In Italia mancano 5 miliardi di m3 di acqua rispetto a quanto previsto 50 anni fa
Lo Stato spende mediamente 3 miliardi e mezzo all’anno per riparare i danni delle alluvioni
[22 Marzo 2021]
In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e della acque irrigue (Anbi), indica la strategia idrica che dovrebbe seguire il nostro Paese: «In Italia non dobbiamo compiere il miracolo di trasformare il deserto in una terra florida, bensì dobbiamo utilizzare al meglio i talenti affidatici con un territorio straordinario, che va altresì difeso dalla minaccia dell’aridità».
Per l’Anbi, «I “talenti” sono dati da un andamento pluviometrico che, nonostante l’estremizzazione degli eventi atmosferici, vede cadere annualmente sull’Italia 1000 millimetri di pioggia (quasi mm. 2.000 in alcune zone del Friuli-Venezia Giulia e della Liguria e solo mm. 300 su aree della Puglia), pari ad un volume complessivo di circa 300 miliardi di metri cubi, oltre la metà dei quali, però, vengono restituiti in atmosfera attraverso l’evapotraspirazione; si calcola, quindi, che il patrimonio idrico potenzialmente a disposizione sia di circa 110 miliardi di metri cubi, di cui solo 53 miliardi realmente utilizzabili».
Vincenzi ricorda che «Di questa ricchezza riusciamo, però, a trattenere solo 5,8 miliardi, cioè circa l’11%. Il talento, che dobbiamo sviluppare è aumentare tale percentuale»
Fin dal 2017, l’Anbi, insieme all’allora Struttura di Missione #italiasicura, propone una strategia fatta di 2.000 invasi medio-piccoli da realizzare in 20 anni grazie ad un investimento di circa 2.000 miliardi di euro. Finora sono stati presentati i primi 218 progetti, riguardanti 17 regioni, con il maggior numero in Veneto (73), ma è la Calabria la regione dove sarebbero necessari i maggiori investimenti: 527 milioni di euro).
Nel settembre 2020, nella prospettiva del Recovery Plan, l’Anbi ha presentato un Piano per l’Efficientamento della Rete Idraulica del Paese che punta prima di tutto alla manutenzione straordinaria di 90 bacini, in buona parte interriti. Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, sottolinea che «La loro capacità è ridotta del 10,7% a causa della presenza di oltre 72 milioni di metri cubi di sedime, depositati sul fondo: 46 bacini sono al Sud, 36 al Centro, 9 al Nord».
Oltre a questo, il Piano Anbi prevede il completamento di 16 bacini, per una capacità complessiva: di 96.015.080 m3 e un investimento di quasi 452 milioni di euro, e la realizzazione di 23 nuovi invasi per una capacità complessiva 264.493.800 di m3 e un investimento di circa 1 miliardo e 231 milioni di euro. Gargano fa notare che «Sono tutti progetti definitivi ed esecutivi, cioè in avanzato iter burocratico e quindi capaci di rispettare il cronoprogramma indicato dall’Unione europea, garantendo quasi 10.000 posti di lavoro. Per questo ribadiamo la richiesta di inserimento nel Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza».
E all’Anbi ricordano che «Ancora nel 1971(!), la Conferenza Nazionale delle Acque aveva indicato in almeno 17 miliardi di metri cubi, la necessità di invaso necessaria a soddisfare le esigenze del Paese al 1980(!); oggi, secondo i dati del Comitato Italiano Grandi Dighe, tale capacità ammonta a 13,7 miliardi di metri cubi, di cui però è autorizzato l’uso di solo 11,9 miliardi, un volume ben lontano da quanto previsto 50 anni fa! Risulta evidente l’urgente necessità di incrementare sensibilmente le capacità di invaso per sopperire alle esigenze idriche in un quadro condizionato dalla crisi climatica, dove ormai piove in maniera sempre più “tropicale” ( grandi volumi in autunno-inverno, poco in primavera-estate) con ripetuti fenomeni alluvionali in tutte le regioni (negli anni recenti, lo Stato spende mediamente 3 miliardi e mezzo all’anno per riparare i danni) e stagioni siccitose anche in aree, dove nel passato tali fenomeni erano molto rari (la situazione è già oggi critica in Sicilia e condizioni di sofferenza idrica si stanno ripetendo sulla fascia adriatica dell’Appennino)».
L’Italia è percorsa da una rete di circa 200.000 Km corsi d’acqua – circa 5 volte la circonferenza della Terra – che, di fronte all’estremizzazione degli eventi atmosferici. ha sempre più bisogno di manutenzione straordinaria e costante. I Consorzi di bonifica ed irrigazione hanno pronti 729 progetti cantierabili (ricompresi nel Piano AnbiI per l’Efficientamento della Rete Idraulica del Paese: 241 al Nord, 266 al Centro, 222 al Sud), capaci di garantire quasi 12.000 posti di lavoro con un investimento di circa 2 miliardi e 365 milioni di euro.
Per Gargano «Nella Giornata mondiale dell’acqua, è infine opportuno segnalare con forza che la fondamentale funzione del reticolo idraulico minore, rischia ora di essere pregiudicata dall’applicazione meccanica dei parametri comunitari del Deflusso Ecologico, evoluzione del Minimo Deflusso Vitale, già in essere nel nostro Paese. L’obbiettivo di garantire le condizioni di vivibilità dei corsi d’acqua è prioritario ma, come sempre, deve essere declinato in base alle realtà locali. È evidente che le fluenze dei grandi fiumi continentali sono assai diverse da quelle dei corsi d’acqua italiani, dove anche il Po è ormai caratterizzato da un andamento torrentizio con forti escursioni di portata».
Vincenzi conclude: «I corpi idrici vanno rispettati, ma il pericolo di un’interpretazione rigida dei parametri è di non avere più a disposizione l’acqua sufficiente a garantire un territorio riconosciuto nel mondo e di cui sono parte integrante i fontanili, le marcite, i prati stabili, la policromia dei panorami; l’uso delle risorse idriche è determinante anche per mantenere l’equilibrio ambientale. E’ una battaglia, che stiamo conducendo attraverso Irrigants d’Europe e sulla quale, proprio in questa giornata, chiediamo l’impegno dell’intero Paese».