ArciCaccia nella bufera dopo le dimissioni di Veneziano e Sperandio
Trasformare il residuo brandello che anche noi chiamiamo caccia (già in necrosi) con la gestione e il prelievo conservativo
[6 Maggio 2024]
L’ex presidente di ArciCaccia, Osvaldo Veneziano, si è dimesso dal Comitato scientifico dell’associazione per la perdita di identità dell’ArciCaccia e perché ritiene necessario un nuovo orientamento strategico, culturale e sociale della caccia che va in direzione contraria a quello prospettato anche in queste ore dal governo Meloni della caccia selvaggia e dei Carabinieri forestali sotto il controllo del ministro Francesco Lollobrigida e con l’Ispra depotenziata fino all’inconsistenza.
Insieme a Veneziano si è dimesso anche l’ex Responsabile del Comitato scientifico Gabriele Sperandio che che si è dimesso anche dall’ufficio di presidenza nazionale ArciCaccia, evidenzia l’esclusione dell’Arcicaccia dal comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e dai comitati di gestione di molti Atc e «La mancanza di una gestione organizzativa collegiale» e di «Una linea associativa chiara, [aderente] alle idee che da sempre ci hanno contraddistinto da un mondo troppo demagogico e populista».
Sperandio denuncia che qualcun i pesa siano scaduti i convincimenti culturali e scientifici che lo avevano convinto a iscriversi ad Arcicaccia e si è dimesso perché non seguire «Le posizioni anacronistiche e antiscientifiche della Fondazione Una» alla quale aderiscono le principali associazioni venatorie riconosciute e l’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo” e che aderisce a sua volta all’IUCN, Ma Sperandio soprattutto «Non vuole essere complice nel costruire la brutta copia di qualche altra associazioni venatoria ben più grande della nostra». E ogni riferimento a Federcaccia sembra voluto.
Veneziano ricorda che l’ArciCaccia non aveva mai avuto remore a prendere posizioni poco popolari tra i cacciatori: ha voluto i Parchi, s’è opposta alla caccia primaverile e all’uccellagione, ha chiesto la chiusura della caccia al fringuello, ha combattuto per far estromettere la Federcaccia dal Coni «Così il Paese ha riconosciuto che la caccia non è uno sport».
Veneziano è, nonostante tutto, fiducioso nella trasformazione “sostenibile” della pratica venatoria e ritiene di «Indispensabile priorità” i pareri scientifici di Ispra, ma nella sua lettera di dimissioni ha avvertito che «Per trasformare il residuo brandello che anche noi chiamiamo caccia (già in necrosi), in cultura e pratica della gestione faunistica, vedo una sola possibilità: gestione e prelievo conservativo, rispettosi di quei “principi scientifici di precauzione”, fotocopiando il significato riportato nei nuovi vocabolari online così da concorrere a garantire la biodiversità, il suo futuro e non il suo consumo». principi scientifici di precauzione». Il contrario di quanto propongono il ministro Lollobrigida, la Lega ex Nord, Fratelli d’Italia, le associazioni venatorie e anche Coldiretti. Ma anche l’Arcicaccia sta ormai andando in quella direzione e Veneziano è convinto che che gli Ambiti territoriali di caccia (Atc) «Siano stati venduti ai mercanti di tessere e di voti. Quale voto di scambio è più vergognoso di quello che concorre scientificamente a distruggere il patrimonio delle generazioni future?».
Pur prendendosela con Parchi aree protette e animalisti, su Armi e Tiro Riccardo Torchia commenta: «Concetti molto ampi, che da molto girano anche nella nostra testa. Naturalmente opinioni che possono essere catalogate come personali. Ultimamente si fa un gran parlare di una nuova legge sulla caccia: per cambiarla, modificarla, renderla più consona ai tempi. Ma sempre più ci convinciamo che la priorità non è cambiare la legge. Ma cambiare i cacciatori. E le loro visioni».
Pur non essendo stato mai in sintonia con Veneziano, Torchia ammette che nella sostanza ha ragione: «Sicuramente evidenzia una nuova maniera di vedere l’attività venatoria. Trincerarsi ancora dietro le “tradizioni”, che sicuramente coinvolgono, trascinano, ci fanno ricordare tempi beati faunisticamente parlando, è fatuo obiettivo. Non si possono far resuscitare i morti. E applaudire a chi ci prospetta, non una difesa della nostra attività, ma il depliant del ritorno al passato. Per cui non prendiamoci in giro: abbiamo certamente bisogno di tutte le zone protette e salvaguardate, ma indissolubilmente debbono entrare in esse le gestioni faunistiche delle specie in eccesso. E ancor più l’eliminazione, sì eliminazione o eradicazione scegliete voi, delle specie invasive. L’animalismo se ne faccia una ragione. Lotteremo per questo. Ma l’avifauna tutta, stanziale e migratoria, sarà prelevabile solo nella misura in cui scaturirà in eccesso dalle operazioni di riproduzione naturale. Come era tanto tempo fa. E come dovrebbe essere. Alla larga da ogni ripopolamento. Ma men che mai illuderci del nuovo corso che viene sbandierato. La caccia potrà essere ancora concepibile nel futuro solo come gestione di specie in eccesso. Ovunque. Lavoriamo quindi per quel futuro. Che il passato l’abbiamo già vissuto».
E sulle dimissioni di Veneziano interviene anche Danilo Selvaggi della Lipu che fa notare che si tratta di una notizia è importante «Perché ci dice, purtroppo, della deriva estremista del mondo venatorio italiano e dell’insuccesso di chi ha tentato strenuamente di emanciparlo. Nei decenni scorsi Arcicaccia si è opposta alle proposte Onnis e Orsi di stravolgimento della legge 157 e ai numerosi blitz venatori nelle commissioni di Camera e Senato, mettendo in primo piano le direttive Natura e cercando sempre una qualche forma di dialogo. Poi le cose sono cambiate e hanno prevalso altre istanze».
Selvaggi cita due tra le ragioni delle dimissioni di Veneziano che secondo lui meritano di essere analizzate: «1) l’allontanamento di ArciCaccia dall’attenzione alla scienza, 2) l’appoggio di Arcicaccia a quella sorta di “campo largo” che si è creato in Commissione Agricoltura della Camera, tra i partiti di maggioranza e il gruppo di deputati dell’onorevole Vaccari (Pd) a favore, in un modo o nell’altro, della pessima proposta di legge Bruzzone. Veneziano, evidentemente, non è convinto delle smentite dell’onorevole Vaccari – e non è il solo».
Per Selvaggi. merita la citazione anche un altro passaggio della lettera delle dimissioni: «Quello in cui dice che la caccia deve seguire il principio di precauzione, cioè subordinarsi alla conservazione della natura. Questa viene prima di quella e non viceversa. E’ un principio costituzionale, ecologico e di ragionevolezza, che il mondo venatorio italiano non ha compreso, preferendo cercare di aumentare specie e tempi di caccia, di cacciare la tortora selvatica e altre specie in difficoltà, di riprendere a catturare piccoli uccelli migratori per usarli come richiami vivi. Cioè, gli uccelli migratori, la cui dimensione è l’infinito del cielo e dei grandi viaggi, ridotti in una minuscola gabbia al buio, in condizioni impossibili, tutta la vita. Una pratica inconcepibile, ignominiosa, che deve finire per sempre. E’ per questo tipo di cultura, e non certo per quella di Osvaldo Veneziano, che la caccia italiana si estinguerà».