Le conseguenze per la risorsa idrica di un’agricoltura intensiva in Africa

Il Politecnico di Torino ha valutato le implicazioni sulle risorse idriche di un incremento della produzione agricola in Africa

[20 Dicembre 2023]

Lo studio “Efficient agricultural practices in Africa reduce crop water footprint despite climate change, but rely on blue water resources”, pubblicato su Communications Earth & Environment da Vittorio Giordano, Marta Tuninetti e Francesco Laio, rispettivamente dottorando, ricercatrice e direttore del Dipartimento di ingegneria dell’ambiente, del territorio e delle Infrastrutture (DIATI) del Politecnico di Torino, ha cercato di rispondere a una domanda: «E’ possibile incrementare la produzione agricola africana, in risposta ad una crescente richiesta di beni alimentari, senza espandere ulteriormente le zone coltivate e senza compromettere le risorse idriche del Continente?»

I risultati dello studio sono confluiti in un’applicazione stand-alone educativa – presto disponibile sul sito di Water To Food – che permette di selezionare una zona e quantificare l’impronta idrica delle colture nel presente e secondo diversi scenari futuri. Questa applicazione è stata presentata per la prima volta in un workshop tenutosi al World Resource Institute della capitale dell’Etiopia  Addis Abeba, organizzato dall’istituto di ricerca IIASA di Vienna nell’ambito del progetto europeo LEAP-RE – RE4AFAGRI. Alla base dell’applicazione c’è il modello idrologico sviluppato al Politecnico, che è stato inserito in una catena modellistica più ampia per valutare anche le implicazioni energetiche ed economiche della trasformazione dell’agricoltura di sussistenza in Africa.

Al politecnico di Torino spiegano che «Alla base dello studio c’è l’analisi della produzione agricola nel mondo:  –  condizionata da fenomeni quali l’aumento delle temperature, la crescente concentrazione di CO2 in atmosfera, la carenza di piogge e i periodi di siccità – una produzione la cui domanda risulta oggi in forte aumento, per un generale incremento della ricchezza, delle abitudini di consumo e della proliferazione dei biocarburanti. La popolazione africana è quella che più soffre con il tasso più alto di malnutrizione e di grave scarsità d’acqua, con la previsione che, nei prossimi decenni, il cambiamento climatico comprometterà ulteriormente la disponibilità di acqua e la sicurezza alimentare nel Continente. L’insufficiente approvvigionamento alimentare è causato, nella maggioranza dei casi, da condizioni climatiche avverse che possono portare ad una sostanziale diminuzione delle rese agricole, con le conseguenze peggiori attese soprattutto alle basse latitudini dove anche un moderato aumento della temperatura può avere un forte impatto sulle rendite previste».

Nel nuovo studio, i ricercatori del Politecnico hanno dimostrato come le alterazioni nei regimi futuri di precipitazioni, temperatura e umidità del suolo, e nella loro distribuzione spaziale, possano compromettere le condizioni locali per l’agricoltura e sottolineano che «Gli impatti del cambiamento climatico descritti nella pubblicazione sono eterogenei sul territorio africano: risulta ad esempio un marcato processo di inaridimento delle aree agricole del nord-africa, tra Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Qui le precipitazioni irregolari e sempre più sporadiche causano infatti una diminuzione dell’impronta idrica delle colture e con meno acqua a disposizione nel suolo sarà necessario sopperire con l’irrigazione per mantenere la produzione agricola. Nel Golfo di Guinea, invece, l’incremento delle temperature provoca un aumento dell’impronta idrica delle colture, che necessitano di conseguenza di maggiori quantità di acqua a parità di produzione».

Le strategie per affrontare questa difficile situazione sono diverse. A Politecnico ricordano che «Molti studi suggeriscono nell’ottica di un aumento significativo della resa dei raccolti, prime fra tutte l’intensificazione agricola sostenibile. Questa pratica mostra infatti un grande potenziale per soddisfare la domanda alimentare senza provocare ulteriori sconfinamenti, disboscamenti e deforestazioni negli ecosistemi naturali. Tuttavia, non è ancora chiaro in quale misura l’attività descritta possa acutizzare gli impatti sulle risorse idriche e come il cambiamento climatico possa limitarne l’efficacia».

Gli autori dello studio spiegano che «Delle rese più elevate possono contribuire a ridurre la vulnerabilità del sistema agricolo africano e a rinforzare la sicurezza alimentare sul continente, ma richiedono un elevato apporto di acqua per l’irrigazione».

Secondo le stime contenute nello studio, «L’irrigazione delle colture considerate, che coprono più della metà della produzione africana, richiederà un incremento di acqua compreso tra gli 80 – previsione fino al 2040 – e i 100 – previsione fino al 2100 – km3, secondo lo scenario climatico peggiore. Tuttavia, il potenziale aumento della resa osservato è più elevato in quei paesi che oggi soffrono maggiormente di malnutrizione, come il Congo, la Somalia o il Sud Sudan, dove oltre l’80% della popolazione è in condizioni di insicurezza alimentare».

I ricercatori del Politecnico concludono: «Le regioni semiaride in cui l’agricoltura è basata prevalentemente sull’apporto di acqua piovana mostrano in genere il maggiore aumento della resa quando viene fornita acqua da irrigazione. Pertanto, una migliore gestione dell’agricoltura potrebbe rappresentare una strategia affidabile per rafforzare la sicurezza alimentare e di adattamento agli impatti negativi del cambiamento climatico, se abbinata ad un uso responsabile, sostenibile ed efficiente dell’acquaRallentare l’aumento dell’uso dell’acqua in agricoltura è di primaria importanza e qualsiasi strategia finalizzata a questo scopo dovrebbe integrare la sicurezza alimentare e il benessere socio-economico e ambientale senza trascurare le tecnologie, le conoscenze e i mezzi di sussistenza rurali disponibili localmente».