Le proteste nel Grande Sud costringono il governo a fare marcia indietro. Accantonati investimenti per 70 milioni di dollari?
Fracking, l’Algeria rimanda tutto al 2022
Nel Paese solo lo 0,1% dell'energia è rinnovabile. Ha i quarti giacimenti di gas shale del mondo, ma sono troppo costosi da sfruttare
[2 Febbraio 2015]
Dopo le forti proteste nel sud del Paese, l’Algeria ha annullato i suoi progetti di fracking almeno fino al 2022. E’ la prima volta che gli algerini scendono in piazza contro l’estrazione di idrocarburi e il premier algerino Abdel Malek Sellal si è trovato a fare i conti con uno slogan che ha fatto molta presa tra le popolazione del Grande Sud: «Tra lo shale gas e l’acqua, il popolo algerino sceglie l’acqua». I manifestanti non sembrano credere alle promesse di benessere e lavoro delle compagnie petro-gasiere e il governo centrale di Algeri si è trovato spiazzato davanti ad una veemente protesta e cerca di evitare ad ogni costo che si creino nuovi spazi di resistenza.
Dopo aver cercato inutuilmente di convincere i manifestanti per giorni, Sellal alla fine ha che lo sfruttamento del gas shale «Attualmente non è all’ordine del giorno, stiamo solo pensando a questo proposito».
Eppure ai primi di gennaio il governo algerino aveva annunciato progetti per 70 miliardi di dollari di investimenti tecnologici nel fracking proprio mentre il prezzo del suo principale prodotto di esportazione, il petrolio, scendeva al minimo negli ultimi 6 anni. Il governo aveva ignorato le proteste anti-fracking che da settimane si stavano estendendo nel già turbolento sud dell’Algeria, in particolare nella città di In Salah, un’area dove operano anche le retrovie di Al Queda del Maghreb e nella quale Algeri non può permettersi ulteriori tensioni.
Alla fine Sellal è andato in televisione ed ha fatto balenare l’ipotesi che, dopo il temporaneo accantonamento dei piani del fracking, alla fine i progetti per lo shale gas potrebbero essere completamente superati: «Se tra lo shale gas e l’acqua il popolo algerino sceglierà l’acqua; pensate che lo Stato algerino sarebbe così pazzo da mettere in pericolo la vita dei suoi cittadini?» ha detto, per poi annunciare un drastico cambiamento di politica «Per rassicurare il nostro popolo nel sud».
Salah, la città che rischia le peggiori conseguenze del fracking, è uno dei posti più caldi della terra è ancora meno sviluppata del resto dell’Algeria ed ha un tasso complessivo di alfabetizzazione di meno dell’80%, più del 10% inferiore alla media nazionale. Ma i suoi cittadini hanno manifestato contro i piani del fracking per settimane, con scioperi generali che hanno bloccato uffici pubblici e scuole dell’intera regione per protestare contro quello che molti vedono come un tentativo di rimpinguare la casse del governo centrale di Algeri senza nessun beneficio la popolazione locale.
Si tratta di proteste davvero uniche per l’Algeria, visto che toccano gli idrocarburi, la spina dorsale dell’economia del Paese. Per questi molti pensano che quella del governo sia solo una ritirata tattica, perché il governo non può rinunciare ai suoi piani per lo sfruttamento del gas di scisto, dato che ha un disperato bisogno di entrate mentre diminuiscono le esportazioni e la produzione di greggio e gas “tradizionali”.
Secondo gli studi commissionati dalla compagnia petrolifera statale Sonatrach, l’Algeria dispone di giacimenti di gas di scisto per 4.940 trilioni di piedi cubi (TCF) dei quali sono recuperabili 740 TCF, cioè un tasso di recupero del 15%, che basterebbe a far diventare l’Algeria il quarto Paese per shale gas dopo Usa, Cina ed Argentina. Queste riserve recuperabili sono state calcolate dopo le prospezioni aa Ahnet, Timimoun, Mouyidir, Illizi e Berkine che hanno scatenato le proteste. In questi stessi bacini ci sarebbero anche riserve di petrolio condensato per 248 miliardi di barili.
