Dubbi e possibilità in 10 punti
Le super fattorie salveranno il mondo dalla fame?
[27 Novembre 2013]
Oggi nel mondo 842 milioni di esseri umani soffrono la fame. Nel 2050, la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i 9 miliardi di abitanti. La domanda di prodotti alimentari è quindi condannata ad aumentare e, con lei, la produttività agricola. Da dove proverranno questi aumenti di produttività? Per decenni gli esperti hanno giudicato che l’agricoltura familiare su piccola scala fosse più produttiva che degli sfruttamenti di grandi dimensioni e migliore anche per ridurre la povertà. Oggi, i sostenitori dell’agricoltura su grande scala mettono in evidenza i suoi vantaggi — possibilità di avere investimenti colossali, mobilitazione di tecnologie innovative ed enorme potenziale di esportazione — mentre i suoi detrattori mettono in guardia sui suoi effetti nefasti per l’ambiente, la salute animale e la situazione economica e sociale, soprattutto nei Paesi con istituzioni fragili. Le condizioni spesso scandalose e i devastanti effetti sociali del “land grab” sono perfettamente accertate, soprattutto nei Paesi che conoscono un’insicurezza alimentare.
Da parte sua, lo sfruttamento agricolo su grande scala – in particolare quello conosciuto come “super farm” – può concorrere a soddisfare la domanda alimentare o è un ostacolo? Ecco 10 questioni per permettervi di fare una migliore cernita degli impegni. Sono al centro dell’ultima edizione del Food Price Watch, il rapporto trimestrale della Banca mondiale sui prezzi alimentari.
1. Cosa sono le super fattorie? Nessun criterio di superficie minima (o di dimensione del bestiame) viene davvero considerato per definire una “super-fattoria”. Alcuni fissano la soglia a 500 ettari (ha) mentre altri piazzano il limite tra 10.000 e 15.000 ha. Nella savana brasiliana, la superficie media è di 1.000 ha ma un buon numero di agricoltori supera i 10.000 ha, la dimensione media di una piantagione di olio di palma tipica dell’Asie del Sud. Nell’’Africa subsahariana, alcune aziende superano i 100.000 ha, mentre nella Federazione della Russia possono superare i 300.000 ha.
2. Queste fattorie giganti hanno tutte le stesse caratteristiche? No, perché l’eterogeneità è la norma, sia in termini di capitali investiti (stranieri, nazionali o misti; private, pubblici o 50/50), di modi di sfruttamento (in concessione o in proprietà), di modello di produzione (concentrazione delle terre o piccoli contadini indipendenti), di profondità di tipi di integrazione(verticale o orizzontale), ecc. Ma le mega-fattorie hanno tre punti in comune: la scala di funzionamento, l’ampiezza dei flussi di investimento ed un orientamento apertamente commerciale e lucrativo.
3. Super fattorie e land grabbing vanno di pari passo? No, Oxfam definisce l’accaparramento delle terre come l’acquisizione di beni fondiari che implica uno o più dei seguenti elementi: violazione dei diritti umani; assenza di consultazione delle persone interessate, senza vero consenso ed in segreto; assenza di una valutazione seria degli impatti sociali, economici ed ambientali; assenza di contratti aperti e trasparenti; non tenere conto di una partecipazione significativa. Ma non tutte le grandi transazioni fondiarie agricole comportano questi tipi di comportamenti e non tutte sono illegali.
4. Le super fattorie sono un fenomeno proprio dei Paesi in via di sviluppo? No, il fenomeno esiste dappertutto, dagli Stati Uniti, all’Australia alla Regno Unito, passando per i Paesi a reddito intermedio come il Brasile, il Cile o il Vietnam e i Paesi fragili come la Repubblica democratica del Congo (Rdc), la Liberia o il Sudan, per citarne qualcuno. Queste fattorie giganti non implicano più e non più unicamente degli investimenti dei Paesi ricchi nei Paesi in via di sviluppo: la Cina si è lanciata nello sfruttamento agricolo su grande scala in Africa e sul proprio territorio; il Brasile negozia con il Mozambico parallelamente alle sue super-aziende nella savana; Trinidad e Tobago sta riflettendo sull’organizzazione di un tale sistema in Guyana.
5. Quali sono i vantaggi delle super fattorie in rapporto alle piccole fattorie? Per decenni gli esperti hanno giudicato che le piccolo aziende agricole familiari fossero più produttive delle grandi fattorie commerciali. I piccoli contadini sono in generale più motivati dei lavoratori giornalieri, più autonomie meglio informati delle condizioni locali. Le piccole aziende agricole sono anche più capaci di adeguare la domanda di manodopera alle variazioni stagionali ed annuali. Ma le grandi imprese agricole presentano numerosi vantaggi: possono acquistare e trattare a minor costo le informazioni e le tecnologie ed ottenere più facilmente delle certificazioni per la sicurezza, l’ambiente e/o l’identificazione dei prodotti agricoli. In alcuni casi, compensano le mancanze dello Stato costruendo per esempio loro terminal portuali per inviare le loro esportazioni. Hanno così accesso ai mercati internazionali dei capitali e conducono loro attività di ricerca e sviluppo.
