È un batterio il killer degli elefanti dello Zimbabwe
Scoperta la causa della misteriosa morte dei pachidermi
[26 Ottobre 2023]
Secondo i risultati dello studio “Pasteurella sp. associated with fatal septicaemia in six African elephants”, pubblicato su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato da Chris Foggin e Laura Rosen del Victoria Falls Wildlife Trust, «Un batterio, strettamente associato alla setticemia mortale, potrebbe aver causato la morte di sei elefanti africani nello Zimbabwe e forse altri nei Paesi vicini. I risultati inseriscono le malattie infettive nell’elenco delle pressioni sugli elefanti africani, le cui popolazioni continuano a essere in pericolo».
Durante questo studio unico, scienziati del Victoria Falls Wildlife Trust, dell’Animal and Plant Health Agency del Regno Unito (APHA), dell’università del Surrey e di laboratori del Sud Africa hanno indagato sulla misteriosa morte di 35 elefanti, per lo più tra agosto e settembre 2020, in un’area di 40 x 25 km di raggio nello Zimbabwe nordoccidentale. Una moria che fece seguito alla morte di circa 350 elefanti nel vicino Botswana settentrionale tra maggio a giugno 2020, cosa che suscitò molta preoccupazione a livello internazionale.
Gli elefanti di savana (Loxodonta africana) sono una specie in via di estinzione: ne restano solo 350.000 in natura e le loro popolazioni sono in calo in media di circa l’8% all’anno. I ricercatori evidenziano che «Questa scoperta è molto preoccupante poiché gli elefanti sono già presenti nella lista rossa dell’ International Union for Conservation of Nature. Indagare sulla morte di questi elefanti è fondamentale per sostenere il futuro di questa maestosa specie».
Foggin, ricercatore capo e veterinario della fauna selvatica al Victoria Falls Wildlife Trust, spiega che «Indagare su questa mortalità nelle aree naturali dello Zimbabwe nord-occidentale si è rivelato impegnativo. Identificare e raggiungere le carcasse in tempo per ottenere campioni utili è uno dei problemi che spesso affrontiamo in questo tipo di lavoro. Tuttavia, non sapevamo nemmeno con quale malattia avremmo avuto a che fare, anche se inizialmente sospettavamo che potesse trattarsi di antrace, che è noto essere presente nella zona, o forse qualche altra malattia che potrebbe rappresentare un rischio per la salute umana. Abbiamo quindi dovuto essere cauti quando abbiamo intrapreso gli esami post mortem sugli elefanti, il che, di per sé, è un compito difficile con un animale così grande, soprattutto lavorando sul campo».
Gli esami post-mortem hanno presto escluso il bracconaggio, soprattutto perché tutti gli elefanti morti avevano le zanne intatte. Le analisi tossicologiche, compresi i test immediati per il cianuro, che a volte nello Zimbabwe viene utilizzato per uccidere gli elefanti, così come analisi più sofisticate effettuate nel Regno Unito, non hanno trovato tracce di veleni nelle carcasse o in una pozza d’acqua vicina a molte delle carcasse analizzate.
Ulteriori esami da parte di veterinari e scienziati hanno identificato in 6 elefanti «Un’infezione setticemia causata da un batterio poco conosciuto denominato provvisoriamente Bisgaard taxon 45, un membro non classificato della famiglia batterica delle Pasteurellaceae».
La cosa è stata poi confermata dall’isolamento batterico e dall’analisi genetica. I ricercatori avvertono che «Solo un numero limitato di campioni era idoneo ad effettuare tali esami. I batteri Pasteurella sono stati precedentemente implicati nella morte improvvisa di animali selvatici come le antilopi, ma prima di questo studio non si sospettava un loro ruolo nella morte degli elefanti».
Il capo della virologia dell’APHA, Falko Steinbach, ha dichiarato che «L’identificazione di questo batterio è un passo avanti significativo nella comprensione del motivo per cui questi elefanti sono morti, e sono stato felice di far parte del team dell’APHA che ha potuto corroborare questi importanti risultati. La trasmissione dei batteri è possibile, soprattutto data la natura altamente socievole degli elefanti e il legame tra questa infezione e lo stress associato a eventi meteorologici estremi come la siccità, che potrebbero rendere più probabili le epidemie. Sono necessarie ulteriori ricerche per saperne di più sui batteri e sulle sue implicazioni a lungo termine per la popolazione di elefanti africani e altri animali selvatici».
Arnoud van Vliet, docente senior di microbiologia veterinaria alla School of Veterinary Medicine dell’università del Surrey, ha concluso: «La composizione internazionale del nostro team di ricerca evidenzia le opportunità che si presentano per le indagini conservazionistiche sulla malattia e sulla morte degli animali selvatici. Il taxon Bisgaard 45 non era mai stato associato prima alla setticemia batterica e si aggiunge alla crescente lista di minacce legate alle malattie per la conservazione degli elefanti».