Verso dissalatori più verdi, efficienti ed economici
La Stanford University ha progettato un nuovo dispositivo in grado di trasformare la salamoia in sostanze chimiche di valore commerciale
[10 Luglio 2020]
Molte regioni aride e costiere e isole di tutto il mondo si affidano alla desalinizzazione per ottenere acqua potabile dal mare o da paludi salmastre. Questa dipendenza aumenterà man mano che il cambiamento climatico farà aumentare la siccità e la scarsità d’acqua. Lo studio “Validation and Mechanism of a Low-Cost Graphite Carbon Electrode for Electrochemical Brine Valorization”, pubblicato su ACS Sustainable Chemistry & Engineering da Linchao Mu, Yichong Wang e William Tarpeh del Department of chemical engineering della Stanford University, illustra un nuovo approccio a un vecchio problema. Infatti, i ricercatori della Stanford hanno creato un dispositivo che «potrebbe rendere la conversione dell’acqua di mare in acqua dolce redditizia e rispettosa dell’ambiente».
Lo studio delinea un metodo efficiente per trasformare, durante il processo di desalinizzazione, l’acqua con concentrazioni molto elevate di sale e contenente sostanze chimiche – la salamoia – in sostanze chimiche di valore commerciale. Alla Stanford evidenziano che «L’approccio evita la necessità di smaltire sostanze chimiche potenzialmente pericolose negli ecosistemi locali».
Secondo Tarpeh, «La dissalazione potrebbe essere un potente strumento per mitigare la scarsità d’acqua in tutto il mondo, ma è limitata dai costi energetici e monetari per il trattamento e dalla gestione della salamoia. Reimmaginando la salamoia come risorsa, miriamo a incentivarne la raccolta e il trattamento prima della dimissione».
In tutto il mondo i dissalatori producono circa 27 miliardi di litri di acqua potabile al giorno, più del totale giornaliero utilizzato da tutte le famiglie degli Stati Uniti. Ma questo approccio a prova di siccità per convertire acqua salmastra o salata in acqua potabile è costoso perché richiede molta energia e, in media, produce anche circa una volta e mezza più salamoia dell’acqua potabile. E la salamoia scaricata in bassi fondali con scarso ricambio di acqua e correnti può diventare un problema.
I ricercatori della Stanford hanno progettato e testato un dispositivo che divide i componenti della salamoia attraverso un metodo chiamato electrochemical water-salt splitting che «Separa la salamoia in sodio caricato positivamente e in ioni di cloro caricato negativamente con l’utilizzo di una cella elettrochimica, un dispositivo che impiega energia elettrica per dare il via alle reazioni chimiche. Una volta spezzati i legami, sodio e cloro si combinano con altri elementi per formare nuove sostanze chimiche tra cui idrossido di sodio, idrogeno e acido cloridrico. L’idrossido di sodio, noto anche come liscivia, viene utilizzato nella fabbricazione di molti prodotti tra cui sapone, carta, alluminio, detergenti ed esplosivi. L’idrogeno viene utilizzato principalmente per scopi industriali come la produzione di fertilizzanti e lo stoccaggio e lo stoccaggio di energia. L’acido cloridrico è ampiamente utilizzato nelle industrie commerciali come componente nella produzione di batterie, come additivo alimentare e persino nella lavorazione della pelle. Ha anche l’ulteriore vantaggio dell’utilizzo in loco per la pulizia degli impianti di dissalazione».
La concentrazione delle sostanze chimiche prodotte dal dispositivo è 100 volte inferiore a quella necessaria per l’uso commerciale, ma l’autore principale dello studio, Linchao Mu, evidenzia che «La nostra ricerca è stata in grado di identificare un progetto che non solo costa meno, ma supera anche i metodi convenzionali di scissione dell’acqua. Queste intuizioni possono migliorare la progettazione della dissalazione per risparmiare sui costi operativi e produrre entrate».
Il nuovo approccio potrebbe anche contribuire a ridurre i costi di smaltimento della salamoia, che possono rappresentare fino a un terzo delle spese totali della dissalazione ed evitare i possibili danni ambientali. Infatti, come spiegano i ricercatori, in alcune particolare condizioni, «Gli attuali metodi di smaltimento della salamoia possono causare picchi di salinità e acidità insieme a condizioni di carenza di ossigeno nei corsi d’acqua dolce, che uccidono o allontanano le specie animali e vegetali».
i ricercatori sottolineano che lo studio «E’ un primo passo nel fornire una base per informare la progettazione e il funzionamento futuri dell’electrochemical water-salt splitting» e hanno in programma di continuare il loro lavoro collaborando con gli impianti di desalinizzazione per far progredire l’efficienza energetica e dei costi.
«In definitiva – conclude Tarpeh – questo esemplifica la nostra visione di progettare un trattamento delle acque che recuperi prodotti preziosi da flussi di “rifiuti” utilizzando separazioni selettive».