Il coronavirus non ferma l’agricoltura italiana: si comincia a irrigare, ma al Sud è emergenza acqua
ANBI: «Nelle altre regioni si annuncia una stagione da monitorare»
[18 Marzo 2020]
Al tempo del coronavirus l’agricoltura italiana resta una delle poche certezze produttive italiane, ma deve fare i conti sia con la carenza di manodopera immigrata sia con le disponibilità idriche per una stagione irrigua, che dice l’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (ANBI) «Si preannuncia anticipata in molte zone a causa di temperature superiori alla media del periodo».
La situazione sembra particolarmente grave al sud dove, secondo dall’Osservatorio ANBI sullo stato delle risorse idriche, «E’ ormai emergenza: negli invasi meridionali, dove ci sono attualmente circa 2.100 milioni di metri cubi d’acqua, ne mancano all’appello circa 400 rispetto all’anno scorso, ma addirittura un migliaio, se confrontiamo il dato con il 2010. Se in Basilicata, il deficit sul 2019 è di 153 milioni di metri cubi d’acqua trattenuta (oggi sono 260 milioni ca., ma erano circa 711 nel 2010!), in Puglia (disponibili oggi, ca. 147 milioni di metri cubi), le riserve sono più che dimezzate rispetto ad un anno fa; percentualmente la crisi più evidente è, però, in Calabria: l’attuale disponibilità di circa 6 milioni di metri cubi è meno del 40% di un anno fa, ma addirittura il 25% delle riserve idriche regionali nel 2010! In deficit idrico permangono complessivamente anche gli invasi della Sicilia (- 83 milioni di metri cubi d’acqua)».
Nell’Italia centrale così sono in leggera sofferenza i bacini di Marche ed Umbria. E gli stessi dati noti, testimoniano anche come al Nord la situazione, pur non ancora allarmante, necessiti di costante monitoraggio, soprattutto in prospettiva. Francesco Vincenzi, presidente di ANBI, evidenzia che «Risponde a questa esigenza, l’opportuna scelta, operata dall’Autorità Distrettuale del fiume Po, che ha reso permanente l’Osservatorio sulla carenza idrica. La prossima riunione è già in calendario per mercoledì 8 Aprile».
Allo stato attuale, «La situazione dei corsi d’acqua in Piemonte è di sufficiente copertura dei fabbisogni idrici propri del periodo invernale, essenzialmente legati agli usi idroelettrici ed industriali». Ma ABI sottolinea che «Per quanto riguarda le previsioni future, se non interverranno significative precipitazioni e dovessero innalzarsi le temperature, si avrà un rapido scioglimento delle nevi, che si tradurrà in un aumento dei deflussi idrici verso valle con la rapida perdita delle riserve idriche immagazzinate, che termineranno in mare inutilizzate prima ancora dell’attivarsi delle derivazioni irrigue».
Secondo Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, «E’ un’ulteriore dimostrazione della necessità di un Piano Nazionale Invasi per trattenere le acque sul territorio ed utilizzarle al bisogno con evidenti benefici anche di carattere ambientale Senza considerare le criticità idrogeologiche, che possono derivare da forti ed improvvisi afflussi idrici dalle aree di montagna».
Per quanto riguarda le acque sotterranee, la rete di monitoraggio del comprensorio Est Sesia evidenzia «livelli di falda inferiori di circa 20 centimetri rispetto a quelli della media del periodo negli ultimi 10 anni». E, di fronte alla precaria situazione nivometrica ANBI evidenzia «L’importanza del lago Maggiore, che ha una possibilità di invaso pari a 315 milioni di metri cubi, che salgono a 420 milioni nel periodo invernale. La disponibilità di questo bacino è fondamentale per l’agricoltura e l’ambiente della pianura piemontese (vercellese e novarese), ma anche lombarda (lomellina, milanese e pavese)».
In Lombardia, la principale preoccupazione per la stagione irrigua riguarda il livello di riempimento dei bacini montani e la quantità di neve ancora presente sulle Alpi. ANBI spiega che «Per quanto riguarda i grandi laghi, sotto la media del periodo sono i bacini di Como e di Iseo, mentre il Garda è abbondantemente sopra. Con le attuali disponibilità idriche sarà però difficile soddisfare pienamente le esigenze degli agricoltori; preoccupano specialmente le aree servite dai fiumi Adda e Oglio, ma anche da Brembo, Serio e Cherio. L’attenzione è comunque elevata in tutta la regione, poiché l’assenza di pioggia nei mesi di gennaio e febbraio ha reso le campagne secche ed abbassato il livello freatico».
Invece, attualmente in Emilia Romagna la situazione è tranquilla: «Il livello delle falde freatiche non desta preoccupazione ed il confronto con l’autunno 2018 non evidenzia variazioni significative di livello nel bacino del fiume Po, mentre sono evidenti situazioni localmente differenziate nel fiume Reno ed in quelli romagnoli; infine, vanno segnalate le scarse portate dei fiumi appenninici (Taro, Trebbia, Parma, Panaro, Lamone e Savio)».
Per l’Osservatorio ANBI non ci sono particolari criticità nemmeno in Veneto, dove anche gli sbarramenti antisale non sono ancora in funzione.