Utilitalia, gli investimenti nel servizio idrico integrato salgono a 64€ procapite
Italia in crisi idrica oltre che climatica, Ispra: perso il 18% dell’acqua disponibile
Barbabella: «Che si tratti di siccità o alluvioni è lo stesso, dobbiamo quanto prima mettere in campo misure strutturali»
[22 Marzo 2024]
A causa della crisi climatica in corso, l’Italia negli ultimi 70 anni ha perso il 18% della disponibilità d’acqua.
È quanto emerge dai dati Ispra appena aggiornati al 2023, anno in cui la disponibilità idrica si è fermata a 112,4 miliardi di metri cubi (a fronte di precipitazioni totali per 279,1 mld mc), segnando così -18% rispetto alla media del periodo 1951-2023.
«Un risultato dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni – specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre – e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno», dato che le temperature salgono.
Quando le piogge arrivano, inoltre, si trasformano sempre più spesso in nubifragi. A maggio 2023 l’Italia è stata sommersa da 49 mld mc d’acqua piovuti dal cielo; in Emilia Romagna (dove l’alluvione di quei giorni ha provocato danni per 8,86 mld di euro), Sicilia e Calabria si sono registrati localmente valori cumulati di pioggia addirittura superiori di oltre 6 volte le medie del periodo.
In questo inizio del 2024 il pendolo della crisi climatica torna invece a oscillare verso il rischio siccità. Negli ultimi tre mesi del 2023, che generalmente risultano i più piovosi, si è registrato – in particolare in Sicilia e in parte della Calabria ionica – un consistente deficit di precipitazione. Tale deficit ha determinato una situazione di siccità estrema con effetti che si protraggono ancora adesso, con la Sicilia che sta razionando l’acqua ai cittadini.
«La drammatica siccità che sta colpendo la Catalogna, dove in alcune aree non piove da tre anni e oggi per sei milioni di persone si prevede il razionamento dell’acqua, dovrebbe ancora una volta ricordarci che dobbiamo uscire da un approccio emergenziale alla crisi climatica – commenta Andrea Barbabella, coordinatore di Italy for climate – Che si tratti di siccità o alluvioni è lo stesso: dobbiamo quanto prima mettere in campo misure strutturali in grado di aumentare la resilienza dei nostri territori in un clima che è già irreparabilmente cambiato. L’Italia deve farlo prima e meglio di altri, perché ciò che sta accadendo in Spagna potrebbe presto accadere in qualche regione del Paese, soprattutto del meridione».
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, punta su tecnologie necessarie come quelle dei dissalatori, che però da sole non possono bastare. La Cabina di regia nazionale contro la siccità ha ammesso progetti per la sicurezza idrica avanzati dalle Regioni per 13,5 mld di euro, ma le risorse ad oggi disponibili si fermano a 102 mln di euro.
Fortuna vuole che l’Italia, nonostante tutto, goda ancora di una buona disponibilità di acqua: è terza in Europa per disponibilità della risorsa idrica (dietro Francia e Svezia), con circa 130 mld mc disponibili ogni anno.
Tuttavia, come già accennato questo valore si è ridotto di circa il 20% negli ultimi decenni, e senza invertire la rotta della crisi climatica il Paese perderà un altro 40% al 2100 (con punte del -90% al sud).
In primis, occorre dunque razionalizzare l’uso e ridurre gli sprechi. Secondo i dati Italy for climate, ad oggi l’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41% all’agricoltura, il 24% ad usi civili, il 20% all’industria e il 15% alla produzione di energia elettrica.
Siamo il secondo paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna) ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e non stiamo migliorando la nostra performance. L’Italia è anche il primo paese Europeo per utilizzo di acqua in industria: 4 volte più della Germania e 8 volte più della Francia. Vanta infine il triste record europeo di acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di mc ogni anno (e +70% rispetto al 2000), anche a causa delle perdite della rete idrica nazionale (si perde il 41,8% dell’acqua immessa in rete secondo Arera, il 42,4% secondo Istat).
Occorre dunque investire con urgenza nell’ammodernamento delle condotte. Complessivamente, gli investimenti nel settore idrico integrato hanno raggiunto quota 64€ procapite nel 2022, secondo i dati contenuti nel Blue book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, in collaborazione con Istat, Enea, Anbi e Autorità di bacino.
Si tratta di un dato quasi raddoppiato rispetto al 2012 (circa 33€ procapite), anno d’avvio della regolazione Arera, in avvicinamento alla media Ue (82€ procapite). Permane però un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto nel Meridione: qui gli investimenti medi si sono attestati su 11€ procapite.
«Ci siamo fatti promotori – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – di una proposta di riforma del settore in quattro punti tese alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e a un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. Attraverso queste proposte contiamo di raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro per abitante all’anno».
L. A.