Aggiornamento della Lista Rossa Iucn: crescente impatto climatico sulle specie, a cominciare dai pesci di acqua dolce

Buone notizie per l’orice dalle corna a sciabola e la saiga, cattive per tartarughe verdi e piante

[12 Dicembre 2023]

L’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (Iucn) ha presentato alla Cop28 Unfccc di Dubai l’aggiornamento della Lista Rossa che include anche la prima valutazione globale dei pesci d’acqua dolce ed evidenzia l’impatto del disboscamento e del commercio illegali sul mogano.

Ora  Lista Rossa Iucn  comprende 157.190 specie, delle quali  44.016 sono a rischio di estinzione. E, proprio dal summit climatico ospitato dagli Emirati Arabi Uniti, l’Iucn avverte che «Gli sforzi di conservazione sono riusciti a riportare indietro due specie di antilopi dall’orlo dell’estinzione, ma il cambiamento delle condizioni climatiche potrebbe minarne il futuro».

Presentando l’aggiornamento, la direttrice generale dell’Iucn Grethel Aguilar ha sottolineato che «Il cambiamento climatico sta minacciando la diversità della vita che ospita il nostro pianeta e minando la capacità della natura di soddisfare i bisogni umani fondamentali, Questo aggiornamento della Lista Rossa Iucn evidenzia i forti legami tra la crisi climatica e quella della biodiversità, che devono essere affrontati congiuntamente. Il declino delle specie è un esempio del caos provocato dal cambiamento climatico, che abbiamo il potere di fermare con un’azione urgente e ambiziosa per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 gradi Celsius».

Il nuovo aggiornamento completa la prima valutazione integrale delle specie di pesci d’acqua dolce del mondo, rivelando che «Il 25% (3.086 su 14.898 specie valutate) sono a rischio di estinzione.  Kathy Hughes, co-presidente dell’ Iucn SSC Freshwater Fish Specialist Group, evidenzia che  «I pesci d’acqua dolce costituiscono più della metà delle specie ittiche conosciute al mondo, una diversità incomprensibile dato che gli ecosistemi d’acqua dolce comprendono solo l’1% dell’habitat acquatico. Queste diverse specie sono parte integrante dell’ecosistema e vitali per la sua resilienza. Questo è essenziale per i miliardi di persone che dipendono dagli ecosistemi di acqua dolce e per i milioni di persone che dipendono dalla loro pesca. Garantire che gli ecosistemi di acqua dolce siano ben gestiti, continuino a fluire liberamente con acqua sufficiente e una buona qualità dell’acqua è essenziale per fermare il declino delle specie e mantenere la sicurezza alimentare, i mezzi di sussistenza e le economie in un mondo resiliente ai cambiamenti climatici».

Almeno il 17% delle specie ittiche d’acqua dolce minacciate sono colpite dai cambiamenti climatici, tra i quali la diminuzione del livello dell’acqua, l’innalzamento del livello del mare che causa la risalita dell’acqua di mare lungo i fiumi e il cambiamento delle stagioni». A questo si aggiungono le minacce derivanti dall’inquinamento, che colpisce il 57% delle specie ittiche d’acqua dolce a rischio di estinzione, dalle dighe e dall’estrazione dell’acqua, che colpiscono il 45%, dalla pesca eccessiva, che minaccia il 25%, e dalle specie invasive e dalle malattie, che danneggiano il 33%.

Ad esempio, a causa della pesca eccessiva, del degrado dell’habitat causato dai cambiamenti climatici e delle dighe che riducono l’ingresso di acqua dolce, il ladro del lago Turkana dai denti grandi (Brycinus ferox), una specie economicamente importante in Kenya, è passato dalla categoria a rischio minimo a quella vulnerabile nella Lista rossa Iucn.

