Il diluvio riunisce i due Sudan. Ma la guerra per il petrolio non cessa
400mila sud-sudanesi nel limbo di fango delle baraccopoli di Khartoum
[25 Ottobre 2013]
Il Sud Sudan sta annegando in inondazioni estreme e, secondo l’Onu, almeno 156.000 persone erano in percolo già il 23 ottobre, con molte aree accessibili solo con gli elicotteri. 7 su 10 degli Stati che compongono il Paese più giovane del mondo, nato poco più di 2 anni fa dopo una guerra cinquantennale con il nord islamista, sono stati dichiarati zone disastrate dal governo di Juba.
La stagione delle piogge in Sud Sudan di solito va da giugno alla fine di ottobre, ma le inondazioni possono interessare aree fino a dicembre e dall’inizio del mese il Paese è spazzato da piogge torrenziali. La situazione è drammatica perché il Sud Sudan sarà anche ricco di petrolio, ma resta uno dei Paesi più poveri del mondo, dove mancano infrastrutture di base come strade, elettricità, acqua corrente.
Ma nemmeno il diluvio ferma la guerra civile, diventata guerra tra Stati e tribù. Il Consiglio di Sicurezza ha richiamato con urgenza i governi del Sudan e del Sud Sudan ad astenersi da azioni unilaterali che potrebbero aumentare la tensione tra i due Paesi confinanti o impedire una soluzione per quanto riguarda la controversia per la regione di confine di Abyei, ricca di petrolio.
«I membri del Consiglio di sicurezza hanno ribadito la loro profonda preoccupazione per la situazione estremamente volatile nell’area di ,Abyei», ha detto Agshin Mehdiyev, rappresentante permanente dell’Azerbaigian, che detiene la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La dichiarazione fa seguito ad un incontro tra i presidenti Omar al-Bashir del Sudan e Salva Kiir del Sud Sudan Salva il 22 ottobre a Juba. Durante l’incontro, per il quale il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon si era felicitato, i due presidenti avevano espresso l’intenzione di accelerare la creazione dell’Amministrazione di Abyei, del Consiglio Abyei e della polizia di Abyei. Ma i 15 membri del Consiglio di sicurezza chiedono che i due Sudan «Riprendano immediatamente i negoziati per raggiungere un accordo sullo status finale di Abyei sotto gli auspici del 2012 African Union High-Level Implementation Panel (Auhip)». Questo organismo dell’Unione Africana ha giù ò à presentato un pacchetto di proposte che riguardano la sicurezza, la frontiera comune e le relazioni economiche ed una roadmap per attenuare le tensioni tra Nord e Sud, facilitando la ripresa dei negoziati e la normalizzare delle relazioni tra i due Paesi.
La questione di Abyei è una delle controversie che rimangono tra i due Sudan dopo l’accordo di pace del 2005 che ha portato al referendum che a schiacciante maggioranza ha dichiarato l’indipendenza del Sud Sudan nel 2011.
La maggior parte delle persone colpite dal diluvio sono nel Northern Bahr el-Ghazal, al confine con il Sudan, dove oltre 45.000 sono che hanno bisogno di aiuto. In alcune aree punti il Nilo Bianco ha rotto gli argini ed il ministro sud-sudanese Martin Elia Lomuro ha detto che la situazione è diventata «Anche peggio, dato che gli animali selvatici e gli esseri umani condividono il poco spazio lasciato dal diluvio. Nello Stato di Warrap, nel nord del Paese, un coccodrillo ha mangiato una persona imprigionata dalle acque nella sua abitazione.
Nello stato orientale di Jonglei, dilaniato dalla guerra e dai conflitti tribali, dove i ribelli sono stati accusati di massacrare decine di persone durante il fine settimana, ci sono circa 28.000 persone colpite dalle inondazioni. Nel Jonglei i furti di bestiame e gli omicidi etnici sono comuni, anche perché lo Stato ha subito un’altra inondazione: quella dei fucili ereditati dalla guerra civile del 1983 – 2005.
Ma non va meglio nemmeno a Nord. In Suda il Nilo ha invaso molte aree che normalmente sono immuni dalle alluvioni, compresa la capitale, Khartoum dove vivono ancora circa 400.000 di sud-sudanesi.
I sud-sudanesi vivono soprattutto in baraccopoli che non hanno nemmeno infrastrutture igieniche e sanitarie. La maggior parte di questa comunità dimenticata è in attesa di essere rimpatriata in Sud Sudan. Ma il gigantesco piano di delocalizzazione è stato sospeso nel gennaio 2011 per mancanza di fondi. Pochi sud-sudanesi hanno i documenti in regola per vivere in quello che prima era il loro Stato ed il governo di Khartoum non vuole saperne di procedure per dar loro la residenza.
Imam Shakiti dall’Organizzazione mondiale della sanità, sottolinea che «In questo momento, il rischio più grande è nel campo della salute ambientale e su come si collega per la salute della popolazione. L’acqua stagnante, la defecazione all’aperto e l’accumulo della spazzatura aumenta il rischio di diverse malattie che hanno come vettore l’acqua, come il colera e la febbre emorragica, e le persone colpite spesso non hanno accesso alle cure».
Ad assistere i sud-sudanesi dimenticati nel fango del Nord ci sono le organizzazioni sanitarie finanziate con 1,4 milioni di dollari dall’’United Nations Central Emergency Response Fund (Cerf) e l’Unicef che ha stanziato 2,8 milioni dollari per fornire acqua pulita e servizi igienico-sanitari. Il finanziamento Cerf sosterrà anche i servizi di istruzione di emergenza. Nella sola capitale sudanese oltre 14.000 bambini hanno perso l’accesso all’istruzione a causa delle inondazioni. Il finanziamento permetterà all’Unicef di stabilire spazi di apprendimento temporanei, aiutando a ripristinare un po’ di quella normalità tanto necessaria per i più poveri tra i poveri.