Ue, le Ong possono impugnare le autorizzazioni a estrarre acqua per la produzione di neve
[18 Ottobre 2017]
Un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debitamente costituita può impugnare l’autorizzazione a estrarre acqua per la produzione di neve: lo ricorda l’avvocato generale europeo Eleanor Sharpston in riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte amministrativa dell’Austria.
La questione ha inizio quando la società Aichelberglift Karlstein GmbH ottiene l’autorizzazione a estrarre acqua dal un fiume l’Einsiedelbach per un impianto di innevamento in una stazione sciistica in Austria. In seguito, la domanda di autorizzazione dell’Aichelberglift viene esaminata in un procedimento amministrativo separato dove la Protect Natur‑, Arten‑ und Landschaftsschutz Umweltorganisation, un’Ong per la tutela dell’ambiente, solleva eccezioni contro il progetto. Eccezioni respinte e impugnate senza successo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Bassa Austria. Il Tribunale ha dichiarato che la Protect non beneficiava della qualità di parte del procedimento amministrativo in quanto non ha sollevato eccezioni contro la domanda tempestivamente, vale a dire, al più tardi, il giorno precedente la trattazione orale o nel corso della trattazione stessa. La Protect ha quindi perso la qualità di parte.
La questione approda alla Corte amministrativa dell’Austria la quale chiede alla Corte Ue se la direttiva quadro in materia di acque riconosca ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, nell’ambito di un procedimento non soggetto a valutazione dell’impatto ambientale la possibilità di agire in giudizio in base alla Convenzione di Aarhus.
Nel diritto austriaco, il ricorrente è legittimato ad agire in procedimenti amministrativi o giurisdizionali solo se è titolare di diritti soggettivi sostanziali di cui afferma la violazione. Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente non possono soddisfare, per loro natura, la condizione della titolarità di diritti sostanziali. Ciò rende virtualmente impossibile per organizzazioni di tal genere impugnare un provvedimento amministrativo dinanzi a un’autorità amministrativa o a un giudice, indipendentemente dalla diligenza con cui agiscono o dalla pertinenza delle osservazioni che intendono presentare. Da ciò sembra derivare che neppure i singoli titolari di diritti potrebbero proporre ricorso affermando la violazione di una disposizione destinata a tutelare l’ambiente in quanto tale o di una disposizione che tutela l’interesse pubblico, quale il divieto di deterioramento della direttiva quadro in materia di acque. Sembra quindi che salvo i casi in cui i diritti sostanziali dei singoli coincidano con l’interesse pubblico e detti singoli decidano di proporre ricorso per far rispettare tali diritti dinanzi a un’autorità competente o a un organo giurisdizionale, nessuno possa agire a tutela dell’ambiente.
Ma le organizzazioni per la tutela dell’ambiente sono espressione dell’interesse pubblico e collettivo. Esse riuniscono le rivendicazioni di una pluralità di individui in un’unica azione, agiscono quale filtro e mettono a disposizione le loro conoscenze specialistiche.
I singoli interessati da un progetto avente un impatto ambientale sono naturalmente legittimati ad agire per difendere i propri beni o altri interessi da danni potenziali che un progetto potrebbe causare. Se alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente viene negata la legittimazione ad agire per chiedere a un giudice di verificare se un provvedimento amministrativo è conforme agli obblighi che vincolano gli Stati membri, come quelli derivanti della direttiva quadro in materia di acque, l’ambiente – ossia, l’interesse pubblico – sarà rappresentato e difeso in modo inadeguato.
Le organizzazioni quindi svolgono, cruciale nella protezione del patrimonio ambientale comune. Non a caso la Convenzione di Aarhus prevede il riconoscimento degli interessi delle organizzazioni che promuovono la tutela dell’ambiente garantendo a loro e ai singoli l’accesso a meccanismi giudiziari efficaci al fine di tutelare l’ambiente e assicurare il rispetto della legge.
La Corte ha riconosciuto che il diritto ambientale dell’Unione riguarda, per la maggior parte, l’interesse pubblico e non semplicemente la tutela degli interessi dei singoli in quanto tali. “Non possono comparire in giudizio né l’acqua né i pesci che vi nuotano. Analogamente, gli alberi non sono legittimati ad agire”. “L’ambiente naturale appartiene a tutti noi e della sua protezione siamo responsabili collettivamente”.