Ma dopo il premier algerino è intervenuto anche il presidente della Repubblica Abdelaziz Bouteflika a confermare che il fracking non è all’ordine del giorno e diversi esperti algerini ammettono che lo sfruttamento degli idrocarburi non convenzionali necessita di tecnologie avanzate e di capacità operative e finanziare delle quali dispongono solo un numero ridotto di compagnie petrolifere e come dice una fonte anonima, ma evidentemente molto influente, di Sonatrach all’ APS si tratta di «Un lavoro colossale che necessita di una collaborazione stretta, nel quadro di una partnership, con delle compagnie specializzate. Sull’esempio di quel che è stato fatto da grandi compagnie come Exxon Mobil con XTO, Eni con Quicksilver, BG con Exco Ressources e Statoil con Cheasapeake. L’espolrazione e lo sviluppo di shale gas, al di fuori degli Usa, restano più caria causa della mancanza di attrezzature e delle catene di approvvigionamento. Un pozzo verticale di 3.00 metri , con un “drain” orizzontale di 1.200 metri nel giacimento di Haynesville (Usa) costa circa 8 milioni di dollari contro tra i 14 ed i 16 milioni di dollari per lo stesso pozzo in Polonia, dove l’industria dello scisto è ancora immatura».
Un esperto di gas, Chems Eddine Chitour, è tra quelli che il governo ha delegato a tranquillizzare ed ha detto all’Algerie Presse Service (Aps) che «Lo studio del gas di scisto deve proseguire, dobbiamo terminare rapidamente la fase esplorativa per procedere alle valutazioni reali della risorsa. La sola stima fatta proviene da uno studio americano. Il gas di scisto è una ricchezza da sfruttare razionalmente. I pozzi esplorativi sono necessari per testare la tecnica. Il loro basso numero non ipotecherà le fondamenta della vita nel Sahara. Questo gas farà parte del mix energetico nazionale solo una volta che la tecnologia di produzione sarà matura. Prima di pensare ad ogni eventuale sfruttamento, l’Algeria deve, fin da subito, dare la priorità alla formazione delle competenze necessarie ed alla presa di precauzioni in termini ambientali». Detto in un Paese che, nonostante le evidenze scientifiche e sanitarie, non ha ancora vietato la produzione e l’utilizzo di amianto la cosa non è poi molto tranquillizzante.
Comunque il fracking, che sembrava il futuro immediato dell’energia algerina, grazie alle proteste è diventato qualcosa da fare in un futuro indefinito: «Quando saremo pronti tecnologicamente, avendo format gli ingegneri ed I geologi, dei geofisici per la trivellazione, dei meccanici, degli esperti di elettronica e senza dimenticare gli specialisti ambientali – dice Chitour all’Aps – il gas di scisto giocherà pienamente il suo ruolo. Lo shale gas avrà il suo posto nel quadro di una strategia politica a lungo termine, basata prima di tutto sulla “sobrietà energetica”». La cosa sembra contraddittoria, visto che il boom del fracking è l’esatto contrario di questo tipo di sobrietà. Vedremo come l’Algeria riuscirà a risolvere questa contraddizione in un Paese dipendente dagli idrocarburi, intanto Chitour invoca un “Piano Marshall” per le energie rinnovabili e ricorda che «Rappresentano meno dello 0,1% del bilancio elettrico algerino. E’ tempo di elaborare una strategia di razionalizzazione dell’energia e dell’aumento progressivo. delle sue tariffe, per farlo bisogna ridefinire la politica sociale e il sostegno dello Stato alle classi sfavorite».
Se non abbiamo capito male, ai poveri ribelli anti-fracking viene mandato a dire: se la continuate con le proteste vi faremo pagare di più l’elettricità che ora è calmierata.