Il salmone atlantico (Salmo salar) è passato dallo stato di minima preoccupazione a quello di rischio, con nuove prove che dimostrano che «Tra il 2006 e il 2020 la popolazione globale è diminuita del 23%. Il salmone atlantico è ora limitato a una piccola parte dei fiumi in cui abitava un secolo fa in Nord Europa e Nord America, a causa delle molteplici minacce nel corso delle loro migrazioni a lunga distanza tra habitat di acqua dolce e marini. Il cambiamento climatico colpisce tutte le fasi del ciclo di vita del salmone atlantico, influenzando lo sviluppo dei giovani salmoni, riducendo la disponibilità di prede e consentendo alle specie esotiche invasive di espandere il proprio areale. Dighe e altre barriere bloccano l’accesso alle zone di deposizione delle uova e di alimentazione, mentre l’inquinamento e la sedimentazione dell’acqua, dovuti soprattutto al disboscamento e all’agricoltura, portano a una maggiore mortalità dei giovani salmoni».

I salmoni fuggiti degli allevamenti minacciano  molte popolazioni selvatiche e possono  indebolire la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici. Desta grande preoccupazione anche la mortalità dovuta ai pidocchi del salmone (Lepeophtheirus salmonis) provenienti dagli allevamenti di salmoniUna minaccia crescente e significativa è rappresentata dal salmone rosa del Pacifico (Oncorhynchus gorbuscha) invasivo, che si sta diffondendo rapidamente in tutta l’Europa settentrionale.

Nick Measham, amministratore delegato di WildFish, ricorda a sua volta che «Il denaro raccolto dai sostenitori di WildFish ha consentito questa rivalutazione degli stock di salmone atlantico in tutto il mondo. Il risultato per le popolazioni del Regno Unito, sebbene non sorprendente, è molto triste. Abbiamo bisogno che il governo del Regno Unito conferisca ai regolatori ambientali il mandato e le risorse per affrontare la miriade di questioni che minacciano la sopravvivenza del salmone atlantico. L’alternativa è che rischiamo di perderli del tutto dalle nostre acque».

Sean T. O’Brien, presidente e CEO di Nature Serve, sottolinea che «I dati sulla biodiversità sono la lente attraverso la quale osserviamo l’urgente narrazione della conservazione. L’aggiornamento odierno della Lista Rossa fa luce sulla difficile situazione dei pesci d’acqua dolce, uno dei tanti gruppi che si trovano ad affrontare molteplici minacce aggravate dal cambiamento climatico. Eppure, di fronte alla complessità, possediamo gli strumenti per agire. Usiamo le nostre conoscenze e risorse per salvaguardare la biodiversità per le generazioni che seguiranno».

Per Barney Long, direttore senior delle strategie di conservazione di Re:wild, «E’ scioccante che un quarto di tutti i pesci d’acqua dolce siano ora a rischio di estinzione e che il cambiamento climatico sia ora riconosciuto come un fattore che contribuisce in modo significativo al loro rischio di estinzione, che recentemente è stato segnalato anche come una seria minaccia emergente per gli anfibi. E’ fondamentale salvaguardare meglio i nostri sistemi di acqua dolce poiché non solo ospitano una fauna selvatica preziosa e insostituibile, ma forniscono anche agli esseri umani tanti servizi che solo il mondo naturale può offrire».

Julia Sigwart, presidente della Marine Invertebrate Red List Authority e responsabile malacologia al Senckenberg Forschungsinstituts e al Naturmuseums Frankfurt, si è occupata di altri organismo i acquatici e dice: «Noi del Senckenberg siamo onorati di essere diventati partner della Lista Rossa Iucn globale. Nell’era della perdita di biodiversità dovuta all’Antropocene, è importante che i musei di storia naturale e i tassonomi assumano un ruolo forte non solo nel documentare la biodiversità ma anche nel proteggere le specie».

L’aggiornamento della Lista Rossa lancia un allarme anche per le tartarughe verdi (Chelonia mydas) del Pacifico centro-meridionale e del Pacifico orientale che sono rispettivamente Endangered e Vulnerable. ischio di estinzione e a rischio di estinzione. Anche in questo caso, «Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia crescente per le tartarughe verdi durante tutto il loro ciclo di vita, poiché le alte temperature si traducono in un minore successo della schiusa, l’innalzamento del livello del mare minaccia di allagare i nidi e di annegare i piccoli, e le piante marine di cui si nutrono le tartarughe verdi sono sensibili al riscaldamento degli oceani e ai cambiamenti nell’ambiente e alle correnti dovute a condizioni meteorologiche estreme. Una delle principali cause di mortalità delle tartarughe verdi in queste regioni è la cattura accidentale nella pesca industriale e artigianale. I numeri sono diminuiti anche perché le persone raccolgono le tartarughe verdi e le loro uova per il proprio consumo o per venderle ai mercati».

