Land grabbing “italiano” in Senegal? il nebuloso caso Senhuile
Della serie “Aiutiamoli a casa loro”
[3 Luglio 2015]
Il giornale senegalese EnQuête, in un’inchiesta intitolata “Senhuile dans la mélasse des fonds ‘’nébuleux’’, si occupa nuovamente delle attività della Senhuile, una società controllata dall’italiana Tampieri, e in particolare di Relookée, annunciato come «Un investimento straniero destinato ad aiutare il Senegal ad essere autosufficiente in riso». EnQuête se la prende nuovamente con la contestata impresa dell’agro-business della quale «Ormai si interessa la giustizia senegalese» per diverse questioni e «Non perché sia riuscita in una produzione risicola record, ma piuttosto per le connessioni finanziarie opache dei suoi attuali dirigenti sotto la cupola regolata da Tampieri Financial Group che ha totalmente preso il controllo di Senhuile Sa».
EnQuête avrebbe appreso da quella che definisce «Una fonte sicura» che la denuncia che l’ex direttore di Senhuile, Benyamin Dummai, ha depositato qualche mese fa sul tavolo del procuratore del Tribunal hors classe de Dakar, «Ha dato luogo il 12 maggio scorso à une ordinanza di citazione dei giudici istruttori. L’obiettivo di questa ordinanza è la designazione di un esperto per esaminare la gestione contabile di Senhuile durante tutto il periodo di amministrazione del denunciante che intende provare che i suoi ex partner italiani ed i loro potenti soci senegalesi hanno illegalmente fatto manbassa delle sue azioni e del suo patrimonio alla Senhuile».
Con l’audit ordinate dal Doyen des juges, la giustizia Senegalese punta a spulciare i bilanci approvati tra il 2011 e il 2013, la tesoreria, gli statuiti, i registri e tutti i movimenti finanziari. Il primo giugno si è tenuta una riunione degli esperti che si occupano del dossier Senhuile. «Ma la cosa più divertente in questo caso – scrive EnQuête – è che dei vecchi conti rimasti a lungo negli armadi sono stati spolverati con gran beneficio della lotta al riciclaggio di denaro sporco in Senegal attraverso gli investimenti stranieri dei quali spesso si ignorano i proprietari e chi li riceve. Perché, nel quadro di questa procedura, le connessioni mafiose di diversi quadri della Senhuile, attualmente filiale degli italiani e della sua potente rete di uomini di affari senegalesi, sono ora sotto inchiesta a diversi livelli della giustizia o di altri organi di controllo dello Stato del Senegal».
EnQuête scrive di diverse procedure in corso, comprese quelle avviate all’Inspection générale d’Etat (IGE), dall’Office national de Lutte contre la Fraude et la Corruption (OFNAC) e dal Doyen des juges presso il Tribunal hors classe de Dakar e spiega che «Ufficialmente, si tratta si tratta di avviare l’apertura di procedure di inchiesta per verificare le pesanti presunzioni di connessioni mafiose e di riciclaggio di denaro tra “Alcune persone di Senhuile e la mafia italiana”. Le nostre fonti affermano senza mezzi termini che dei documenti molto compromettenti contro le persone sottoposte a queste procedure siano già stati trasmessi al Doyen des juges d’instruction, all’IGE e all’’OFNAC».
Tornando al land grabbing, EnQuête ricorda che «L’investimento controverso di Senhuile mirante a produrre agrocarburanti per le fabbriche di Faenza appartenenti all’italiana Tampieri su 20.000 ettari di terre agricole in Senegal a suscitato molte questioni su eventuali legami tra questo progetto e dei reati finanziari, più precisamente di riciclaggio di denaro. Gli interrogatori si sono moltiplicati da quando anche il gruppo italiano Tampieri Fiancial Group, che detiene il 51% di Senhuile, è sotto inchiesta da parte della giustizia e del Parlamento italiano per le sue presunte connessioni con la mafia nel trattamento e nell’utilizzo di alcuni rifiuti usciti dai suoi impianti. Inoltre, la società “Tampieri Energie” è stata messa sotto sequestro in seguito a questa inchiesta».
Il giornale africano si chiede se «Senhuile conoscerà la stessa sorte in Senegal?» e conclude: «Diamo la nostra lingua al gatto aspettando il seguito di questo affaire».
Intanto le grane per la Senhuile non finiscono mai: è sotto inchiesta anche per la morte di Salif Diallo, un giovane pastore annegato il 24 giugno in un suo canale per l’irrigazione. La comunità di Ndiael ha deciso di denunciare la Senhuile per “negligenza colpevole”.
Massimo Castellucci, direttore generale di Senhuile Sa, ha presentato e sue «Sincere condoglianze alla famiglia della vittima e si associa alla sua profonda tristezza», ma la spiegazione che Castellucci da dell’incidente non collima con quella della comunità di Ndiael: «Il giovane uomo è morto in un punto d’acqua specialmente gestito a vantaggio della domanda degli abitati del villaggio, in conformità con il protocollo di intesa firmato con le comunità locali nel gennaio 2014. Questa gestione permette alla popolazione locale di sopperire ai loro bisogni idrici per uso domestico, agricolo e per far in modo di abbeverare il loro bestiame. Senhuile sa rassicura la famiglia del defunto così come tutte le popolazioni dei dintorni che darà una totale collaborazione alle autorità competenti incaricate di identificare le cause di questo dramma».
Ma la comunità di Ndiael: risponde che i canali per l’irrigazione di Senhuile, dove erano già annegati 3 ragazzini di una stessa famiglia, non sono protetti e dice che «Portano solo morte e desolazione a Ndiael».