Ancora non è stato individuato il Commissario
Siccità, Meloni ha conferito a Salvini la delega a presiedere la Cabina di regia
La crisi idrica sta già modificando il paesaggio italiano. Anbi: ricadute su economia e turismo
[21 Aprile 2023]
A due settimane dal Consiglio dei ministri che ha approvato il cosiddetto “decreto Siccità”, prevedendo un’apposita Cabina di regia e la nomina di un Commissario straordinario nazionale per la scarsità idrica, la presidente Giorgia Meloni ha conferito oggi al ministro Matteo Salvini la delega a presidere la Cabina.
Si tratta di un atto dato per scontato sin da subito, tant’è che Salvini ha rivendicato per sé questo ruolo sin dal 6 aprile, ma sono servite appunto due settimane per formalizzarlo. In compenso ancora non ci sono indicazioni su chi sarà chiamato ad esercitare il ruolo operativo di Commissario, come sui relativi interventi (e risorse) da mettere in campo.
Nel frattempo però la siccità continua ad aggravarsi, incidendo ormai in modo significativo sulla conformazione del paesaggio. I cambiamenti più marcati sono soprattutto al nord, come dettaglia l’ultimo Osservatorio settimanale sulle risorse idriche dell’Anbi, l’associazione che riunisce i Consoirzi di bonifica a livello nazionale.
«Se alcune zone del Piemonte sono tecnicamente a rischio desertificazione ed il giallo delle ampie distese di colza testimonia la trasformazione agricola padana, la crisi climatica sta comportando modificazioni epocali – evidenzia l’Anbi – per le aree costiere del nordest italiano, dove decine di chilometri di ingressione marina (chiamarlo cuneo salino è ormai riduttivo) sta trasformando l’habitat, contaminando le falde superficiali e costringendo alla chiusura delle prime prese irrigue secondo una prassi che, perdurando le attuali condizioni, interesserà prossimamente anche attingimenti per usi potabili. “Non piove sul Piave” è una suggestione, che sta ad indicare come piogge sporadiche, per quanto utili a ristorare il territorio, non siano certo sufficienti a contrastare la salinizzazione di aree che, strette fra bracci fluviali, si stanno trasformando in autentiche penisole marine: cambiano flora e fauna, ma anche le tradizionali attività agricole e lagunari»..
Come sottolinea il presidente Anbi, Francesco Vincenzi, quanto sta accadendo al nord «incide sull’economia di territori, fortemente legati alle attività del settore primario. Le forti valenze turistiche, che li caratterizzano, trovano un elemento distintivo proprio in quelle peculiarità».
Che fare? Da tempo Anbi – insieme a Coldiretti – propongono di realizzare un “piano laghetti”, per trattenere più acqua quando piove. Ma servono tempo e soldi – la prima tranche del piano prevede investimenti per 3,2 mld di euro – ed è dunque necessario agire su più fronti puntando sulle soluzioni basate sulla natura (Nbs), ad esempio rinaturalizzando i fiumi e la rete idrica superficiale, o realizzando “città spugna” e Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde.
«Disseminare il territorio di nuovi invasi non è la risposta – dichiarano nel merito le principali associazioni ambientaliste italiane – Nessuna opposizione “ideologica”, ma sono una soluzione che ha molte controindicazioni per cui è semplicemente scriteriato affidarsi esclusivamente ad essi, soprattutto se non si tratta più dei “laghetti” collinari di piccole dimensioni richiesti da alcune associazioni di categoria bensì di vere e proprie dighe».
Secondo gli ambientalisti la prima azione necessaria è ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, partendo dal presupposto che il luogo migliore dove stoccare l’acqua è la falda, ogni qual volta ce n’è una. Occorre poi mettere in campo una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, ampliando il ventaglio delle soluzioni praticabili oltre gli invasi.
A partire dalla necessità di ammodernare i vetusti acquedotti italiani – il 60% è in funzione da più di 30 anni –, che perdono oltre il 40% della risorsa idrica che trasportano (anche a causa di scarsi investimenti nel servizio idrico, pari a 56€ annui procapite contro una media Ue di 82€). Al contempo, è urgente sostenere un cambiamento sul fronte dell’agricoltura – che assorbe il 55% di tutta l’acqua consumata in Italia –, promuovendo il riuso in ambito irriguo delle acque reflue, orientando al contempo agricoltori verso colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti.
Senza dimenticare che la siccità si affronta sul serio solo risalendo alle sue cause, ovvero la crisi climatica in corso. Riducendo le emissioni di gas serra e realizzando più impianti rinnovabili.
Una consapevolezza che sembra però mancare al ministro Salvini. Il leader politico della Lega si è infatti distinto per numerose posizioni negazioniste nei confronti della crisi climatica in corso: Salvini nel 2016, da eurodeputato, votò contro la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima – la roadmap globale contro la crisi climatica – per poi continuare a deridere il tema negli anni successivi (ad esempio qui, qui e qui).