Tensioni con Egitto per le centrali idroelettriche e manovre dell’esercito al confine somalo per il petrolio
Etiopia, la sua politica energetica può destabilizzare tutta la regione
[28 Febbraio 2014]
Seduta di traverso alle sorgenti del Nilo Azzurro, l’Etiopia ha da tempo visto il suo futuro energetico indirizzarsi verso il suo potenziale idroelettrico, potendo perfino essere in grado di esportare energia elettrica ai paesi vicini. Questa immagine idilliaca (se si considera l’idroelettrico una fonte rinnovabile e pulita), potrebbe alterarsi presto. La società petrolifera britannica New Age Ltd (African Global Energy) opera da sola una concessione nel sud-est, presso i bacini dell’Ogaden e presso Adigala in compagnia alla compagnia petrolifera canadese Africa Oil, con la quale ha siglato un’importante partnership.
Il 12 febbraio scorso la New Age Ltd ha trovato il greggio con un pozzo di esplorazione situato a Elkuran e profondo 3.900 metri. La società ha iniziato la perforazione del pozzo a ottobre 2013 ed era previsto che raggiungesse la profondità mirata di 9.350 metri.
Mentre i dirigenti della società hanno manifestato un ovvio entusiasmo, gli specialisti locali hanno notato però che i risultati sono stati simili a quelli della società americana Tenneco, che ha perforato il primo pozzo esplorativo nella località Elkuran nel 1972. Un esperto di petrolio ha detto ai media etiopi che la scoperta non significa necessariamente che ci sia un deposito con un immediato interesse commerciale. Sarebbe necessario quindi ulteriore lavoro di esplorazione. Secondo un altro esperto i giacimenti a Elkuran hanno una bassa porosità e permeabilità e probabilmente richiederanno l’uso di acido o di stimolazione da frattura (fracking) per arrivare a produrre i livelli commerciali necessari a giustificare l’investimento.
In attesa di conoscere i concreti sviluppi di queste perforazioni esplorative, intanto l’Etiopia sta premendo con i suoi grandiosi progetti idroelettrici, in particolare l’investimento da 4,2 miliardi dollari per la centrale da 6.000 megawatt di Grand Ethiopian Renaissance Dam sul Nilo Azzurro, che sta letteralmente togliendo il sonno ai dirigenti egiziani. Infatti l’Egitto teme che il completamento della diga porterebbe ad una diminuzione del 20 per cento della portata d’acqua nilotica, e questo il mese scorso ha portato Il Cairo a chiedere formalmente al governo di Addis Abeba di sospendere i lavori di costruzione del bacino idroelettrico sul principale affluente del Nilo. Poiché l’Etiopia ha respinto la richiesta, l’Egitto ha promesso di proteggere i propri “diritti storici sul Nilo ad ogni costo”.
Ma tornando ai giacimenti di idrocarburi, per quanto riguarda lo sviluppo di potenziali ricchezze di petrolio e gas naturale della regione dell’Ogaden, un gruppo sta già soffrendo, la popolazione locale. Durante una recente intervista, l’Ogaden National Liberation Front (ONLF) fondato da Abdirahman Mahdi ha detto: «Le risorse di questa regione renderanno l’Etiopia ricca, ma noi rimarremo poveri. Un insediamento è tutto ciò che possiamo sperare per proteggere la nostra pretesa su alcuni dei vantaggi economici delle nostre risorse naturali».
Le preoccupazioni di Mahdi sono ben fondate, poiché attualmente oltre New Age Ltd e la canadese Africa Oil ci sono altre due compagnie petrolifere, entrambi cinesi, che stanno pianificando ulteriore esplorazione dell’Ogaden: si tratta della Hong Kong’s South Western Energy e della China’s GCL Poly Petroleum Investment.
La popolazione di etnia somala che vive nel bacino Ogaden all’interno dell’Etiopia (circa 10 milioni di abitanti) sono già stati sottoposti a sfratti forzati da parte dell’esercito per favorire le trivellazioni petrolifere e di gas naturale, e non a caso molti osservatori avvertono che una mancanza di vera condivisione dei benefici potrebbe aggravare l’instabilità regionale e rafforzare le tensioni separatiste all’interno del Somali National Regional State (SNRS).
Un comunicato stampa dell’ONLF ha dichiarato: “Il regime etiopico ha ordinato al suo esercito di intervenire in Ogaden per spostare la popolazione rurale da ampi tratti di prateria, bruciando tradizionali aree ricche di pascolo al fine di ripulire il terreno per l’esplorazione petrolifera. Si hanno notizie d’incendi appiccati dall’esercito etiope vicino alle seguenti città: Shilabo, Laasoole e Qarsoon, Godey – Danan, FIK – Dhegahbur – Jigjiga Triange, Sattu, Jamara, Faafan e le aree a nord di Obole. Se si pensa che la Somalia e il movimento militante islamico Al Shabaab sono proprio li difronte, i rischi di un conflitto regionale sono molto alti.
Quando la primavera araba ha spazzato il Magreb tre anni fa e la Libia è scoppiata in una guerra civile nel febbraio 2011, la Cina ha dovuto evacuare più di 35.000 lavoratori e ha perso 18 miliardi dollari in investimenti. Forse questo potrebbe far riflettere le grandi compagnie petrolifere?