E’ l’estrazione mineraria in acque profonde, non l’eolico offshore, a mettere in pericolo i cetacei
Un nuovo studio delle università di Exeter e dell’Oregon e di Greenpeace chiede di bloccare i permessi per l'estrazione mineraria in acque profonde
[17 Febbraio 2023]
Sulla scia di affermazioni infondate secondo le quali l’eolico offshore sarebbe una minaccia peri cetacei, il nuovo studio “Urgent assessment needed to evaluate potential impacts on cetaceans from deep seabed mining” pubblicato su Frontiers in Marine Science da un team di ricercatori dell’università di Exeter, dei Greenpeace Research Laboratories e dai Greenpeace Research Laboratories e del Marine Mammal Institute dell’Oregon State University rileva che «L’industria mineraria in acque profonde presenta una minaccia molto reale per le popolazioni di balene in tutto il mondo».
L’estrazione mineraria su scala commerciale da fondali marini in acque internazionali potrebbe essere autorizzata per la prima volta entro la fine dell’anno, ma il potenziale impatto sugli animali, comprese le balene, è sconosciuto.
Secondo lo studio, che si concentra sulla sovrapposizione tra cetacei (balene, delfini e focene) e siti bersaglio per l’estrazione mineraria in acque profonde, in particolare nell’Oceano Pacifico, afferma che «L’estrazione mineraria in acque profonde potrebbe causare un rischio significativo per gli ecosistemi oceanici, con effetti di lunga durata e irreversibili, compresi i pericoli per le specie a rischio di estinzione a livello globale come le balenottere azzurre». Afferma inoltre che «E’ necessaria maggiore icerca per valutare i potenziali impatti su questi mammiferi, in particolare l’inquinamento acustico derivante dalle operazioni minerarie proposte».
La principale autrice dello studio, Kirsten Thompson della Faculty of health and life sciences dell’università di Exeter, Exeter e dei Greenpeace Research Laboratories, ricorda che «Come molti animali, i cetacei stanno già affrontando molteplici fattori di stress, incluso il cambiamento climatico. Pochissime ricerche hanno esaminato l’impatto che l’estrazione di minerali in acque profonde avrebbe sui cetacei. I cetacei sono molto sensibili ai suoni, quindi il rumore delle miniere è una preoccupazione particolare».
I ricercatori sottolineano che «I suoni che dovrebbero essere prodotti dalle operazioni minerarie, anche da veicoli telecomandati sul fondo del mare, potrebbero sovrapporsi alle frequenze con cui comunicano i cetacei».
La Thompson spiega: «Abbiamo cercato dati su quanto rumore avrebbe causato una tale attività mineraria, ma non è disponibile alcuna valutazione pubblicata. Sappiamo che l’inquinamento acustico nell’oceano è già un problema per i cetacei e, se l’estrazione mineraria dei fondali marini andasse avanti, l’introduzione di un’altra industria che dovrebbe funzionare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, si aggiungerebbe inevitabilmente al rumore antropogenico esistente. Nonostante questa mancanza di informazioni, sembra che l’estrazione su scala industriale potrebbe presto iniziare in uno dei pochi ambienti rimasti indisturbati del pianeta».
Si tratta della Clarion-Clipperton Zone (CCZ) nell’Oceano Pacifico tra il Messico e le Hawaii, che è l’habitat di almeno 25 specie di cetacei, incluse specie a rischio di estinzione a livello globale, che è di particolare interesse per le compagnie minerarie che puntano a sfruttare i noduli polimetallici. Inoltre, le compagnie minerarie hanno nel loro mirino le risorse minerarie dei fondali marini nelle aree intorno alle montagne sottomarine e alle bocche idrotermali nelle acque profonde.
Solène Derville, dell’Oregon State University, sottolinea che «Le montagne sottomarine sono ora riconosciute come importanti habitat offshore per alcune popolazioni di cetacei che si nutrono o si raggruppano intorno a loro, ma ci mancano ancora le conoscenze di base di questi fragili ecosistemi. In questo contesto, è molto difficile valutare l’entità degli impatti di estrazione dai fondali sottomarini sugli animali che vivono e si nutrono intorno a queste strutture».
Finora, nessuna estrazione mineraria su scala commerciale è ancora avvenuta al di fuori delle zone economiche esclusive (ZEE) dei Paesi costieri, anche se dall’International Seabed Authority (ISA) dell’Onu sono già stati rilasciati 31 permessi di esplorazione per aree al di fuori della giurisdizione nazionale. Però, nel giugno 2021, Nauru nel Pacifico ha attivato la cosiddetta “regola dei due anni” e ha informato l’ISA che prevede di estrarre le acque profonde, il che significa che l’attività mineraria potrebbe iniziare nel giugno di quest’anno, con qualsiasi regolamento l’ISA abbia formulato fino a quel momento. Il governo di Nauru sta lavorando con una compagnia canadese, The Metals Company, che ha già iniziato a testare attrezzature minerarie nelle acque del Pacifico.
