Botswana, il governo tenta la beffa ai boscimani sull’accesso alle terre ancestrali
All’avvocato che dovrebbe rappresentare in un processo la comunità di Ranyane si impedisce l’accesso al Paese
[25 Luglio 2013]
Con una mossa che Survival International definisce «senza precedenti, vendicativa e repressiva», il governo del Botswana sta impedendo all’avvocato britannico Gordon Bennet (nella foto) di entrare nel Paese per rappresentare i boscimani del Kalahari nella imminente ed importantissima udienza della Corte Suprema, chiamata a decidere sul libero accesso della tribù alla sua terra ancestrale.
Survival oggi in un comunicato spiega che «L’avvocato è stato inserito in una “lista dei visti” dopo l’ennesima vittoria giudiziaria segnata nel giugno scorso, quando, in rappresentanza dei suoi clienti boscimani, riuscì a impedire lo sfratto della comunità di Ranyane. È la terza volta che Bennet vince una battaglia legale per i boscimani: la prima volta fu nel 2006, quando gli indigeni si videro riconoscere il diritto di tornare a vivere nella terra ancestrale; la seconda, nel 2011, quando vinsero il diritto di scavare pozzi d’acqua nella loro terra, nonostante tutti i tentativi fatti dal governo per impedirlo».
La cosa è ancora più clamorosa perché il Botswana, ex colonia britannica, fa parte del Commonwealth, ed i cittadini di Sua Maestà non hanno bisogno di un visto per entrare nel Paese, ma il governo di Gaborone sembra essersi legato al dito le brucianti sconfitte legali e, dopo la vittoria di Ranyane, Bennet è stato inserito in una “lista” di persone che lo devono richiedere, quasi fosse un criminale e non un difensore dei diritti umani e della legge. Survival sottolinea: «Sembra che nessuno dei nomi elencati nella lista abbia mai ricevuto un visto». L’avvocato dei boscimani ha chiesto il visto ma si è trovato davanti ad un proprio muro di gomma burocratico e di manovre dilatorie messi in piedi dalle autorità del Botswana per ritardare il permesso. «Tattiche che sembrano costruite ad arte per far si che la domanda possa essere esaminata solo dopo l’udienza, quando il visto sarà ormai diventato inutile» dicono i difensori dei diritti dei Boscimani .
Bennet oggi ha ribadito che «Il diritto a un processo equo normalmente include il diritto a essere assistiti da un avvocato di propria scelta, ma non in Botswana a quanto pare, o almeno, non se si cita in giudizio il governo . La maggior parte di noi stenterebbe a capire perché a una delle parti in causa in un’azione legale dovrebbe essere concesso di privare l’altra dell’assistenza scelta, ma il governo non ci vede nessun problema. Non ritiene nemmeno necessario dare spiegazioni. Non è decisamente una buona giornata per lo stato di diritto in Botswana». Tutto questo accade in un Paese del quale per lungo tempo le cancellerie occidentali hanno magnificato la democrazia e l’ubbidienza agli ordini del Fondo monetario internazionale.
Il tempo stringe, perché l’udienza è fissata per il 29 luglio, quando i Boscimani torneranno in tribunale per la terza volta perché il governo continua ad opporsi al loro rientro nella terra ancestrale della Central Kalahari Game Reserve (Ckgr), dalla quale questo mite popolo di cacciatori-raccoglitori è stato sfrattato nel 2002 per far posto al turismo di lusso.
Survival spiega che «In aperta violazione della sentenza della Corte Suprema del 2006, infatti, oggi la maggior parte dei Boscimani deve richiedere un permesso per entrare nella Ckgr e deve affrontare continue molestie e intimidazioni da parte del governo».
Jumanda Gakelebone, un leader della piccola comunità boscimane del Ckgr, ha detto: «Non avremmo mai voluto andare in tribunale. “Ma le repressioni, gli sfratti, le molestie e le torture del governo del Botswana ci hanno obbligato a farlo».
La persecuzione della comunità dei boscimani continua nonostante nel 2006 una sentenza storica della Corte Suprema del Botswana abbia confermato il loro ad entrare nella Ckgr senza bisogno di permessi. Survival ricorda che «Il memorabile processo, di cui Gordon Bennet era il principale avvocato, è stato il primo ad affermare in Africa il principio del diritto nativo alla terra. Ma oggi il governo sostiene che solo le 189 persone registrate formalmente nel processo, e i loro figli fino all’età di 16 anni, hanno libero accesso alla riserva; tutti gli altri, devono fare domanda per un permesso d’ingresso della durata di un mese. Ma questo contraddice le dichiarazioni fatte nel 2002, all’inizio del processo, quando il governo riconobbe che la sentenza si sarebbe applicata a tutti i 700 Boscimani sfrattati, inclusi i bambini. I Boscimani vivono con la paura costante della scadenza del permesso, tra ondate di arresti e violenze perpetrate sulla tribù dalla polizia paramilitare e dai guardiaparchi».
Come sempre il direttore generale di Survival International, Stephen Corry, non usa mezzi termini: «Questa è un’altra mossa del Presidente Khama per impedire ai Boscimani il ricorso alla giustizia. È assurdo che il Botswana sia ancora considerato un paese “trasparente” e “democratico” quando sono anni che il suo governo cerca di distruggere i suoi popoli originari. Dopo aver vinto in tribunale, oggi ai Boscimani non è neanche permesso di avere il loro avvocato. È un atto vendicativo e repressivo».