6. Quali sono i problemi associati alle super fattorie? La lista è abbastanza lunga: nel caso di corruzione e di debolezza della governance fondiaria e delle istituzioni, gli investimenti intrapresi senza compensazione rendono più fragili gli utilizzatori tradizionali e provocano delle ineguaglianze sul piano della proprietà fondiaria. Senza parlare delle minacce per l’ambiente, a causa dell’abbattimento delle foreste tropicali o dello scarico non controllato di affluenti o di altri rifiuti inquinanti, delle condizioni sanitarie a volte inquietanti, potendo la prossimità facilitare la propagazione di epidemie, e dei rischi sanitari per degli animali che non sono mai o raramente in libertà. Quanto alla speculazione fondiaria, è denunciate dalla società civile e da altri stakeholders, che si basano su dati sempre più numerosi che attestano l’assenza di risultati concreti sul terreno dopo l’acquisizione massiccia di terre o un aggravamento delle ineguaglianze e del degrado delle risorse.
7. Le super fattorie hanno un impatto positive sulla povertà e il lavoro? I dati hanno dimostrato che le aziende agricole su piccola scale e familiari possono ridurre la povertà e migliorare il lavoro. Sono grosse utilizzatrici di manodopera e rafforzano la sicurezza alimentare nelle zone più povere. Ma questo non vuol dire che le mega-aziende agricole non hanno effetti sulla povertà. Se gli elementi in materia sono sfortunatamente lacunosi, dei dati mettono in evidenza la creazione di sbocchi professionali ed economici soprattutto in Brasile, Indonesia, Liberia, Perù e Ucraina. Gli effetti sembrano d’altronde maggiori quando l’azienda lavora prodotti che esigono molta manodopera, come la palma da olio, la canna da zucchero, gli alberi del caucciù e la jatropa. Ma gli studi segnalano anche un aggravamento delle diseguaglianze dei redditi e dei costi sul piano sociale (come le spese mediche accresciute legate a delle patologie respiratorie provocate dall’inquinamento dell’aria). Comunque sia, nessuno di questi vantaggi né di questi inconvenienti ha un carattere automatico od intrinseco. Bisogna riunire gli elementi probanti.
8. Le super fattorie possono coesistere con la piccolo agricoltura? Le organizzazioni internazionali pensano abitualmente che le due forme di agricoltura possono coesistere, perché offrano dei vantaggi comparati differenti secondo la disponibilità delle terre e della manodopera, il funzionamento delle istituzioni ed i diritti di proprietà ma anche il tipo di coltivazioni e l’ampiezza dei gap di rendimento. Più critici, I ricercatori e le organizzazioni della società civile sottolineano il carattere monopolistico delle grandi aziende agricole che finiscono per annientare le piccole.
9. Le super fattorie sono una soluzione per soddisfare la crescente domanda alimentare? Questo è un punto sul quale c’è sempre dibattito. Infatti, dobbiamo mettere insieme più elementi per trarre delle conclusioni quanto agli effetti netti sul piano economico, sociale, ambientale e del benessere. E’ senza dubbio così infondato affermare che le fattorie giganti risolvono i problemi dell’insicurezza alimentare nel mondo che condannarle per il motivo che alcuni si sono accaparrati grandi superfici di terra in maniera scandalosa. Dovremo realizzare una quantità di lavori empirici per comprendere meglio le conseguenze del fenomeno e mettere a punto tipi di investimenti e norme efficaci, applicabili e responsabili.
10. In quali condizioni le super fattorie avranno un impatto positive sulla sicurezza alimentare e la lotta contro la povertà? Bisogna mobilitare un gran numero di stakeholders — negli ambienti governativi, tra le imprese private, all’interno della società civile e nella comunità internazionale — per degli interventi più ampi possibile miranti a fare in modo che le informazioni sulle transazioni fondiarie siano accessibili a tutti; accordare la priorità agli investimenti pubblici nelle infrastrutture e nella tecnologia; migliorare la concorrenza e la governance nei mercati fondiari ed agricoli; mantenere quadri qualificati; sviluppare degli strumenti comunitari veramente partecipativi progettare, diffondere, mettere in opera dei principi di agro-investimenti responsabili ed assicurarne il controllo.
di José Cuesta*
*José Cuesta è un economista dello sviluppo della Oxford University ed è un professore affiliato del Gergetown University’s Public Policy Institute. Questo articolo è stato pubblicato sul blog “Voices – Prespectives on Devlopment” della World Bank con il titolo “Are Super Farms the Solution to the World’s Food Insecurity Challenge? Ten Questions You Need to Ask Yourself” e come contributo all’ultimo rapporto Food Price Watch della Banca mondiale