SOS Po: ripensare la gestione, favorire la transizione ecologica, tutelare gli ecosistemi fluviali e la risorsa idrica

Documento di Legambiente in 8 punti per la tutela del fiume in pericolo

[11 Luglio 2022]

Oltre 74.000 km2, quanto un quarto dell’intero territorio nazionale, 17 milioni di abitanti, 6 regioni e una provincia autonoma attraversate: sono i numeri del bacino del Fiume Po, il più grande d’Italia, che, sottolinea Legambiente, «Al suo interno custodisce ben 684 siti Natura 2000 e 420 aree naturali protette, oltre che siti riconosciuti patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.  Un ecosistema prezioso messo però a dura prova, in questi ultimi mesi, da una delle peggiori crisi idriche di sempre, che ha fatto registrare livelli allarmanti con -0,88 metri a Piacenza e -7,16 metri a Pontelagoscuro (FE). Una crisi che, di riflesso, determina anche l’ingressione del cuneo salino, ossia l’ingresso di acqua di mare anche nelle falde e nelle aree lagunari, quest’anno arrivata a 30 km dalla foce. Elementi che vanno a inserirsi in un quadro complessivo già fortemente compromesso, con temperature che nel bacino del Po, negli ultimi 30 anni, sono cresciute a un tasso più elevato della media (+2,5 gradi centigradi) e precipitazioni in notevole calo (-20%),

Per questo, in occasione del Big Jump 2022 – l’iniziativa promossa dall’European Rivers Network per riavvicinare i cittadini a fiumi, laghi e zone umide attraverso un unico “grande tuffo” cui Legambiente ha aderito con decine di eventi in tutta Italia puntando l’attenzione sull’emergenza siccità che colpisce tutti i fiumi da Nord a Sud – l’associazione ambientalista ha presentato un documento di proposte in 8 punti per la riqualificazione del Fiume Po e dell’intero bacino, su cui intende avviare un confronto e una discussione con tutti i soggetti interessati.

Il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, ha spiegato che «Per tutelare l’ecosistema, l’economia delle regioni del bacino padano e la vita delle comunità fluviali, occorre un approccio integrato che tenga in considerazione tutti gli aspetti legati all’utilizzo e alla conservazione delle risorse del territorio. E’ evidente che questa crisi, peraltro annunciata dalle scarse nevicate invernali e piogge primaverili, è un effetto diretto della crisi climatica in atto. E, con un’alterazione anche di un solo grado in più, il ciclo dell’acqua cambia: i ghiacciai delle montagne perdono spessore e lunghezza, il permafrost si degrada, le precipitazioni variano. Dovremo dunque imparare a convivere con una minore disponibilità d’acqua dolce e con eventi estremi sempre più frequenti; piogge torrenziali e siccità sono due facce della stessa medaglia che devono entrare nella pianificazione e nella programmazione di uso delle risorse, a partire da quelle del PNRR, considerando lo stato del fiume in senso ecosistemico».

Il documento del Cigno Verde prende in considerazione il Po «Non soltanto come corso d’acqua da rappresentare mediante parametri idraulici e da gestire attraverso infrastrutture e opere di difesa – che non di rado hanno compromesso la qualità dell’ambiente fluviale – ma come caratterizzato dalla presenza di aree naturali protette, siti d’interesse comunitario, riserve riconosciute per le loro potenzialità di sviluppo sostenibile delle comunità che vivono il fiume e la loro positiva interazione con l’ecosistema fluviale stesso».

Ecco gli 8 punti di Legambiente:

PNRR e riqualificazione del Fiume PO. Il progetto di Rinaturazione dell’area del Po, finanziato con 357 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e finalizzato alla riqualificazione del Fiume attraverso il recupero della biodiversità e un uso più efficiente e sostenibile della risorsa idrica, deve essere una opportunità per riqualificare l’ecosistema fluviale del Po fortemente compromesso dalle opere di difesa idraulica e dalla mancanza di una visione unitaria e di un’effettiva regia nella gestione complessiva (aspetti idraulici, ambientali, economici e naturalistici). Gli interventi prevedono il restauro ecologico di 56 aree del tratto mediano e del delta del fiume. Sebbene non siano stati adeguatamente condivisi con le comunità e le istituzioni locali, rappresentano una formidabile opportunità che non può essere sprecata ma deve essere l’occasione per rafforzare la sinergia con altre misure previste dal PNRR (quelle dedicate alle green community e alle comunità energetiche) e integrarsi efficacemente con gli interventi per il delta del Po finanziati con il Fondo Complementare.

