Dalla parte dei predatori: la lotta contro i dingo in Australia minaccia l’ecosistema
Le operazioni di controllo innescano un effetto domino
[25 Marzo 2014]
Nello studio “Lethal control of an apex predator has unintended cascading effects on forest mammal assemblages” pubblicato da Proceedings of the Royal Society B un team di ricercatori delle università australiane di Sidney, Western Sydney e New South Wales ricorda che «la distruzione delle reti di interazione delle specie causata dalle irruzioni di erbivori e mesopredatori conseguente all’eradicazione dei predatori è un driver globale della riorganizzazione delle degli ecosistemi e della perdita della biodiversità». Fino ad ora la maggior parte degli studi sul ruolo ecologico dei grandi predatori si sono concentrati isolatamente sugli effetti derivanti dalla loro interazioni con erbivori o i mesopredatori, ma raramente hanno preso in considerazione gli effetti dell’interazione tra erbivori e piccoli predatori.
La nuova ricerca australiana fornisce la prova dei molteplici effetti a cascata indotti da operazioni di controllo letali di un predatore all’apice, il dingo (Canis lupus dingo), che producono cambiamenti non voluti nella struttura degli ecosistemi forestali. Il team di ricercatori ha confrontato l’insieme dei mammiferi che vivono nel sottobosco di 14 siti forestali gestiti dal NSW National Parks and Wildlife Service e spiega che «ogni sito comprendeva una zona dove sono stati avvelenati dingo ed un’area senza controllo. Gli effetti dei dingo sul controllo sui mammiferi è in scala con la dimensione corporea. Dove sono stati controllati i dingo, l’attività dei macropodi (ordine dei marsupiali, ndr) erbivori, mammiferi arboricoli e mesopredatori, la volpe rossa, è fosse maggiore, ma nella rada vegetazione del sottobosco c’è abbondanza di piccoli mammiferi inferiori. Lo structural equation modelling suggerisce che sia la predazione da parte delle volpi che la deplezione della vegetazione del sottobosco da parte dei macropodi erano legate al declino dei piccoli mammiferi nei siti avvelenati». Lo studio suggerisce che «Gli effetti soppressivi che i predatori apicali hanno sugli erbivori ed i mesopredatori avvengono contemporaneamente e devono essere considerati in tandem per apprezzare il grado degli effetti indiretti dei predatori apicali».
Quindi l’avvelenamento dei dingo, che in Australia ha una lunga e triste storia, ha un effetto deleterio sui piccoli mammiferi autoctoni come i topi marsupiali, i bandicoot e i roditori. Quando i dingo vengono eliminati con i bocconi avvelenati aumenta anche il numero di canguri e wallabies ed il pascolo da questi erbivori riduce la densità della vegetazione del sottobosco che fornisce rifugio e cibo ai piccoli mammiferi.
Il principale autore dello studio, Mike Letnic della School of Biological, Earth and Environmental Sciences dell’università del New South Wales, dice: «I dingo non dovrebbero essere avvelenati se vogliamo arrestare la perdita di biodiversità dei mammiferi in Australia. Dobbiamo sviluppare strategie per mantenere l’equilibrio della natura, mantenendo il dingo nel suo ambiente e riducendo al minimo il suo impatto sul bestiame».
L’attività di dingo, volpi, gatti riselvatichiti e bandicoot è stata valutata analizzando le loro tracce, mentre canguri e wallaby e opossum sono stati censiti visivamente. Per catturane marsupiali e roditori autoctoni sono state utilizzate trappole ed è stata analizzata anche la vegetazione. Nei primi 7 siti dove si è svolto lo studio erano state sparse 1.080 esche avvelenate per i dingo, negli altri 7 siti i dingo non erano stati avvelenati A parte la diversa presenza di dingo, le coppie di siti indagate avevano geologia, morfologia e copertura di eucalipti simili, ed erano meno di 50 chilometri di distanza l’uno dall’altro. Latnic sottolinea che «Questo ci ha fornito uno straordinario esperimento naturale per confrontare l’impatto della perdita dei dingo su un ecosistema forestale. E’ il primo studio a dimostrare come l’eradicazione di grandi carnivori può provocare focolai simultanei di popolazioni di erbivori e di piccoli predatori e che questi focolai di popolazione, a loro volta, possono avere effetti deleteri sui mammiferi più piccoli. Abbiamo scoperto che le volpi ed i grandi erbivori beneficiano del controllo del dingo, mentre declina l’abbondanza delle specie di mammiferi terrestri di piccole dimensioni. La predazione da parte delle volpi è una delle minacce più importanti per piccoli mammiferi autoctoni, e il pascolo per erbivori è in grado di ridurre il loro habitat preferito per trovare rifugio, lasciandoli esposti ai predatori».
I risultati dello studio sulle aree boschive sono coerenti con gli effetti dell’eradicazione dei dingo nelle aree desertiche dell’Australia e Letnic conclude: «Mantenere attivamente le popolazioni dingo, o reintrodurli nelle zone in cui sono stati sterminati, è controverso ma potrebbe mitigare gli impatti delle volpi e degli erbivori. L’avvelenamento dei dingo è controproducente per la salvaguardia della biodiversità, perché si traduce in un aumento dell’attività delle volpi e nel calo dei piccoli mammiferi autoctoni che vivono a terra».