La Thompson è molto preoccupata: «L’attività mineraria su scala commerciale dovrebbe funzionare 24 ore al giorno, con molteplici operazioni di estrazione di minerali in un’area del fondale marino. Non sappiamo come questo influenzerà i cetacei o la vasta gamma di altre specie marine. Quello che sappiamo è che, una volta iniziata, sarà difficile fermare l’estrazione mineraria dai fondali marini. Data l’imminente minaccia che la regola dei due anni rappresenta per la conservazione degli oceani, suggeriamo che non c’è tempo da perdere».
Arlo Hemphill, project lead on deep sea mining di Greenpeace Usa, ha commentato: «Si è parlato molto delle turbine eoliche e della morte dei cetacei, ma non c’è alcuna prova che colleghi le due cose. Nel frattempo, gli oceani affrontano più minacce ora che in qualsiasi momento della storia. Questo rapporto chiarisce che se l’industria mineraria di acque profonde seguirà i suoi piani, gli habitat su cui fanno affidamento le balene saranno in pericolo ancora maggiore. Invece di aprire una nuova frontiera industriale nel più grande ecosistema della terra, dovremmo istituire santuari oceanici per proteggere la biodiversità. Questo mese, i leader mondiali hanno l’opportunità di fare un enorme passo in quella direzione adottando un Global Oceans Treaty che ponga la conservazione, non lo sfruttamento, al centro del modo in cui i governi si avvicinano all’oceano. Riteniamo che l’amministrazione Biden sia veramente ambiziosa e garantiamo che questo round di negoziati si traduca in un trattato forte che aiuti a proteggere tutta la vita sul nostro pianeta. Abbiamo anche bisogno che più Paesi sostengano il divieto di estrazione mineraria in acque profonde. I governi non possono mantenere i loro impegni per proteggere gli oceani se consentono l’avvio dell’estrazione mineraria in acque profonde».
I negoziati finali per il Global Oceans Treaty riprenderanno il 20 febbraio. Per Greenpeace «Un Trattato forte è essenziale per raggiungere l’obiettivo di proteggere il 30% degli oceani del mondo entro il 2030 concordato alla COP15 CBD a Montreal nel dicembre 2022». E gli ambientalisti ricordano che «Più di 50 paesi della High Ambition Coalition , compresi gli Stati Uniti (e l’Italia, ndr), nel 2022 avevano promesso l’UN Ocean Treaty nel 2022. Tuttavia, non sono riusciti a mantenere la promessa perché molti degli autoproclamati campioni oceanici del Nord del mondo si sono rifiutati di scendere a compromessi su questioni chiave come il finanziamento e la condivisione dei benefici monetari del nuovo trattato. Un altro fallimento nell’accordo su un trattato metterà a repentaglio l’obiettivo 30×30 – il minimo che gli scienziati affermano di cui abbiamo bisogno per consentire agli oceani di riprendersi da decenni di inquinamento e pesca eccessiva – solo pochi mesi dopo che è stato concordato».
L’International Seabed Authority si riunirà a marzo e luglio a Kingston, in Giamaica. Nell’ultimo round negoziale nel novembre 2022, i governi, tra cui Nuova Zelanda, Francia e Cile, si sono opposti alle pressioni commerciali per consentire l’inizio dell’estrazione mineraria in acque profonde nel 2023 e hanno invece chiesto una pausa precauzionale. Da novembre, sia la Francia che il Canada hanno preso decisioni sull’estrazione mineraria in acque profonde nelle loro acque nazionali, con il parlamento francese che ha votato per un divieto assoluto dell’estrazione mineraria in acque profonde e il Canada che ha adottato una moratoria.
Ma le compagnie mineraria in acque profonde stanno facendo pressioni sui governi affinché diano il via libera per iniziare l’attività mineraria commerciale già nel luglio 2023. invadere fragili ecosistemi di acque profonde, producendo suoni a profondità variabili che potrebbero sovrapporsi alle frequenze utilizzate dai cetacei per comunicare. Nella Clarion Clipperton Zone sono state concesse 17 licenze esplorative di estrazione mineraria in acque profonde.
La Thompson fa un esempio: «Immaginatevi se il vostro quartiere venisse improvvisamente sconvolto da lavori di costruzione che vanno avanti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, la vostra vita cambierebbe radicalmente. La vostra salute mentale sarebbe compromessa, potreste cambiare il vostro comportamento per sfuggirgli. Per balene o delfini non è diverso».