Cosa infetta l’infezione? Una scoperta che potrebbe sconfiggere il fungo killer degli anfibi
Un virus contro la diffusione del Batrachochytrium dendrobatidis
[4 Aprile 2024]
Il fungo Batrachochytrium dendrobatidis o Bd, che distrugge la pelle di rane e rospi e alla fine provoca insufficienza cardiaca e che in quasi tutti i continenti ha contribuito al declino di oltre 500 specie di anfibi e a 90 possibili estinzioni, tra le quali le rane di montagna dalle zampe gialle delle Sierras e la rana dorata panamense, e devasta rane e rospi potrebbe avere un tallone d’Achille.
Infatti, il nuovo studio “An endogenous DNA virus in an amphibian-killing fungus associated with pathogen genotype and virulence”, pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori statunitensi e brasiliani documenta la scoperta di un virus che infetta il Bd e che potrebbe essere utilizzato per tenere sotto controllo la malattia fungina e per salvare gli anfibi.
I ricercatori dell’università della California Riverside che hanno scoperto il virus sono convinti che possa avere importanti ricadute e che oltre ad aiutare gli scienziati a comprendere come nascono e si diffondono gli agenti patogeni fungini, possa far sperare di porre fine a quella che chiamano la pandemia globale degli anfibi.
Uno degli autori dello studio, Mark Yacoub del Department of microbiology and plant pathology dell’UC Riverside, spiega che «Le rane tengono sotto controllo gli insetti cattivi, i parassiti delle colture e le zanzare. Se le loro popolazioni in tutto il mondo crollassero, le conseguenze potrebbero essere devastanti. Sono anche il canarino nella miniera di carbone del cambiamento climatico. Quando le temperature diventano più calde, la luce UV diventa più forte e la qualità dell’acqua peggiora, le rane reagiscono a tutto questo. Se vengono spazzati via, perdiamo un importante segnale ambientale. Il Bd non era diffuso prima della fine degli anni ’90, ma poi all’improvviso le rane iniziarono a morire».
Quando hanno scoperto il virus che infetta il Batrachochytrium dendrobatidis e Yacoub e un altro microbiologo dell’UC Riverside autore dello studio, Jason Stajich, stavano lavorando sulla genetica della popolazione di Bd, sperando di ottenere una migliore comprensione della sua provenienza e di come sta mutando.
Stajich racconta che «Volevamo vedere come differiscono i diversi ceppi di funghi in luoghi come Africa, Brasile e Stati Uniti, proprio come le persone studiano diversi ceppi di Covid-19». Per farlo, hanno utilizzato il sequenziamento del DNA e, esaminando i dati, hanno notato alcune sequenze che non corrispondevano al DNA del fungo. Stajich sottolinea che «Ci siamo resi conto che queste sequenze extra, una volta messe insieme, avevano le caratteristiche di un genoma virale».
In precedenza, i ricercatori avevano cercato i virus del Bd ma non li avevano trovati. Stajich evidenzia che «Il fungo stesso è difficile da studiare perché sono necessarie procedure complesse per mantenerlo in vita in laboratorio. E’ anche un fungo di cui è difficile tenere traccia perché hanno uno stadio di vita in cui sono mobili, hanno un flagello, che assomiglia a una coda di sperma, e nuotano».
All’UC Riverside fanno notare che «Inoltre, il virus che infetta il Bd è stato difficile da trovare perché la maggior parte dei virus conosciuti che infettano i funghi, chiamati micovirus, sono virus a RNA. Tuttavia, questo virus è un virus a DNA a filamento singolo. Studiando il DNA, i ricercatori hanno potuto vedere il virus bloccato nel genoma del fungo».
Sembra che solo alcuni ceppi del fungo killer abbiano il virus nel loro genoma. Ma quelli infetti sembrano comportarsi diversamente dagli altri. «Quando questi ceppi hanno il virus producono meno spore, quindi si diffondono più lentamente. Ma potrebbero anche diventare più virulenti, uccidendo le rane più velocemente», ha detto Stajich.
Attualmente, il virus è essenzialmente intrappolato nel genoma fungino. I ricercatori vorrebbero eventualmente clonare il virus e vedere se anche un ceppo di Bd infettato manualmente produce meno spore.
Yacoub conclude: «Poiché alcuni ceppi del fungo sono infetti e altri no, questo sottolinea l’importanza di studiare più ceppi di una specie fungina. Non sappiamo come il virus infetta il fungo, come entra nelle cellule. Se vogliamo progettare il virus per aiutare gli anfibi, abbiamo bisogno di risposte a domande come queste. In alcuni luoghi sembra che alcune specie di anfibi abbiano acquisito resistenza al Bd. Come con il Covid, c’è un lento accumulo di immunità. Speriamo di aiutare la natura a fare il suo corso».