Ma ci sono anche successi nella conservazione delle specie, come quelli per l’orice dalle corna a sciabola (Oryx dammah), passato dalla categoria Estinto allo stato selvatico a quella in pericolo, e della  saiga (Saiga tatarica ), che vive in Kazakistan, Mongolia, Russia e Uzbekistan e che è passata da In pericolo critico a Quasi minacciata

Grazie agli sforzi di conservazione che hanno reintrodotto la specie in Ciad, l’orice dalle corna a sciabola, è ritornato nel  Sahel, dove  questa antilope era scomparsa in natura alla fine degli anni ’90, sterminata da un bracconaggio sempre più intenso con armi da fuoco moderne e veicoli a motore, oltre che da siccità estreme susseguitesi ogni decennio.

L’Iucn denuncia che «I livelli di bracconaggio stanno aumentando principalmente per scopi di sussistenza e commercio, in un contesto di alti livelli di povertà e insicurezza alimentare». Ma un progetto internazionale a lungo termine ha reintrodotto e stabilizzato l’orice dalle corna a sciabola allo stato selvatico e nel 2021 almeno 140 esemplari maturi e 331 cuccioli e immaturi vagano liberamente nella Réserve de Faune de Ouadi Rimé Ouadi Achim in Ciad. L’Iucn evidenzia che «Il pieno supporto delle autorità nazionali e delle comunità locali ha svolto un ruolo essenziale nel successo del progetto, e la sopravvivenza della specie dipende dalla continua protezione contro il bracconaggio. Il cambiamento climatico nel Sahel rimane una possibile minaccia per il futuro dell’orice dalle corna a sciabola».

Tim Wacher, biologo conservatore senior alla Zoological Society of London (ZSL) che ha sostenuto gli sforzi di monitoraggio post-rilascio, racconta che «Gli eccezionali progressi compiuti con l’orice dalle corna a sciabola in Ciad hanno dimostrato che le condizioni locali nel loro territorio originario sono attualmente molto favorevoli e anche la risposta delle comunità locali è stata notevolmente positiva. I successi sono il risultato di prolungati sforzi internazionali di conservazione della specie – compreso l’allevamento di orici per la reintroduzione nello zoo di conservazione della ZSL – insieme alla visione e alle risorse per implementare la reintroduzione rapidamente e su larga scala una volta completata un’attenta e approfondita preparazione».

Tra il 2015 e il 2022, La popolazione di saiga del Kazakistan, che da sola rappresenta il 98% di queste singolari antilopi dal naso grosso, è aumentata del 1.100% e nel maggio 2022 ha raggiunto gli 1,3 milioni di individui. L’Iucn avverte che «La specie è molto suscettibile alle epidemie, soffrendo di eventi di mortalità di massa nel 2010, 2011, 2015 e 2016. Si ritiene che l’elevato tasso di mortalità nel 2015 sia stato innescato da temperature e umidità anormalmente elevate, condizioni che dovrebbero diventare più frequenti con il cambiamento climatico. In combinazione con il crescente numero di capi di bestiame domestico, che aumenta la possibilità di trasferimento di malattie, il rischio di future epidemie che causano una mortalità significativa rimane elevato. Anche il bracconaggio per le corna e la carne ha causato un forte declino della saiga. Il miglioramento dello status è il risultato di ampie misure anti-bracconaggio, insieme a programmi educativi, formazione di funzionari doganali e di frontiera e azioni contro la vendita illegale nei Paesi consumatori. Questa situazione dipende interamente dalla continua applicazione delle misure anti-bracconaggio e dai controlli commerciali».

David Mallon, co-presidente dell’Iucn SSC Antelope Specialist Group, ha fatto presente che «L’orice dalle corna a sciabola è il quarto grande mammifero ad essere stato reintrodotto con successo in natura negli ultimi 100 anni. Il successo di questo progetto e la straordinaria ripresa della saiga sono il risultato di una visione strategica, di un forte impegno e investimento da parte del governo, del supporto tecnico da parte di organizzazioni non governative ed esperti scientifici e della collaborazione con le comunità locali».