Agricoltura. Occorre attuare subito interventi di miglioramento dell’uso agricolo dei suoli che tengano conto delle esigenze del Fiume e della mutata disponibilità di acqua. Per farlo è necessario ridurre gli impatti della zootecnia e dell’agricoltura intensiva, puntare sull’utilizzo di sistemi di irrigazione a bassa portata come quelli a goccia e investire sulla scelta di colture non idroesigenti per ridurre drasticamente i prelievi. Per accrescere le capacità di accumulo e trattenimento dell’umidità nei terreni è fondamentale la conservazione della fertilità del suolo e la promozione di buone pratiche per il risparmio idrico, come le lavorazioni conservative, le cover crops o la pacciamatura. È molto importante anche la corretta gestione dei boschi dei territori montani e submontani che fanno parte del bacino idrografico del Fiume Po, perché solo con la loro cura e tutela si può consentire di avere versanti stabili in grado di fornire un contributo alla regimazione delle acque meteoriche incrementando la capacità di ritenuta idrica del suolo. È altresì fondamentale realizzare un bilancio idrico che consenta di rapportare le richieste di utilizzo della risorsa idrica da parte delle attività agricole all’effettiva disponibilità.

Natura. E’ necessario rafforzare la tutela naturalistica del Fiume, potenziando l’attuale sistema di aree protette con la realizzazione del Parco nazionale del Delta del Po, che trasformi in un’unica area protetta le due aree regionali già istituite, e l’istituzione di un Parco interregionale per il corso mediano del Po, dove sono già presenti 42 Siti della rete Natura 2000 che devono essere messi a sistema per realizzare un’area protetta in grado di tutelare maggiormente i territori interessati dalla presenza di habitat e specie di interesse comunitario. Si tratta di una scelta in linea con gli obiettivi della Strategia dell’UE per la biodiversità al 2030, che prevede di tutelare il 30% del territorio e garantire la riqualificazione e riconnessione di almeno 25000 km di fiumi europei. Gli interventi di tutela della biodiversità devono essere più incisivi, applicando soluzioni basati sulla natura (NBS – Nature Based Solutions) per migliorare gli habitat e la connessione ecologica del fiume, garantire un miglior controllo delle specie alloctone (fauna ittica e vegetazione) e favorire l’applicazione dei principi della gestione forestale sostenibile per favorire lo sviluppo naturale della vegetazione ripariale. Occorre, infine, che si potenzi il coordinamento tra le aree MAB UNESCO presenti lungo l’asta fluviale (Riserva Colline del Po, Riserva Po Grande, Riserva Delta del Po): tali riserve svolgono un ruolo complementare a quello delle aree protette, garantendo una forte azione di tutela e valorizzazione dell’ecosistema fluviale e creando maggiore sinergia tra le comunità e gli stakeholder di queste aree, per aumentare così la partecipazione e la consapevolezza dei cittadini e favorire un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente.

Navigazione commerciale. Gli interventi idraulici necessari a garantire la navigazione commerciale del Po sono tra le cause della canalizzazione e artificializzazione del fiume. Un fenomeno che comporta inevitabilmente lo scorrimento più veloce dell’acqua verso il mare e quindi l’impossibilità di creare dei bacini naturali di conservazione e infiltrazione della risorsa idrica nel sottosuolo.

Difesa dalle acque. Se da una parte occorre evitare la realizzazione di opere idrauliche che compromettano la sicurezza e la qualità dell’ambiente fluviale a valle, d’altra è necessario assicurare la cura dei manufatti, rimuovere le artificializzazioni inutili o dannose e tutelare le aree di esondazione, provvedendo a ricostruire il demanio idrico e restituendo gli spazi golenali alla libera divagazione del fiume.

Difesa dal cuneo salino. Va superata la concezione delle barriere contro l’ingresso dell’acqua salata: occorre invece pensare a bacini disperdenti in pianura in prossimità delle aree sabbiose che favoriscono la ricarica, per aumentare la quantità di acqua dolce nel Po e nei canali.

Inquinamento. La qualità delle acque del Po, sebbene migliorata rispetto al passato soprattutto nella parte mediana e terminale, continua a non essere buona. Mentre in alcune aree si riscontrano inquinanti di provenienza zootecnica, in altre si trovano ancora erbicidi e fungicidi non più in commercio ad indicare l’accumulo di queste sostanze nei terreni e il loro lento rilascio nei corpi idrici le cui acque vengono raccolte dal Fiume. Occorre un maggiore sforzo per migliorare i sistemi di depurazione degli scarichi industriali e civili, ed un particolare impegno per affrontare il problema dei reflui zootecnici.

Deflussi idrici e concessioni. Va garantito il corretto deflusso ecologico del Po e dei suoi affluenti e va assicurata la necessaria divagazione dell’alveo, anche per invasare e conservare la risorsa idrica in modo naturale. Occorre garantire la depurazione delle acque, aggiornare le concessioni di prelievo (di cui non si conoscono i dati reali), aggiornare le tariffe idriche e i canoni e abolire le tariffazioni forfettarie.