
Bioinvasioni del Mediterraneo: nei porti di Livorno, Bastia e Olbia trovate 42 specie aliene

Lo studio “Harbour type and use destination shape fouling community and non-indigenous species assemblage: A study of three northern Tyrrhenian port systems (Mediterranean Sea)”, pubblicato su Marine Pollution Bulletin da un team di ricercatori di università di Pisa e Office de l'Environnement de la Corse, ha trovato 42 specie aliene, con popolazioni anche numericamente consistenti, nei porti di Livorno, Bastia e Olbia. I ricercatori spiegano che «Si tratta soprattutto di crostacei, vermi policheti, molluschi e altri invertebrati».
Lo studio ha anche valutato per la prima volta quali delle zone interne alle aree portuali siano più soggette alle bioinvasioni. La ricerca condotta nei porti di Livorno, Bastia e Olbia è durata due anni ed è stata svolta da un team dell’università di Pisa da tempo impegnato in studi di biologia marina ed ecologia nelle aree marino-costiere dell’Alto Mar Tirreno. Il gruppo comprende ricercatori e docenti dei dipartimenti di biologia e di scienze della Terra.
Lo studio fa parte del progetto di dottorato di Jonathan Tempesti ed è stato condotto sotto la supervisione dei professori Ferruccio Maltagliati, Claudio Lardicci e Alberto Castell dell’università di, con il fondamentale contributo di Joachim Langeneck. Hanno inoltre collaborato allo studio, che si è avvalso del supporto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale e della Direction adjointe des Ports et Aéroports de la Collectivité de Corse, Luigi Romani del Gruppo Malacologico Livornese e Marie Garrido dell’Office de l'Environnement de la Corse.
Castelli, professore ordinario del Dipartimento di biologia dell’Ateneo pisano, ricorda che «Le bioinvasioni rappresentano ad oggi una delle principali problematiche ecologiche che interessano gli ecosistemi marini, specialmente nel Mediterraneo. Lo studio degli ambienti portuali riveste quindi un particolare interesse proprio perché si tratta di aree particolarmente suscettibili alle bioinvasioni dove le specie aliene, volontariamente o accidentalmente introdotte dall’uomo, costituiscono un rischio per la biodiversità locale».
Per rintracciare le specie aliene i ricercatori hanno analizzato il fouling, cioè l’insieme di organismi che vive sui substrati artificiali sommersi come le banchine o le chiglie delle imbarcazioni, e dicono che «Dai dati è dunque emerso che, contrariamente a quanto atteso, l’area turistica dei grandi porti ha una presenza di specie aliene molto maggiore rispetto a quella commerciale, che è direttamente interessata dal traffico marittimo internazionale».
Tempesti, dottorando del Dipartimento di biologia dell’università di Pisa, conclude: «Lo studio del fouling risulta di particolare importanza al fine di comprendere l’identità degli invasori, i loro meccanismi di introduzione e i loro effetti sugli ambienti invasi, in particolare sulla biodiversità originaria. Inoltre, l’identificazione delle zone dei porti che risultano più vulnerabili, e dei fattori ambientali e antropici correlati, sono di fondamentale importanza per lo sviluppo di efficaci piani di monitoraggio e di prevenzione»