Il presidente dell’Iucn Razan Al Mubarak ha aggiunto: «L’aggiornamento odierno della Lista Rossa Iucn mostra il potere degli sforzi di conservazione coordinati a livello locale, nazionale e internazionale. Storie di successo come quella dell’orice dalle corna a sciabola dimostrano che la conversazione funziona. Per garantire che i risultati delle azioni di conservazione siano durevoli, dobbiamo affrontare con decisione le crisi interconnesse del clima e della biodiversità».

Il mogano a foglia larga o honduregno (Swietenia macrophylla), uno degli alberi da legno più ricercati al mondo, è passato dalla categoria Vulnerabile a quella a rischio di estinzione perché «Nuove informazioni hanno rivelato che i numeri in tutta l’America centrale e meridionale sono diminuiti di almeno il 60% negli ultimi 180 anni, a causa del raccolto insostenibile di questo prezioso legname nella natura selvaggia e dell’invasione agricola e urbana nelle foreste tropicali dove cresce. Il mogano continua ad essere ricercato negli Stati Uniti, in Europa occidentale e in Cina per la produzione di mobili, impiallacciature, elementi decorativi e ornamentali e strumenti musicali di alta qualità. Nonostante siano protetti dalla legislazione nazionale e internazionale e dagli sforzi concertati di tutti gli stati della zona, il disboscamento e il commercio illegali continuano a causa di questa elevata domanda. Sono urgentemente necessarie maggiori risorse per gestire le aree protette e contrastare il commercio illegale di legname». Ma la ricerca scientifica dimostra che comunque il cambiamento climatico renderà inadatti alcuni degli attuali habitat del mogano a foglia grande.

Megan Barstow, responsabile della conservazione Botanic Gardens Conservation International, fa notare che «L’aggiornamento Iucn di quest’anno vede migliaia di alberi aggiunti alla Lista Rossa Iucn, molti dei quali sono specie legnose. Questi alberi sono spesso specie fondamentali nelle foreste e sono importanti per le economie nazionali e locali. Tuttavia, spesso sono a rischio di estinzione a causa di raccolti non sostenibili. E’ essenziale sostenere gli orti botanici per proteggere e propagare le specie legnose minacciate nelle collezioni ex-situ e fornire maggiori risorse per prendere decisioni informate sul loro uso e commercio sostenibili».

Jack Plummer, coordinatore della valutazione delle piante ai Royal Botanic Gardens, Kew, spiega che «Questo aggiornamento contiene valutazioni di oltre 80 specie di piante conosciute solo dall’Etiopia ed è il primo frutto di una collaborazione tra l’università di Addis Abeba (AUU), l’Ethiopian Biodiversity Institute e i Royal Botanic Gardens, Kew. Finanziato dall’UK Global Centre for Biodiversity and Climate (GCBC), sottolinea l’importanza dei partenariati internazionali nell’affrontare la crisi della biodiversità».

Sebsebe Demissew, professore di sistematica vegetale e biodiversità all’università di Addis Abeba e coautore di molte di queste valutazioni della Lista Rossa Iucn, concorda: «Questo è un passo importante verso il completamento delle valutazioni di tutte le specie vegetali endemiche dell’Etiopia, oltre 450 conosciute fino ad oggi. Le specie in pericolo di estinzione evidenziate includono il Convolvulus vollesenii < una pianta rampicante dai fiori blu brillante, e Cladostigma nigistiae, un rampicante dai fiori bianchi con un sorprendente fogliame argentato».

Jon Paul Rodríguez, presidente della Iucn Species Survival Commission (SSC) ha concluso: «La crisi climatica e quella della biodiversità sono due facce della stessa medaglia. Da un lato, il cambiamento climatico è uno dei fattori determinanti del declino documentato di animali, funghi e piante, ma dall’altro, la resilienza della natura attraverso il recupero e la rigenerazione delle specie e degli ecosistemi è il nostro alleato più potente per combattere l’accumulo di gas serra nell’atmosfera. Questo aggiornamento della Lista Rossa illustra sia i meccanismi legati al clima alla base del declino dei pesci e delle tartarughe marine, sia il recupero dell’orice dalle corna a sciabola e della saiga attraverso un’azione proattiva di conservazione».