Servizi, meglio il pubblico o il privato? Interviene Emilio Molinari

[23 Luglio 2014]

Raccolgo con ritardo la sollecitazione al dibattito su quanto pubblicato il 17 giugno da Luigi Rambelli 
https://archivio.greenreport.it/news/acqua/qualita-costi-dei-servizi-pubblici-pubblico-privato/

Ebbene, all’eterno quesito l’articolo sembra rispondere con la parabola maoista: non importa se il gatto è nero o bianco, basta che prenda i topi…ovvero: “la questione non è la natura pubblica o privata dei servizi e nemmeno le quote azionarie totalmente o parzialmente in mano pubblica”…il problema è la magica evocazione dell’efficienza del servizio.

Gli amministratori che hanno voluto trasformare dal 1992 in poi le municipalizzate prima in SPA e poi in partecipate dai privati, e non dei privati qualsiasi, ma Suez, Veolia, Caltagirone, Pisante, Monte dei Paschi, Unicredit, ecc…questo argomento l’hanno usato ed abusato.
Così come l’hanno usato i detrattori del referendum del 2011 clamorosamente battuti da 27 milioni di italiani.

Dovrebbe essere un punto fermo anche questo, su cui non più “ritmicamente ritornare”.
La sostanza del ragionamento di Rapelli sul superamento delle municipalizzate, considerate un “rimpianto ideologico” e contemporaneamente il giudizio sulle SPA in house e partecipate, considerate una “nuova complicazione burocratica”, ripropone inevitabilmente la scelta implicita di privatizzazione totale e perciò è qui che termina la sua dichiarazione di equidistanza tra pubblico e privato.

Dell’articolo però raccolgo, ma per ragioni molto diverse dall’autore, il richiamo a non congelare l’impegno esclusivamente sulla questione della ripubblicizzazione. Perché ciò riduce il confronto negli ambiti ristretti del localismo, dell’economicismo aziendalistico e nella confusione dell’ingegneria istituzionale che ci ha affitto. ( ATO, Autority, Regioni Atesir ecc….)

Nel movimento dell’acqua, ma lo stesso vizio lo si ritrova anche nell’articolo, per come viene posta la ripubblicizzazione, si riducono gli orizzonti politici al centro dell’agire: il diritto umano all’acqua e il bene comune, che in quanto tale deve essere di tutti.

La lotta alle SPA in house, su cui si è concentrata l’attenzione del movimento, ha limitato il confronto con le amministrazioni locali e le imprese, le ha rese tutte uguali e tutte avversarie.

Tutte indisponibili alla creazione di un fronte ampio, capace di fermare la finanziarizzazione dell’acqua potabile, capace di intervenire sul declino delle istituzioni locali costrette a svendere servizi e beni pubblici e a cui viene sistematicamente sottratto ogni ruolo , persino il compito di formulare le tariffe consegnato all’Autority dell’Energia.

Ma sopratutto determinare un fronte che si impegni a ricreare nei cittadini una cultura del rispetto per ciò che è pubblico (dello Stato si sarebbe detto un tempo), il bisogno di riportare la fiscalità generale alla sua funzione originale di finanziare i servizi essenziali e il dovere collettivo di concorrervi dei cittadini.
Tutto ciò non si fa delegando ogni cosa, prima ancora culturalmente che materialmente, all’idea del privato.
Semmai rimprovero ai movimenti, la poca attenzione a far capire alla politica e agli amministratori che bisogna guardare al mondo e che, ciò di cui stiamo discutendo, non nasce nelle nostre diverse opinioni sulle gestioni aziendali, ma viene da lontano e ci viene imposto. Viene dalla volontà politica di poteri transnazionali e che oggi si esplicita con ancora maggior chiarezza nei trattati di libero commercio USA/UE ( TTIP) e in quello sui servizi pubblici (TISA ), nel Water Beu Print della UE, i quali impongono la privatizzazione di tutti i servizi: acqua, sanità e scuola compresi…e di dare un prezzo al barile d’acqua.
Non è ideologia questa, ma concrete e minacciose politiche all’ordine del giorno dell’Europa per il 2014 -2015.

La ripubblicizzazione dei servizi essenziali se posta in questo contesto , diventa attuale ed ineludibile. Semmai c’è da confrontarsi sul graduale percorso per realizzarla, sulle alleanze possibili con i comuni e le imprese in house, sui tanti contenuti politici e culturali, nazionali e internazionali da portare avanti e sulla necessità di informare una opinione pubblica sempre più lontana da ogni senso di appartenenza alla comunità umana.

Voglio infine assicurare l’autore “che ho l’età per potermi avvalere del ricordo” delle cose buone e cattive del passato. Né mi manca l’esperienza diretta nelle istituzioni a tutti i livelli e una continuativa presenza nei movimenti, di denuncia della corruzione politica e amministrativa, della criminalità, del traffico illegale dei rifiuti ecc…

In virtù di tale memoria, mi permetto di chiudere con la provocazione: Io sono nostalgico delle vecchie Municipalizzate e dei vecchi Consorzi.

E non per ragioni ideologiche.

Ma perché non c’è nulla che dimostri il postulato che “ritmicamente ritorna”, che il privato è sinonimo di efficienza e onestà. Tutto semmai dimostra il contrario: Telecom, Alitalia, Parmalat, Cirio, Fiat, per non parlare di Suez Veolia, tutte salvate ripetutamente dall’intervento pubblico ecc…

Ma perché l’ingresso dei privati e la quotazione in borsa hanno segnato il lento e costante declino dei Comini, del loro rapporto con i cittadini e dell’efficienza stessa dei servizi pubblici locali. In molta parte del paese hanno causato l’aumento delle perdite d’acqua in rete e la caduta degli investimenti sia pubblici che privati. Creato indebitamenti irresponsabili: IREN – A2A – HERA – ACEA

Ma perché ha trasformato gli amministratori pubblici in azionisti privati proiettati sui dividendi, le quotazioni e la conquista dei mercati.

E non lo dice il sottoscritto, ma l’ex presidente di A2A Zuccoli, che ha salutato la nascita di A2A con un: “Ora siamo anche noi dei predatori” e Fassino che al lancio della grande Multiutility del Nord disse:” o conquistiamo i mercati internazionali o…si muore”.

Nostalgia del passato?

Io so che a Milano, Brescia, Trento o Bologna, ecc…le Municipalizzate furono fiori all’occhiello delle città e motivo di orgoglio dei cittadini. Diedero per un secolo alla Città e al Municipio o alla Provincia il senso di essere delle comunità.

Per decenni i cittadini identificarono le loro amministrazioni nei loro servizi pubblici: nel loro acquedotto, nelle loro aziende elettriche, di smaltimento dei rifiuti o nelle loro centrali del latte.
E’ vero dopo tangentopoli si scopre che le buone amministrazioni non ci sono più, ma da ben prima non c’è più nemmeno il privato onesto, efficiente e dedito alla sua azienda….e anche di questo bisognerebbe evitare di essere nostalgici..

Oggi le aziende sono loro stesse prodotti finanziari da giocarsi nel casinò globale. Non giochiamoci almeno i beni fondamentali al vivere civile.

Per me ridare senso comune al valore del pubblico, al valore dei diritti umani e della partecipazione dei cittadini è diventato perciò il compito prioritario.

Ideologia? No! Solo nostalgia della buona politica pubblica!

Emilio Molinari, del Comitato italiano per un Contratto Mondiale sull’acqua