Colpevoli di aver protetto il pianeta. In 10 anni uccisi quasi 2.000 difensori dell’ambiente (VIDEO)
La Colombia è l’inferno degli ambientalisti. Le comunità indigene sono le più minacciate
[15 Settembre 2023]
Secondo il nuovo rapporto “Standing firm” pubblicato da Global Witness, «Almeno 177 difensori del territorio e dell’ambiente sono stati uccisi l’anno scorso per aver tentato di proteggere il pianeta: una persona ogni due giorni. Le nuove cifre portano il numero totale di uccisioni di difensori a 1.910 tra il 2012 e il 2022».
Global Witness ha presentato i risultati di questo triste censimento prima della convocazione dei governi mondiali alla COP28 negli Emirati Arabi Uniti a novembre, dove gli stati faranno il punto sui progressi compiuti nell’attuazione dello storico accordo di Parigi stabilito nel 2015 e il nuovo rapporto sottolinea «Il ruolo cruciale che i difensori svolgono nel sostenere e raggiungere la giustizia climatica», ma anche che «Almeno 1.390 difensori sono stati uccisi tra l’adozione dello storico accordo sul clima il 12 dicembre 2015 e il 31 dicembre 2022».
Con 60 morti in totale lo scorso anno – più di un terzo di tutti gli omicidi di ambientalisti a livello globale – la Colombia è il Paese più mortale al mondo per i difensori della Terra. Nonostante nell’ottobre 2022 la Colombia abbia ratificato un importante accordo regionale giuridicamente vincolante che impone al governo di prevenire e indagare sugli attacchi contro i difensori, nel 2022 le uccisioni degli ambientalisti e dei leader indigeni e comunitari sono quasi raddoppiate rispetto al 2021.
Da quando Global Witness ha iniziato a documentare le morti nel 201, in Colombia sono stati uccisi almeno 382 difensori, rendendola il Paese con il maggior numero di omicidi segnalati a livello globale durante quel periodo.
La maggior parte degli omicidi di difensori dell’ambiente registrati nel 2022 è avvenuta in America Latina, dove si è verificato l’88% degli attacchi letali. Oltre al record della Colombia ci sono 34 omicidi in Brasile, 31 in Messico, bem<n 14 nel piccolo Honduras. Mentre il Paese asiatico più pericoloso per gli ambientalisti sono le Filippine con 11 morti ammazzati.
Secondo il rapporto, «I nuovi dati sulle uccisioni dei difensori non riescono a cogliere appieno la reale portata del problema, con restrizioni alla libertà di stampa e una mancanza di monitoraggio indipendente in molti Paesi, in particolare in Africa, Asia e Medio Oriente, che portano a una sottostima. di omicidi». Inoltre, l’analisi evidenzia che «I difensori sono sempre più soggetti ad altre forme di silenzio attraverso la criminalizzazione, con quadri giuridici che dovrebbero proteggerli invece di essere utilizzati come armi contro di loro, con un modello preoccupante di casi che emergono in tutto il mondo».
La ricerca ha inoltre evidenziato ancora una volta che «Le comunità indigene di tutto il mondo affrontano un livello sproporzionato di attacchi letali, essendo vittime di oltre un terzo (34%) degli omicidi globali lo scorso anno, pur costituendo solo il 5% circa della popolazione mondiale».
Global Witness denuncia: «Nonostante gli omicidi dei difensori siano stati implacabili negli ultimi 11 anni, pochissimi autori sono stati assicurati alla giustizia a causa del fallimento dei governi di tutto il mondo nell’indagare adeguatamente su questi crimini, con il risultato che l’impunità ha alimentato ulteriori attacchi».
Shruti Suresh, co-direttrice ad interim delle campagne di Global Witness, ha sottolineato che «Per troppo tempo, i responsabili di attacchi letali contro i difensori se la sono cavata con l’omicidio. Violenza, intimidazione e molestie vengono inflitte anche per mettere a tacere i difensori in tutto il mondo. Nonostante sia minacciato da azioni irresponsabili di aziende e governi, questo movimento globale di persone, unito dalla determinazione e dall’impegno a difendere le proprie case e comunità, resiste e non può e non vuole essere messo a tacere. Continuiamo a onorare il lavoro di coloro che hanno perso la vita e dedichiamo il nostro rapporto a loro, alle loro famiglie e comunità. Continueremo a lavorare per far sentire la voce dei difensori, un aspetto fondamentale per affrontare il cambiamento climatico e proteggere il nostro ambiente dallo sfruttamento. I governi di tutto il mondo devono affrontare con urgenza gli omicidi insensati di coloro che difendono il nostro pianeta, inclusa la protezione dei suoi ecosistemi più preziosi che hanno un ruolo fondamentale da svolgere nell’affrontare l’emergenza climatica. E’ necessaria un’azione unita a livello regionale, nazionale e internazionale per porre fine alla violenza e all’ingiustizia che devono affrontare . Sono già andate perdute troppe vite. Non possiamo permetterci di perderne altre».
L’analisi di Global Witness rivela che l’Amazzonia, con 39 omicidi nel 2022 (il 22% a livello mondiale), è uno dei luoghi al mondo più pericolosi per ambientalisti e popoli indigeni. Tra le vittime ci sono anche il giornalista britannico del Guardian Dom Phillips e l’esperto indigeno Bruno Pereira, che sono stati uccisi a giugno da uomini armati mentre attraversavano il territorio indigeno nell’Amazzonia brasiliana. Nel complesso, dal 2014 in Amazzonia sono stati uccisi almeno 296 difensori della Terra.
Il rapporto esplora anche i casi di comunità indigene nella foresta pluviale che devono affrontare una serie di minacce derivanti da attività come l’estrazione dell’oro e il disboscamento e rileva che «Diverse imprese con sede nel Regno Unito, nell’Ue e negli Stati Uniti sono state collegate a violazioni dei diritti umani commesse contro queste comunità, con l’oro estratto illegalmente dalle terre di Kayapó trovato nelle catene di approvvigionamento della raffineria italiana Chimet e della compagnia di estrazione dell’oro Serabi Gold».
Laura Furones, consulente senior della campagna per i difensori del territorio e dell’ambiente di Global Witness, conclude: «La ricerca ha dimostrato più volte che i popoli indigeni sono i migliori custodi delle foreste e svolgono quindi un ruolo fondamentale nel mitigare la crisi climatica. Eppure sono sotto assedio in Paesi come Brasile, Perù e Venezuela per aver fatto proprio questo. Ogni giorno sentiamo parlare di nuovi attacchi e il nostro rapporto evidenzia alcune di queste storie. Più di 100 Paesi si sono impegnati a fermare la deforestazione entro il 2030 quando hanno firmato la Dichiarazione di Glasgow alla COP26 meno di due anni fa. Eppure ora sappiamo che nel 2022 è andato perduto il 10% in più di foreste primarie rispetto al 2021: in altre parole, stiamo andando nella direzione sbagliata e stiamo sprecando tempo prezioso che non abbiamo. Se vogliamo mantenere in piedi le foreste, dobbiamo riconoscere che ciò dipende dalla protezione di coloro che la chiamano casa. Affrontare la crescente emergenza climatica e difendere i diritti umani devono andare di pari passo».