In Etiopia crescono i conflitti per le dighe coi paesi confinanti
Idroelettrico, in Africa la scintilla del conflitto si nasconde sotto l’acqua
[22 Luglio 2013]
Gli ambiziosi piani di sviluppo idroelettrico del governo etiope stanno incontrando una serie crescente di difficoltà. Dopo le proteste delle popolazioni locali e della società civile internazionale, ora sono i governi dei paesi confinanti con Addis Abeba a dare voce a tutte le loro perplessità sul proliferare di grandi dighe in Etiopia, che avranno però conseguenze molto negative sui loro territori. Il caso più eclatante e che ha avuto una eco planetaria è quello della Grand Renaissance Dam (ben 6mila megawatt di produzione stimata), destinata a stravolgere la portata idrica del Nilo.
L’Egitto è pronto allo scontro frontale. Già l’esecutivo guidato da Morsi aveva fatto la voce grossa e non è da escludere che anche il nuovo governo prosegua su questa linea di condotta. Ma un insperato aiuto per il Cairo potrebbe arrivare dalle difficoltà etiopi nel reperire gli ingenti fondi – si calcolano costi per oltre 4,8 miliardi di dollari – necessari per i lavori di costruzione. Lavori affidati alla compagnia italiana Impregilo e che al momento non dovrebbero superare il 20 per cento del totale.
Le obbligazioni emesse da Addis Abeba per racimolare denaro soprattutto da parte degli etiopi residenti all’estero hanno riscosso pochissimo successo. Colpa anche degli interessi molto bassi (tra l’1,5 e il 2 per cento) che hanno indotto solo poche persone residenti negli Stati Uniti e in Norvegia a sottoscrivere somme che mancano di parecchio l’obiettivo del milione di dollari, almeno secondo quanto riporta il sito Africa Energy Intelligence. Tutto l’onere finanziario dell’impresa ricade quindi sulle spalle del governo etiope e di alcune banche cinesi, visto che né la World Bank né la Banca europea per gli investimenti hanno ritenuto opportuno concedere prestiti o garanzie proprio a causa della natura controversa del progetto.
Se ci spostiamo nel sud del paese c’è un altro forte grattacapo per Addis Abeba. Il governo del Kenya, infatti, ha manifestato la sua intenzione di discutere con la sua controparte etiope sugli impatti che la diga di Gibe III, in fase di completamento sul fiume Omo e di cui si è occupata sempre l’Impregilo, avrà sul lago Turkana (di cui l’Omo è il maggior immissario). Uno specchio d’acqua che si trova in Kenya, nei pressi del confine con l’Etiopia, ma che a causa dell’impianto idroelettrico potrebbe prosciugarsi. Una iattura per uno degli ecosistemi più preziosi dell’area e per le comunità di agricoltori e pescatori che abitano nei pressi del lago.
«Chiediamo rassicurazioni agli etiopi. L’acqua imbrigliata dalla diga deve essere rilasciata e non usata per l’irrigazione, altrimenti il lago Turkana ne risentirà moltissimo», la posizione di Nairobi. La autorità keniane hanno che il Turkana è un sito di pregio internazionale riconosciuto dall’Unesco. Uno status che rischia di “saltare” nel caso di conseguenze negative legate a Gibe III.