Barriere coralline sbiancate a oltre 90 metri di profondità

Lo sbiancamento più profondo conosciuto causato dai cambiamenti nella temperatura dell'Oceano Indiano

[23 Ottobre 2023]

Lo studio “Mesophotic coral bleaching associated with changes in thermocline depth”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori dell’università di Plymouth ha scoperto le prove più profonde conosciute dello sbiancamento della barriera corallina: a più di 90 metri sotto la superficie dell’Oceano Indiano.

In alcune parti del fondale marino dell’oceano, a profondità precedentemente ritenute resilienti al riscaldamento, il danno, attribuito a un aumento del 30% della temperatura del mare causato dal dipolo dell’Oceano Indiano (Indian Ocean Dipole – IOD), ha danneggiato fino all’80% delle barriere coralline. Secondo gli  scienziati, «Questo costituisce un duro avvertimento sui danni causati ai nostri oceani dall’aumento delle temperature oceaniche e anche sui danni nascosti causati al mondo naturale a causa dei cambiamenti climatici».

Uno degli autori dello studio, l’oceanografo e responsabile del progetto Phil Hosegood, spiega che «Questa è una grande sorpresa. Si era sempre pensato che i coralli più profondi fossero resilienti al riscaldamento globale dell’oceano, perché le acque in cui vivono sono più fredde che in superficie e si ritiene che rimangano relativamente stabili. Tuttavia, chiaramente non è così e, di conseguenza, è probabile che in tutto il mondo esistano barriere coralline a profondità simili che sono minacciati da cambiamenti climatici simili».

Grazie a un progetto sostenuto dalla Fondazione Garfield Weston e dalla Fondazione Bertarelli, i ricercatori dell’università di Plymouth studiano l’Oceano Indiano centrale da oltre un decennio e nelle loro crociere di ricerca utilizzano una combinazione di monitoraggio in situ, robot sottomarini e dati oceanografici generati dai satelliti per comprendere meglio l’oceanografia unica della regione e la vita che ospita. La prima prova del danno ai coralli è stata osservata durante una crociera di ricerca nel novembre 2019, durante la quale gli scienziati hanno utilizzato veicoli sottomarini telecomandati (ROV) dotati di telecamere per monitorare la salute dei coralli sotto la superficie dell’oceano. Le immagini delle telecamere subacquee venivano trasmesse in diretta sulla nave da ricerca e hanno permesso al team di di osservare per la prima volta i coralli che sbiancati. Al contrario, nello stesso momento in cui le barriere coralline più profonde si stavano sbiancando, hanno osservato che le barriere coralline in acque poco profonde non mostravano segni di danno. Nei mesi successivi, i ricercatori hanno valutato una serie di altri dati raccolti durante la crociera di ricerca e informazioni provenienti dai satelliti che monitoravano le condizioni e le temperature dell’oceano.

Questo lavoro ha evidenziato che «Mentre durante il periodo le temperature sulla superficie dell’oceano erano appena cambiate, le temperature sotto la superficie erano aumentate da 22° C a 29° C a causa dell’approfondimento del termoclino attraverso l’Oceano Indiano equatoriale».

La principale autrice dello studio, la biologa marina Clara Diaz, sottolinea che «Quel che abbiamo registrato dimostra categoricamente che questo sbiancamento è stato causato da un approfondimento del termoclino. Questo rappresenta l’equivalente regionale di un El Niño e, a causa del cambiamento climatico, questi cicli della variabilità si stanno amplificando. Andando avanti, lo sbiancamento nell’oceano più profondo qui e altrove diventerà probabilmente più regolare».

Nicola Foster, docente di biologia marina e coautrice dello studio, ha aggiunto: «I nostri risultati dimostrano la vulnerabilità degli ecosistemi corallini mesofotici allo stress termico e forniscono nuove prove dell’impatto che il cambiamento climatico sta avendo su ogni parte del nostro oceano. Lo sbiancamento dei coralli mesofotici porterà alla fine alla mortalità dei coralli e a una riduzione della complessità strutturale di queste barriere coralline, il che probabilmente si tradurrà in una perdita di biodiversità e in una riduzione dei servizi ecosistemici critici che queste barriere coralline forniscono al nostro pianeta».

Il team di ricercatori è tornato nelle stesse aree durante le crociere scientifiche del 2020 e del 2022 e hanno scoperto che gran parte della barriera corallina si era ripresa, ma avvertono che, «Nonostante questo, è di fondamentale importanza aumentare il monitoraggio dei fondali marini nelle profondità oceaniche, anche se si tratta di un’impresa estremamente impegnativa e complicata».

Con i danni ai coralli delle acque poco profonde in aumento e più frequenti e gravi, gli scienziati si aspettavano he i coralli mesofotici, trovati tra i 30 e i 150 metri sotto la superficie, avrebbero colmato il divario in termini di benefici per l’ecosistema, ma dicono che «Tuttavia, questa ricerca evidenzia che potrebbe non essere così e, poiché i coralli delle acque profonde di tutto il pianeta rimangono in gran parte poco studiati, episodi altrettanto dannosi di sbiancamento potrebbero passare inosservati».

Hosegood conclude: «L’oceanografia di una regione è influenzata da cicli naturali che vengono amplificati dai cambiamenti climatici. Attualmente, la regione sta subendo impatti simili, se non peggiori, a causa dell’influenza combinata di El Niño e del dipolo dell’Oceano Indiano. Anche se non c’è modo di impedire che il termoclino si approfondisca, quello che possiamo fare è espandere la nostra comprensione degli impatti che questi cambiamenti avranno in questi ambienti dei quali abbiamo così poca conoscenza. Di fronte al rapido cambiamento globale, non è mai stato così urgente».