Lettera di Legambiente alla Commissione Bilancio della Camera
Vendita dell’Isola di Budelli, l’acquisto da parte dello Stato sarebbe un danno
«Conservazione della natura: sì ai privati all’interno di regole dello Stato»
[11 Dicembre 2013]
Per Legambiente il diritto di prelazione che lo Stato vuole esercitare sull’isola Budelli è una scelta inutile e dannosa. Il Cigno Verde spiega il perché in una lettera aperta che ha scritto ai membri della commissione Bilancio della Camera dei Deputati.
Vittorio Cogliati Dezza e Vincenzo Tiana, rispettivamente, presidente nazionale e sardo di Legambiente, scrivono che «Sulla vicenda di Budelli, l’isola privata in vendita sulla quale qualcuno vorrebbe che lo Stato esercitasse il suo diritto di prelazione a suon di milioni di euro, è passata secondo noi una comunicazione confusa e distorta. La nostra associazione è fra quanti ritiene, insieme a Federparchi e al presidente del Fai, Andrea Carandini, che si tratterebbe di una spesa inutile, se non addirittura dannosa».
Cogliati Dezza e Tiana provano a spiegare perché: «E’ inutile perché quell’isola è privata sin dal 1800 e si è conservata integra in virtù dei vincoli e dei divieti severissimi che hanno impedito qualsiasi modificazione dello stato dei luoghi. Già oggi, ad esempio, non è possibile ad alcuno mettere piede sulla Spiaggia Rosa, la zona forse più delicata dell’isola, sia anche il custode o lo stesso attuale proprietario. Se Mr. Harte in persona, il magnate neozelandese che ha sborsato 3 milioni di euro per acquistare l’isola, volesse domani semplicemente passeggiare sulla Spiaggia Rosa, non potrebbe farlo, anche se quella spiaggia è sua. A ciò si aggiunga che quella spiaggia è sua solo in parte, perché una porzione significativa è invece demanio, cioè già oggi “bene comune”, e tale rimarrà. In sostanza l’ambiente di Budelli è supertutelato grazie alle misure che lo Stato, il pubblico, ha saputo apporre su un bene privato di pregio come ce ne sono tanti nel nostro Paese. Del resto il territorio italiano è pieno di beni privati, isole, colline, boschi, montagne, delle cui sorti per fortuna non dispone il proprietario del bene».
Per i due dirigenti dell’associazione ambientalista se si vuole realmente tutelare l’ambiente nell’arcipelago è «Meglio utilizzare quei fondi per completare la bonifica dei fondali dell’isola della Maddalena, o usarli per dare ossigeno alle aree marine protette dell’isola colpita dai recenti fenomeni alluvionali».
Per Legambiente l’acquisizione dell’isola di Budelli potrebbe addirittura rivelarsi dannoso per le politiche di conservazione della natura e del paesaggio: «Sarebbero guai infatti se dovesse farsi strada la logica per cui la tutela di un bene dipende dalla natura, pubblica o privata, del bene stesso. Sarebbe una corsa all’acquisizione in ogni prossima legge di spesa: domani magari Spargi, un’isola dell’arcipelago ben più importante di Budelli dal punto di vista della biodiversità. E poi ancora l’isola di Molara. E perché non quella di Maldiventre? E Serpentara? E l’isola de Li Galli, in Campania. E gli isolotti della laguna veneta? Sarebbe pericoloso lasciare intendere che fino a quando un bene non è pubblico è a rischio e, al contrario, solo i beni in mano allo Stato sono al sicuro. Anche perché la realtà ci ha abituati a soluzioni d’ogni tipo: beni sapientemente gestiti dal privato e altri degradati in mano allo Stato o viceversa. Non è quindi la proprietà del bene che ne garantisce la tutela, ma i vincoli che lo Stato è riuscito ad apporre su quel bene e la capacità di gestione del bene stesso. Basti pensare, ad esempio, alle migliaia di ettari di oasi magistralmente gestite da fondazioni e associazioni ambientaliste (soggetti privati…) e che dialogano correttamente con la gestione pubblica di spazi limitrofi».
La conclusione, che va nella direzione contraria a quel che dicono Verdi, Sel ed altre associazioni ambientaliste, è «Ben vengano quindi privati che vogliano confrontarsi sul tema della conservazione della natura all’interno di un quadro di regole che lo Stato ha individuato. Ne potranno trarre vantaggio sia i privati che lo stesso pubblico. Pensare che ci sia un privato cattivo e un pubblico buono è una suddivisione ideologica e novecentesca, buona a strappare demagogicamente consensi facili, ma che rischia di non incidere su quello che a noi ci interessa sopra tutto, la reale tutela dell’ambiente e del paesaggio. E a noi questo confronto non ci fa paura».