Riceviamo e pubblichiamo
Mentre il mercato della canapa industriale fiorisce altrove, in Italia «condanne zero ma l’intero settore è bloccato»
Domani il dossier di Federcanapa nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, per una svolta della politica nazionale sulla canapa
[3 Febbraio 2020]
Il mercato della canapa industriale fiorisce in America, Cina, Australia e in vari Paesi del Nord Europa, ma l’Italia resta alla finestra, bloccata da normative incomplete e confusione di idee su canapa industriale e droga. La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del maggio scorso ha favorito ulteriormente comportamenti e interpretazioni divergenti all’interno delle stesse forze dell’ordine e della magistratura. Risultato: condanne zero, ma un intero settore bloccato!
Anche la stampa favorisce la confusione dell’opinione pubblica quando riassume le proposte per regolamentare le infiorescenze della canapa industriale sotto il termine ambiguo di ‘cannabis light’, che
evoca qualcosa che è pur sempre droga, anche se in forma leggera.
Federcanapa presenta martedì prossimo a politici e operatori economici un Dossier, predisposto con l’aiuto dei suoi esperti, per fare chiarezza sui confini tra canapa e stupefacenti e per indicare le modifiche normative per sbloccare un settore agricolo e industriale nazionale dalle grandi potenzialità.
Partecipano all’incontro il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate, i parlamentari Susanna Cenni e Filippo Gallinella, rispettivamente Vicepresidente e Presidente Commissione Agricoltura alla Camera, Giuditta Pini, Riccardo Magi e il senatore Francesco Mollame, nonché i dirigenti di alcuni importanti gruppi industriali italiani.
Dati in sintesi sugli interventi repressivi e sulle sentenze del 2019
1) sequestri presso aziende agricole: circa 50 casi noti a Federcanapa (ma è una stima per difetto) in cui è stato contestato il reato di produzione stupefacenti per la semplice presenza di biomassa raccolta nel magazzino. In alcuni casi sequestri di intere aziende. In altri casi piante strappate, raccolto perso, aziende che cessano di coltivare canapa.
Caso emblematico nel Viterbese: un tecnologo alimentare coltiva n. 1 (una!!) pianta con regolare cartellino e fattura ed acquista alcuni sacchetti di canapa da vari fornitori per fare ricerca per sperimentazione liquore, come da contratto. Arrivano i Carabinieri, strappano la pianta, perquisiscono casa, auto e sequestrano le poche bustine e il minimo raccolto. Dopo 2 anni ancora pendente procedimento penale per produzione stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio in quanto nessuno, nonostante le istanze, ha ancora deciso se archiviare o andare a processo.
2) provvedimenti contro commercianti: oltre 100 casi, sequestri e procedimento avviato per spaccio, molte istanze di riesame accolte, molte archiviazioni (caso particolare di Taranto che coinvolgeva 56 soggetti). Giurisprudenza divisa tra chi applica principio dello 0,5% come soglia per l’efficacia drogante per cui i procedimenti sono state accolte le istanze di riesame e/o i procedimenti terminati con l’archiviazione (Tribunali di Genova, Salerno, Avellino, Catania, Novara, Livorno, Lucca, Ancona) e tra chi vorrebbe sostenere il principio secondo cui non vi sarebbe un parametro in termini percentuali in assoluto per determinare l’efficacia drogante, bensì esso andrebbe valutato in termini di peso/quantità. E’ il caso del Tribunale di Parma (11 soggetti indagati) poiché, avendo sequestrato prodotti per un totale di alcune centinaia di kg, si potrebbe ipotizzare comunque l’efficacia drogante della canapa qualora estratta dall’intera massa il principio attivo con il butano. Secondo tale principio, ispirato a sentenze che avevano ad oggetto casi di eroina e cocaina, qualsiasi produttore che coltivi o trasformi qualche centinaio di piante industriali diventa di fatto uno spacciatore! Hanno seguito tale linea alcuni Tribunali tra cui Parma, Reggio Emilia ed Alessandria.
Bilancio 2019 a nostra conoscenza: 2 assoluzioni definitive, molte archiviazioni e 0 condanne a fronte di centinaia di analisi e costi… Altri procedimenti penali tuttora in corso.
Caso emblematico a Livorno: i Vigili Urbani (!) sequestrano canapa in un esercizio commerciale (90 bustine). Il tribunale accoglie l’istanza di riesame per la restituzione della merce sequestrata, ma la merce non può essere restituita perché le bustine da 1 grammo sono state tutte aperte per eseguire le analisi. Viene fatta perizia su tutti i campioni; dopo 6 mesi la Procura constata che nessuna bustina ha efficacia drogante e chiede l’archiviazione… nel frattempo l’imprenditore ha cessato l’attività a Livorno.
3) semi di canapa: nella sola città di Roma circa una decina di casi di sequestro indistinto di prodotti alimentari a base di semi di canapa (pasta, farina, olio, biscotti, taralli, cioccolata ecc.) con le seguenti motivazioni: – non era specificato che si trattativa di ‘farina di semi di canapa’ negli ingredienti, ma solo ‘farina di canapa’… – in alcuni casi si sosteneva che neppure i semi fossero alimenti perché non era stato emanato ancora il decreto sui limiti di THC negli alimenti, come se questo ritardo fosse colpa del commerciante. Il procedimento amministrativo, che coinvolge il Ministero delle politiche agricole (Mipaaft, dipartimento ICQRF), dopo le osservazioni presentate dal difensore dei commercianti, è ancora pendente sine die senza alcuna notizia…
4) ordinanze di sindaci: 3 casi di Sindaci sceriffi (Mondovì, Sesto San Giovanni e Porto Azzurro) che con ordinanze o delibere comunali hanno vietato la commercializzazione di cannabis nel Comune. A Mondovì e Sesto San Giovanni le ordinanze sono state ritirate dopo il ricorso al TAR per evitare il giudizio. A Porto Azzurro invece l’amministrazione ha pensato bene di andare oltre, vietando anche la coltivazione di canapa di qualsiasi tipo, in palese violazione della legge sulla canapa industriale (242/2016). Ad oggi risultano pendenti sia le indagini preliminari dopo l’esposto presentato presso la Procura della Repubblica di Livorno sia il ricorso al TAR, in attesa di fissazione udienza.
5) sequestri di biomassa alle Dogane: da segnalare due casi in positivo (Ancona e Como) dove tutto si è risolto in poche settimane, grazie al dialogo ed alla corretta comprensione della fattispecie da parte dell’Autorità Giudiziaria; è stata riconosciuta la legittima finalità agro-industriale della biomassa sequestrata.