Le truppe irakene riconquistano Ramadi. Prossima offensiva a Mosul, dove andranno gli italiani
Ma la Turchia non ritira i suoi soldati dall’Iraq e accusa Iran e Russia
[28 Dicembre 2015]
L’esercito irakeno, rinforzato da milizie sciite e kurde ha riconquistato Al Ramadi, una grande città a 110 km ad ovest di Bagdad, infliggendo una pesantissima sconfitta allo Stato Islamico/Daesh. In fatti i media irakleni scrivono che «L’esercito iracheno è entrato nell’ex complesso governativo di al Ramadi strappandolo ai militanti estremisti». Le truppe del governo di Bagdad stanno avanzando lentamente perché i quartieri della città sarebbero disseminati di trappole esplosive. La rado internazionale iraniana Irib dice che «I terroristi sostenuti da paesi stranieri, sono fuggiti a nordest della città, che era caduta nelle mani di Daesh lo scorso maggio. Le truppe di Baghdad hanno lanciato martedì scorso un’offensiva per strapparla ai terroristi takfiri e nella serata di sabato sono riuscite a penetrare nel centro della località».
Sabah al-Numan, un portavoce delle forze d’élite antiterrorismo irakene, ha detto all’AFP che «Tutti I combattenti del Daesh sono partiti, non c’è resistenza».
Ramadi è il capoluogo della provincia sunnita di Al-Anbar, la più grande dell’Iraq e che è alla frontiera con Siria, Giordania ed Arabia Saudita, questa città strategica per i traffici petroliferi e i collegamenti con le aree siriane occupate dallo Stato Islamico/Daesh soegre sull’Eufrate in una vallata fertile, cosa che garantiva l’approvvigionamento ai miliziani neri del Daesh.
La riconquista di Ramadi è il simbolo della ritrovata combattività dell’esercito irakeno che era stato fortemente criticato per la sua umiliante ritirata di fronte all’avanzata dei jihadisti del Daesh nel giugno 2014, una fuga che aveva lasciato allo Stato Islamico il controllo di un territorio vastissimo dal quale le milizie nere del Califfato sferravano i loro attacchi verso Bagdad. Ora, grazie anche ai raid aerei della coalizione internazionale a guida USA l’esercito irakeno e i suoi alleati hanno riconquistato Ramadi, rintuzzando il 25 dicembre una disperata controffensiva del Daesh.
Ma, mentre gli irakeni riconquistavano Ramadi, dalla Turchia arrivava una notizia che potrebbe far risalire la tensione tra Bagdad ed Ankara: sconfessando l’impegno preso dal suo ministro degli esteri con irakeni ed alleati occidentali, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che i militari turchi resteranno in Iraq. «Le truppe turche sono in Iraq per fornire una protezione per la formazione delle truppe e continueranno a starci – ha detto Erdogan durante una manifestazione ad Istanbul – I soldati turchi non sono s dispiegati in Iraq come truppe da combattimento. La Turchia è determinata a proseguire il suo addestramento delle forze kurde e arabe». Peccato che, mentre addestra i kurdi irakeni, Erdogan abbia scatenato una vera e propria guerra contro i kurdi in Turchia, assediando diverse città con i blindati e scatenando una vera caccia all’uomo contro i militanti del PKK e di altri movimenti di sinistra.
Un portavoce dell’esercito irakeno, il generale Yakhja Rassul, ha detto che l’Irak ritiene inutile l’aiuto turco per liberare Mosul, la città occupata dal Daesh dal giugno 2014 dove dovrebbero andare truppe italiane – anche loro non richieste da Bagdad – per difendere i lavori di messa in sicurezza di una grande diga. Rassul ha sottolineato che «Il governo non autorizza le truppe straniere a partecipare all’operazione di liberazione di Mosul, no si tratta della partecipazione delle truppe della Turchia o di un altro Stato. Mosul sarà liberata dalle nostre forze».
Il 26 dicembre l’ex sindaco di Mosujl, Atheel Najafi, che ha perso la sua carica dopo l’arrivo del Daesh, aveva scritto sulla sua pagina Facebook che le truppe turche svolgeranno il ruolo principale nella liberazione di Mosul e prima il premier turco Ahmet Davutoglu aveva dichiarato che i soldati turchi resteranno in Iraq fino alla liberazione di Mosul. Ma il primo ministro irakeno, Haider al-Abadi ha promesso di liberare Mosul dai jihadisti con il solo esercito irakeno, dopo la fine delle operazioni a Ramadi.
Ankara all’inizio di dicembre ha inviato centinaia di soldati nel campo di Bashiqa, nel nord de l’Iraq, dicendo che facevano parte di una missione internazionale per formare ed equipaggiare le forze irakene, ma Bagdad ha risposto che nessuno aveva autorizzato i soldati turchi ad entrare in Iraq ed aveva sollevato il caso di fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiedendo un completo ritiro di quelli che considera invasori.
Il 19 dicembre, dopo una telefonata del presidente USA Barack Obama, Erdogan aveva ordinate al suo ministro degli esteri di pubblicare una dichiarazione nella quale la Turchia annunciava il ritiro delle sue truppe da Bashiqa. Ma ora il presidente turco ha cambiato idea e nel suo discorso di Istanbul ha accusato l’Iran e la Russia di proseguire nel loro sostegno mascherato al regime presidente siriano Bashir al-Assad: «Se l’Iran non fosse dietro al-Assad per delle ragioni settarie, può darsi che oggi non discuteremmo di una questione come la Siria». Poi Erdogan ha detto che la Russia utilizza la guerra civile siriana solo con l’obiettivo di rafforzare la sua presenza nella regione del Mediterraneo orientale.