Elba: l’ambiente, i turismi e i “visionari” del cemento
[29 Agosto 2013]
L’Isola d’Elba è territorio particolarmente interessante da molti punti di vista: storico, culturale, naturalistico, geologico; quel particolarmente è l’assioma che rivela l’unicità di questa terra, in cui essi convergono. La peculiarità della sua storia sta ad indicare questo; connubio di fattori umani e ambientali che hanno trovato nella promozione reciproca quel significato di profitto che è dignità, vita, bellezza.
I Medici seppero vedere, concentrata in Portoferraio, tutta l’isola che per sua fattezza naturale offriva protezione e in un certo senso promozione, non solo delle coste omonime e di tutte quelle popolazioni mediterranee che soffrivano i feroci attacchi ottomani; paradossalmente nel dispotismo dei loro calcoli politici, essi seppero cogliere appunto quella visione che garantisce stabilità e certezza, e che sta alla base di una politica realistica.
Quello scorcio storico, pur rimanendo collocato là dove deve rimanere, non suona come anacronistico. Vorrebbe invece valere come un invito per noi oggi perché semplicemente la storia da cui proveniamo pressantemente ricorda che la qualità della vita aggregata dove ogni individuo può e deve trovare la sua giusta collocazione, in relazione osmotica con la terra ed il mare, è indice di quell’innalzamento del significato primigenio di umanità, inteso come ideale di bellezza, che l’azione politica non può scordare. Pena il suo allontanamento dalla realtà, mercé la sua inevitabile trasfigurazione in azione autarchica, da qui la sua lenta ma inarrestabile implosione. Ci pare che l’Elba sia proprio di fronte a questo tipo di bivio.
Oggi siamo abituati a vedere nella difesa dell’ambiente solo un’azione estrinseca, meccanica; come se farlo fosse solo un modo per sentirsi meglio. Questa terra con il suo mare sembrano chiederci di non rimanere su quel piedistallo; quando parliamo di “ambiente” non si parla altro che di vita. Mantenerli slegati è essere correi del loro disfacimento e della nostra morte.
Quando si parla dell’Elba come territorio che avrebbe bisogno di valorizzazione, non diciamo altro che questa opera nasca e si concretizzi anche attraverso un cambio radicale di approccio culturale al tema ‘turismo’.
E’ turismo responsabile quell’attività orientata non solo al rispetto dell’ambiente naturale, ma anche alla garanzia di qualità della vita delle popolazioni residenti. Pertanto mantenere scisse le due realtà, come da anni avviene qui come altrove, significa voler escludere la vita dell’isola, le sue aspettative, i suoi desideri di crescita culturale ed economica da quel contatto propedeutico con coloro che non vogliono vedere l’isola solo come una semplice spiaggia. Continuare a pensare di realizzare strutture turistiche (approdi, villini, villette, luoghi di divertimento ecc.) non ha altro significato che frammentare quella opportunità di scambio, di incontro, e di profitto. Ché questo non è legato al denaro, come abbiamo detto dalle prime righe. Né che ci si venga a dire che tutto quel cemento rappresenta una opportunità di occupazione; questo uso ricattatorio del vocabolo “occupazione” tradisce la malizia di coloro che vorrebbero fare predominare la propria avidità dietro la maschera dell’utilità sociale.
Con quale leggerezza intellettuale, affine alla pusillanimità, si usa il termine “visione” – termine scritto su un foglio affisso all’entrata della festa di partito alle Ghiaie di qualche giorno fa – per tentare di fare abboccare la gente a tutta quella politica, che è solo, lo ribadiamo, frammentazione? Una visione è qualcosa che segretamente induce allo spirito di integrità, morale e collettiva, è un processo di chiarificazione spirituale interiore e reciproca, una dialettica di maturazione della coscienza davanti ai nostri compiti e al nostro destino, che non sopporta la logica del “mio”, della prevaricazione, del potere, che non crea confusione.
Vediamo qualche “visione” davanti a palazzi o porti di cemento? Non è retorico parlare così, perché la realtà drammatica chiede che si prenda atto e si sappia con determinazione attuare scelte e responsabilità che ci impegnino e vivifichino come comunità.
