 1954 n. 638 autorizzava la spesa per l’esecuzione di opere di sistemazione dei fiumi e dei torrenti. Particolari disposizioni erano state emanate per la sistemazione dell’Adige-Garda e per la sistemazione generale del Tartaro, Canalbianco-Po di Levante (legge 27 ottobre 1951 n. 1353), per la sistemazione del “Cavo napoleonico” a scolmatore delle piene del fiume Reno (legge 16 giugno 1951 n. 557) e per il ripristino di argini golenali danneggiati o distrutti in conseguenza delle piene del 1951 del Po e dei suoi affluenti (legge 1° dicembre 1952 n. 2465).
Nel corso degli anni si è assistiti ad un proliferare di leggi in materia, sino al concepimento della legge 183/89 che persegue la finalità della difesa del suolo, rappresentando il primo tentativo di un approccio integrato tra suolo, acqua e pianificazione. Di seguito sono riportati i pilastri normativi sull’argomento:
-Legge 183/89 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo.
-Legge 267/98 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania”.
-Legge 365/00 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonché a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000”.
-Decreto Legislativo 152/06 Norme in materia ambientale.
-Decreto Legislativo 49/10 “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni”.
Alla normativa ordinaria si affianca una abbondante produzione di provvedimenti eccezionali, soprattutto ordinanze di protezione civile, che eccedono la loro funzione di provvisorietà, producendo effetti prolungati, e creando anomale situazioni di normalizzazione dello stato di emergenza conseguente ad un disastro. Inoltre, le norme del settore non sono omogenee tra loro e manca un raccordo con le norme dei settori connessi. Il territorio e i fiumi italiani hanno dunque, oggi più che mai, bisogno di una concreta ed efficace politica di tutela ambientale, di prevenzione e mitigazione del rischio.
A tal fine è stato posto all’attenzione della Commissione permanente Territorio, ambiente, beni ambientali, un Ddl, (n° 2644 del 2011 fermo in Parlamento dal giugno 2012), dal titolo “Misure urgenti in materia di gestione e prevenzione del rischio idrogeologico”, al fine di intervenire sul disordine normativo, sull’esigenza di individuare con certezza, i soggetti istituzionali titolari delle diverse competenze e delle responsabilità in materia di difesa del suolo e di protezione civile, anche in considerazione del fatto che l’inadeguatezza e la frammentarietà del quadro oggi vigente dal punto di vista legislativo e amministrativo è stato causato dall’adozione di atti normativi d’urgenza, adottati in coincidenza al verificarsi dei singoli eventi calamitosi.
Oltre ad un adeguato riordinamento normativo è necessario che tali norme vengano tempestivamente applicate, e ciò risulta possibile solo se vengono adeguatamente supportate da strumenti finanziari. Purtroppo la maggior parte degli stanziamenti resta inutilizzata, infatti, solo il 4% degli interventi anti-dissesto finanziati con fondi speciali negli ultimi quattro anni è stato portato a termine, mentre il 78% delle opere è in fase di progettazione o affidamento: dunque ancora molto lontano dal cantiere. In tale contesto, va ricordato che oltre alle norme, vi è disomogeneità anche nell’attribuzione dei ruoli, infatti vi è una sovrapposizione di compiti tra i vari enti istituzionali, che favorisce l’immobilismo e disperde le risorse.
La nostra organizzazione ha più volte denunciato i ritardi e le mancanze nell’azione legislativa da parte degli organi deputati, e rilancia, ancora una volta, l’appello verso una politica che sia in grado di guardare al futuro ed in linea con l’Europa, il cui scopo prioritario sia la salvaguardia dell’Ambiente, la Salute dei cittadini e la creazione di nuova occupazione, favorendo un’economia verde incentrata sulla prevenzione e la manutenzione e non sull’emergenza. E’ dunque giunto il momento di agire, anche perché, come ci insegna la cronaca di queste settimane, le catastrofi non attendono le lentezze burocratiche.
di Domenico Di Martino – Cgil nazionale, Ambiente e territorio