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Ascoltare i delfini di fiume dell’Amazzonia con l’intelligenza artificiale

Una nuova tecnica per capire come vivono boto e tucuxi e salvarli insieme al loro habitat
 |  Natura e biodiversità

Il monitoraggio dell'ecolocalizzazione, i suoni che alcuni animali come i cetacei e i pipistrelli  emettono per orientarsi, può essere utilizzato per tracciare i movimenti di due specie di delfini d'acqua dolce dell’Amazzonia in via di estinzione e attuare strategie di conservazione per questi habitat naturali. Lo dimostra lo studio “Towards automated long‑term acoustic monitoring of endangered river dolphins: a case study in the Brazilian Amazon floodplains”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori catalani dell’Universitat politècnica de Catalunya (UPC), brasiliani dell’Instituto de desenvolvimento sustentável Mamirauá, brasiliani e statunitensi della National marine mammal foundation

Il boto o delfino di fiume rosa (Inia geoffrensis) e il tucuxi o sotalia (Sotalia fluviatilis) sono delfini d'acqua dolce in via di estinzione che vivono in luoghi spesso inaccessibili dell'Amazzonia e i ricercatori evidenziano che «queste specie e le loro interazioni con le persone sono minacciate dalle attività umane di pesca, agricoltura, estrazione mineraria e costruzione di dighe. Durante il periodo più piovoso dell'anno, tra i mesi di aprile e agosto, entrambe le specie di delfini si spostano nei fiumi delle zone di foresta pluviale dell'Amazzonia (várzeas) alla ricerca di pesci d'acqua dolce. Tuttavia, la pianura alluvionale e la vegetazione rendono estremamente difficile osservare i delfini con barche o droni».

La principale autrice dello studio, Florence Erbs e altri scienziati del Laboratori d’aplicacions bioacústiques dell’Upc hanno studiato circa 800 Km2 della Reserva de desenvolvimento sustentável Mamirauá, utilizzando i dati ottenuti da 5 idrofoni immersi a profondità comprese tra 3 e 5 metri nei fiumi Solimões e Japurá, e dicono che «i risultati rivelano nuove conoscenze sui movimenti dei delfini di fiume che potrebbero contribuire a migliorare la conservazione di queste specie».

All’Upc spiegano che «nello studio sono stati analizzati i dati bioacustici dei canali fluviali, delle baie, dei laghi e delle foreste allagate di questa riserva. E’ stato condotto in periodi diversi durante le stagioni umide e secche, tra giugno 2019 e settembre 2020. I ricercatori hanno utilizzato algoritmi di deep learning – il cosiddetto Convolutional neural network o rete neurale convoluzionale - e raccolto manualmente dati bioacustici , per classifica automaticamente i suoni di ecolocalizzazione dei delfini, i rumori delle imbarcazioni e anche la pioggia, con livelli di precisione rispettivamente del 95%, 92% e 98%».

E così che i ricercatori hanno scoperto che «con l'innalzamento del livello dell'acqua tra novembre e gennaio, la presenza di delfini è aumentata dal 10% al 70% nella baia e nel fiume».

Gli autori dello studio spiegano ancora che «i delfini utilizzavano questi corsi d'acqua per entrare nella pianura alluvionale di questo bacino amazzonico. I giovani botos e le femmine con cuccioli di queste specie di delfini hanno trascorso più tempo nelle pianure alluvionali rispetto ai maschi, sia per la ricca abbondanza di prede sia come protezione contro il comportamento aggressivo dei maschi».

Come parte del progetto Providence, che sta conducendo un ampio monitoraggio bioacustico della biodiversità acquatica e terrestre in una delle foreste tropicali più minacciate del pianeta, i ricercatori stanno incrementando la metodologia che hanno utilizzato per comprendere e proteggere meglio le preferenze e le necessità dell'habitat dei delfini del Rio delle Amazzoni.

Redazione Greenreport

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