Se l’Elba è ricchezza, naturale e storica, questa ricchezza va protetta, nel suo mare e nel suo territorio, allargando i confini del Parco e convertendo l’industria turistica verso un altro tipo di turismo e verso un altro target di turista. Questa è visione nella sua integrità! Questa ricchezza è prendersi cura seriamente della vita dell’individuo, del bene collettivo e della natura, la quale offre loro non solo il sostentamento ma anche il tempo del riposo, della meditazione, della raccolta in se stessi; e sempre questa ricchezza esplicitata dalla comunità è quella fattiva risposta che ha i precisi contorni della sovranità che appartiene al popolo, la capacità collettiva di realizzare insieme, poiché la democrazia non è assolutamente e primariamente una questione di voto o di cambiamento o di riforme ideologiche.
Tristemente, apprendiamo che i progetti di porti turistici nella rada di Portoferraio vanno in una direzione che mostra arretratezza politica e culturale, indipendentemente dall’esito finale. Quei progetti vengono presentati come una opportunità di sviluppo sostenibile. Ma badiamo bene al linguaggio di questa mediocre politica: “opportunità” che interpreta la parola sviluppo nel senso ottocentesco di quantità mentre la parola “sostenibilità ambientale” si riassume nel solo fotovoltaico che dovrebbe servire le strutture ricettive e di ristorazione che accompagnano il porto stesso.
E’ l’approccio complessivo, culturale, dei progetti che vanno nella direzione sbagliata non solo perché quella zona è soggetta ad inondazioni, e quindi territorio e residenti sono in una condizione di oggettiva fragilità, ma anche perché essi pongono inesorabilmente l’Elba nella sua sicura chiusura, in quella politica del turismo che le amministrazioni e le associazioni imprenditoriali complessivamente hanno condotto fino ad oggi.
Paradossalmente sono progetti corposi che producono staticità. Che orbano l’essenza stessa del termine “visione”, della sostenibilità, del futuro stesso dell’isola.
Foriero di sviluppi fruttuosi è all’opposto il turismo cosiddetto consapevole che però ha bisogno prima di tutto di un grande investimento culturale, che coinvolga le amministrazioni, le strutture turistiche, le comunità locali, i viaggiatori, gli elbani tutti poiché abbisogna di uno sforzo notevole di approfondimento e confronto con le realtà e risorse umane e professionali che sul tema possono offrire esperienza e competenza, anche se ciò comporta confronti spesso duri.
La realtà di quelle associazioni (da Indigeni a Legambiente a Italia Nostra), la loro precipua preparazione in materia, pongono questo in essere: che dedicarsi alle tematiche ambientali e della sua difesa non è intraprendere un impegno a singhiozzo, tanto per difendere l’uccellino dall’estinzione; è porsi da subito e con certezza nella prospettiva che invita tutti e tutte a prendersi delle sane responsabilità, di voler e sapere costruire e articolare un pensiero non desueto che sia autorevole e porti inspirazione di ideali, valori e atteggiamenti concreti, che sia finalizzato a quella promozione umana che trova nell’ambiente universalmente inteso la sua forma di manifestazione.
E’ un lavoro di lunga lena che ci farà progressivamente uscire dai comportamenti massificati del turismo che riproduce gli stessi comportamenti, le stesse abitudini e che ricerca gli stessi comfort della vita quotidiana cittadina. Che sostanzialmente riproduce se stesso in una meccanicismo che rende schiavi.
Il turismo consapevole – nato già a partire dagli anni ’80 – va sempre più diffondendosi e specializzandosi, e sembra che anche ai viaggiatori piaccia sempre di più. Infatti, secondo il rapporto Sustainable holiday futures, pubblicato in Gran Bretagna da Future Laboratory, il 74% dei vacanzieri vorrebbe essere “più sostenibile” ed è pronto a scegliere l’ecoturismo, con mete naturali, cibi biologici e nel pieno rispetto per l’ambiente. Sempre secondo lo studio, entro il 2030 la sostenibilità diventerà un aspetto integrante di ogni vacanza: «Se il turismo sostenibile e responsabile è ancora di nicchia, per far sì che il business delle vacanze non danneggi il pianeta e favorisca lo sviluppo, il turismo di massa deve cambiare». (cit,. Slow Tourism).
Proteggere il territorio e il mare dell’isola, promuovendo il turismo consapevole, cioè una vita che non si cancelli con le proprie mani, è un’opportunità enorme di sviluppo e di reddito. Non la vedete, voi “visionari”?
di Rossana Sebastiani e Pierpaolo Calonaci