Enea, ecco come i reflui dei depuratori urbani possono salvare le aree umide a rischio
Il caso della palude di Torre Flavia, a nord di Roma, accerchiata da inquinamento e siccità
[31 Luglio 2017]
Non c’è solo il lago di Bracciano a patire la morsa della siccità che ha stretto Roma in una crisi politica e istituzionale, oltre che ambientale: la palude di Torre Flavia – situata a nord di Roma tra i Comuni di Ladispoli e Cerveteri – rappresenta una delle aree umide più suggestive dal punto di vista naturalistico e culturale del Lazio, colpita negli ultimi anni da fenomeni di siccità, stress idrico, inquinamento e perdita di biodiversità. Un’area fortemente a rischio, che dall’Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – stanno provando a salvare proponendo di riutilizzare le acque reflue trattate e sfruttare le potenzialità autodepurative dei sistemi naturali per recuperare, riqualificare e ampliare le aree umide soggette a deficit idrici e a processi di inquinamento, coniugando economicità e basso impatto ambientale.
«L’area di Torre Flavia è un sistema di stagni costieri e acquitrini di pianura e ricchezza faunistica che rendono questa zona umida di 42 ettari un vero e proprio patrimonio di risorse naturali di interesse vitale per l’intero territorio – spiega il ricercatore Enea Filippo Moretti – che in tempi recenti, a causa dei cambiamenti climatici e degli effetti antropici, ha visto ridotto il suo bilancio idrico, tanto che per anni, la Provincia di Roma ha provveduto alla regolazione dei livelli delle acque mediante l’immissione di volumi idrici prelevati dal fiume Tevere, sostenendo notevoli costi gestionali».
Un’alternativa esiste, ed è praticabile. L’Enea mira in particolare alla gestione dell’area con tecniche di fitodepurazione a flusso superficiale (Free water system – Fws) e all’utilizzo dei reflui in uscita dal depuratore urbano di Ladispoli per ripristinare il bilancio idrico dell’area umida e preservare le caratteristiche qualitative delle acque, la biodiversità e gli equilibri naturali.
«La maggiore estensione della parte umida della palude rispetto a quella attuale (più del 100%), ottenuta grazie alla rinaturalizzazione dell’area, può costituire un argine naturale nei confronti degli incendi e una preziosa riserva per fornire acqua durante questi eventi estremi», osserva Moretti, sottolineando la replicabilità del modello proposto per la palude di Torre Flavia: «Il modello che abbiamo messo a punto è altamente replicabile e adattabile alle variegate realtà turistiche italiane – aggiunge Luigi Petta, anch’egli ricercatore Enea – Le azioni che è possibile mettere in campo sono in grado di contribuire alla tutela delle risorse ambientali del territorio, ridurre la pressione sulle risorse naturali, estendere la stagione turistica, valorizzare le risorse locali, assicurando una sostenibilità di lungo termine e incrementando il numero di visitatori con ricadute economiche positive».