Emergenza desertificazione: a rischio il 20% dell’Italia, ma in Sicilia si arriva già al 70%
Per difendersi adeguatamente occorre un ampio ventaglio d’interventi, che spaziano da una più efficiente gestione delle risorse idriche ai miglioramenti infrastrutturali alla lotta contro i cambiamenti climatici: già un anno fa il ministero dell’Ambiente parlava di «piena emergenza», ma da allora pochissimo è stato fatto e il tempo è sempre meno
[30 Agosto 2019]
Con i cambiamenti climatici che in Europa stanno portando un surriscaldamento più veloce del previsto, a crescere è anche il rischio desertificazione: il Joint research centre (Jrc) dell’Ue mostra che le aree ad alto rischio di erosione interessano già fino al 44% del territorio della Spagna, il 33% del Portogallo e quasi il 20% della Grecia e dell’Italia, ma i picchi all’interno dei singoli Paesi sono molto più alti. Nel dettaglio, l’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi) citando dati Cnr sottolinea che le aree a rischio desertificazione in Sicilia sono ormai il 70%, nel Molise il 58% in Puglia il 57%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30% ed il 50% dei suoli disponibili. Anche il nord del Paese non è certo immune: a Chioggia si contano ad esempio 20.000 ettari agricoli a rischio desertificazione causata dalla risalita del cuneo salino, cioè l’ingresso dell’acqua di mare nell’entroterra delle province di Padova e Venezia.
«Per questo – commenta Francesco Vincenzi, presidente Anbi – è fondamentale la presenza di un sistema irriguo razionale, efficace e continuativo; in questo senso vanno i 75 interventi finanziati da Piano di sviluppo rurale nazionale, Fondo sviluppo e coesione, Piano nazionale invasi, capaci anche di garantire circa 3.200 posti di lavoro. Auspichiamo che la crisi politica non comporti ulteriori ritardi nella fase di avvio attualmente in atto». Qualche esempio? Una “buona pratica” arriva dalla pianura bolognese, dove il Consorzio della bonifica Renana distribuisce mediamente, ogni anno, circa 70 milioni di metri cubi d’acqua di superficie per l’irrigazione, soddisfacendo le esigenze idriche di 17.000 ettari coltivati; si tratta di acqua proveniente esclusivamente da fonti di superficie e, quindi, rinnovabile.
Del resto una corretta gestione delle risorse idriche è sempre più urgente nel nostro Paese, dove al rischio desertificazione fa da specchio quello idrogeologico: sono oltre 6 milioni – sottolineano ancora dall’Anbi – le persone che nel nostro Paese risiedono in territori a rischio alluvioni, ai quali si aggiunge circa un milione di cittadini in pericolo per le frane, con il 91% dei comuni italiani che si trova in territori con problemi idrogeologici.
Una situazione che i cambiamenti climatici stanno esasperando, con l’estate che sta volgendo al termine che ne offre una dimostrazione plastica. Da una parte un agosto “bollente” è seguito ad un mese di luglio classificato ,dall’Organizzazione meteorologica mondiale come il più caldo dal 1880, da quando cioè si hanno rilevazioni climatiche sistematiche; non è un caso, dato che 9 dei 10 mesi di luglio più caldi di sempre si sono concentrati dal 2005 ad oggi. Dall’altra parte, segnalano gli agricoltori Coldiretti, l’estate del 2019 in Italia fa segnare fino ad ora ben 760 grandinate, trombe d’aria e bombe d’acqua: il doppio (+101%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno secondo dati Eswd, la banca dati europea sugli eventi estremi.
Per difendersi adeguatamente dal rischio desertificazione come da quello idrogeologico occorre un ampio ventaglio d’interventi, che spaziano da una più efficiente gestione delle risorse idriche – a partire dalla riduzione delle perdite di rete e dal settore agricoltura, dato che più del 50% del volume d’acqua complessivamente utilizzato in Italia è destinato all’irrigazione – ai potenziamenti infrastrutturali già citati dall’Anbi, come da interventi incisivi contro i cambiamenti climatici. Già un anno fa il ministro dell’Ambiente del governo dimissionario, Sergio Costa, parlava di «piena emergenza» per quanto riguarda la desertificazione, ma da allora pochissimo è stato fatto e il tempo è sempre meno.