L’impatto dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo
I Paesi del Mediterraneo devono rinnovare i loro sistemi economici, sociali e produttivi
[15 Ottobre 2015]
“La Regione mediterranea e la sfida ai cambiamenti climatici” è l’ultimo dei tre seminari che Edison Open 4Expo ha dedicato, in vista della COP21 Unfccc di Parigi, alla riflessione sul riscaldamento globale e sulle ripercussioni che ha sugli assetti economici, sociali e ambientali e ha posto al centro il Mare nostrum e le sue coste: «Uno degli ecosistemi che più risentono del surriscaldamento terrestre». Il primo appuntamento ha trattato il tema della risorsa idrica e dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla disponibilità e sulla qualità dell’acqua. Mentre il secondo ha analizzato il legame tra cambiamenti climatici e impatti geopolitici.
Un seminario articolato in 3 sessioni: «La prima – spiegano gli organizzatori – affronta la questione dello sviluppo energetico e delle sfide poste dai cambiamenti climatici alla regione mediterranea investigando in particolare le tecnologie disponibili nell’area che consentono di limitare l’impatto ambientale della produzione di energia. La seconda approfondisce il nodo degli investimenti, in termini di priorità e strumenti, e della necessità di definire un quadro normativo stabile. La terza, moderata da Nathalie Tocci vicedirettore dell’Istituto Affari Internazionali, pone a confronto ricercatori e accademici delle due sponde del Mediterraneo lanciando una riflessione da parte di alcuni maggiori Think Tank sui temi del cambiamento climatico e della transizione energetica nel Mediterraneo».
Secondo Bruno Lescoeur, amministratore delegato di Edison, «Il Mediterraneo deve diventare un laboratorio dove sperimentare progetti integrati, che assicurino sia la tutela di un ecosistema delicato e fortemente suscettibile alle variazioni climatiche, sia lo sviluppo energetico, economico e sociale della Regione. Un Mediterraneo sostenibile: questo è l’obiettivo di lungo termine su cui misurare l’efficacia delle piattaforme Euro-mediterranee. Ed è questo il messaggio che vorrei trasmettere alla Conferenza sul clima di Parigi».
Gli effetti dei cambiamenti climatici mettono i Paesi del Mediterraneo di fronte a sfide gigantesche ed alla necessità di rinnovare i loro sistemi economici, sociali e produttivi, cosa che non sarà realizzabile senza intensificare la cooperazione tra le sue sponde mediorientali e africane e quelle europee.
A settembre è stata istituita la prima piattaforma di cooperazione euro-mediterranea sul gas naturale, superando la visione tradizionale di un Mediterraneo diviso fra chi produce e chi consuma energia. A fine 2014 è stata costituita la Piattaforma accademica del Mediterraneo, per sviluppare sinergie tra pubblico e privato nei campi dell’innovazione, della scienza e della cultura.
Edison è convinta che «La lotta ai cambiamenti climatici è un aspetto che deve vedere i Paesi dell’area mediterranea allearsi per un obiettivo comune in vista della COP21. Il Mediterraneo presenta un ecosistema ricco, ma altamente suscettibile al riscaldamento globale. Secondo gli scenari elaborati dall’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici) la temperatura dell’area è destinata a registrare un incremento fino a 2°C entro la metà del secolo, il livello dei mari ad alzarsi dai 6 ai 12cm, le piogge a ridursi di almeno il 10%, mentre aumenterà la frequenza di eventi estremi, come le ondate di caldo, i nubifragi e i cicloni. Questi mutamenti avranno un impatto tanto più forte considerando il trend della crescita demografica: sempre secondo le previsioni dell’IPCC entro il 2020 saranno 525 milioni le persone che abiteranno nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, il 30% in più rispetto ad ora».
Se le città costiere dovranno fare i conti con l’innalzamento del mare, gli Stati dovranno fare i conti con l’eccessiva urbanizzazione del territorio, a cominciare dall’Italia, dove ogni anno il cemento sottrae 500 km2 all’agricoltura. E proprio l’agricoltura è una delle maggiori preoccupazioni en merse dal seminario: «Le crisi idriche, acuite dall’evaporazione e da un’eccessiva salinità delle acque, si ripercuotono sulla quantità e qualità dei prodotti agricoli, e di conseguenza sul loro costo finale. Oggi nel Mediterraneo si concentra (solo) il 12% della produzione mondiale di cereali (essenziali per l’alimentazione umane e l’allevamento) e le previsioni dell’IPCC indicano che il riscaldamento globale diminuisce la resa di queste colture del 2% ogni 10 anni. Nel giro di pochi decenni, dunque, i paesi dell’area potrebbero essere costretti a importare quantità di cibo sempre più rilevanti per far fronte alle proprie necessità. Il riscaldamento terrestre, inoltre, rende più vulnerabili le piante che sono attaccate da funghi e parassiti che ne mettono a repentaglio la sopravvivenza. Dovessero intensificarsi questi fenomeni, i danni per le colture pregiate (olio, vino, frutta) del Mediterraneo sarebbero incalcolabili».
La COP21 Unfccc di Parigi «costituisce un’occasione unica per difendere questo delicato ecosistema e le economie a esso legate – dicono all’Edison Open 4Expo – Sarà il luogo dal cui dovranno arrivare le risposte in termini di nuova strategia di mitigazione delle emissioni climalteranti, in sostituzione di quella di Kyoto del ’97».