
Ambiente e risorse dell'Artico, la scienza ha parlato: i governi capiranno?

Nel 1987 l'allora presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov propose una cooperazione internazionale per monitorare i cambiamenti ambientali nell'Artico, e a quasi 30 anni di distanza sono in atto molti programmi per monitorare e affrontare l'inquinamento o il calo dell’estensione e dello spessore del ghiaccio marino ed i rischi che corre la biodiversità.
Dal 18 al 23 gennaio a Tromsø, in Norvegia, Arctic Frontiers organizzerà la sua conferenza “Climate and Energy”, che al suo interno riunirà scienziati e policy makers, i quali valuteranno i risultati di questi sforzi congiunti per salvaguardare l'ambiente artico e identificheranno quali esigenze richiedano ulteriori azioni. Si tratta di una sessione organizzata da Arctic Monitoring and Assessment Programme (Amap) ed International Arctic Science Committee (Iasc), due tra i principali centri di ricerca internazionali sull’Artico e coinvolgerà anche alcuni responsabili politici europei e del Nord America, svolgendo così un ruolo fondamentale in collegamento politica e scienza per la regione artica.
L’Amap è uno dei 6 gruppi di lavoro dell’Arctic Council e fin dalla sua istituzione nel 1991 ha prodotto una serie di rapporti e comunicazioni di alta qualità che illustrano lo stato dell'Artico rispetto alle problematiche climatiche e dell’inquinamento, fornendo anche consulenza scientifica ai governi dell’ Arctic Council.
L’Iasc è un'organizzazione non governativa che punta ad incoraggiare, facilitare e promuovere la cooperazione in tutti gli aspetti della ricerca artica in tutti i paesi impegnati nella ricerca artica e in tutte le aree della regione artica e secondo il suo segretario esecutivo, il tedesco Volker Rachold , «2015 Arctic Frontiers ha un ordine del giorno attuale: clima ed energia. Entrambe le questioni sono in prima linea negli sviluppi in questa regione e la conferenza offre una grande opportunità per un franco scambio di vedute».
L’ex presidente di Amap, il canadese David P. Stone, sottolinea che «II governi del Consiglio artico hanno ricevuto diversi ottimi rapporti sul cambiamento climatico nell’Artico che dimostrano che l'Artico si sta riscaldando al doppio del tasso globale, ma sono lenti nell’intraprendere un'azione comune. Alla conferenza di Arctic Frontiers i rappresentanti delle industrie, i policy makers e gli scienziati hanno l'opportunità unica di avere colloqui informali e di delineare un approccio comune per ridurre gradualmente le emissioni di gas serra».
Il calo del prezzo del petrolio - che in molti pensano sia parte di una guerra economica contro la Russia, uno dei Paesi dell’Arctic Council - rende nuovamente troppo costose le trivellazioni petrolifere, con costi e investimenti ormai nuovamente fuori mercato in ambienti terrestri e offshore molto difficili e pericolosi; intanto, Russia e Norvegia stanno già esportando greggio proveniente dall’Artico. Di questo tema scottante se ne occuperà lo statunitense Robert Corell, della Global Environment Technology Foundation, ambasciatore di ClimateWorks e professore alle università dell’Artico e di Tromsø che avverte: «Il settore energetico sta affrontando crescenti pressioni derivanti dal cambiamento climatico. Tutti i segmenti del settore saranno interessati dal cambiamento climatico globale e dalle risposte politiche da dargli».
Oltre a Rachold, Stone e Corell, alla sessione “From Science to Policy” parteciperanno: Gunn-Britt Retter, (Norvegia) dell’Arctic and Environmental Unit del Saami Council; Sergey Priamikov (Russia), dell’Arctic and Antarctic Research Institute; Margareta Johansson (Svezia), del Department of Physical Geography and Ecosystem Science dell’università di Lund; Kirsten Broch Mathisen (Norvegia), special adviser del Research Council of Norway; Oran Young (Usa), della Bren School of Environmental Management dell’Università della California; David Wilkerson (Ue), direttore Policy Support Coordination del Joint Research Centre.
