Eolico contro biodiversità? Bocciature a raffica, e le associazioni ambientaliste si dividono

Lipu e Italia nostra esultano. Legambiente: «Pregiudizio delle Soprintendenze nei confronti degli impianti»

[17 Aprile 2014]

La Lipu esulta: «Stop agli impianti eolici che disturbano l’habitat dell’orso e colpiscono, fino a uccidere, gli uccelli selvatici, in particolare rapaci come nibbio reale, nibbio bruno, grifone, aquila reale e biancone».  Il  Consiglio regionale dell’Abruzzo, fino a ieri accusato di voler riaprire la caccia nei Parchi e nelle zone dove vivono gli ultimi orsi, ora riceve i complimenti per aver approvato un progetto di legge sulle energie rinnovabili che stabilisce il divieto di installazione, nelle aree di maggiore rilevanza ambientale, di aerogeneratori con potenza singola o complessiva maggiore di 0,300 Megawatt.  «Un provvedimento – spiega la Lipu –  col quale la Regione vuole porre un freno ai danni alla biodiversità causati dai mega impianti, come accaduto nemmeno un mese fa con la morte di almeno due grifoni a Collarmele».

Il divieto vale per le Important bird areas (Iba), per le aree circostanti un raggio di 5 Km  dai dormitori di nibbio reale,  per le aree cuscinetto di 2 Km intorno ai Siti importanza comunitaria (Sic)  con presenza di nibbio reale e nibbio bruno e per le aree cuscinetto di 4 Km intorno al perimetro delle Zone di importanza speciale (Zps). La Lipu dice che «A beneficiare delle nuove norme anche specie di grande importanza come l’orso bruno marsicano le cui aree di presenza sono ora interdette a nuovi impianti, in attuazione dell’accordo Patom (Piano d’azione per la tutela dell’orso marsicano) approvato nel giugno 2010 dalla Regione Abruzzo con delibera di Giunta. Tutele anche per aquila reale e lanario, per le quali l’interdizione è attiva nei 5 chilometri circostanti le pareti siti di nidificazione, e per il biancone, con le stesse tutele ma dal punto di nidificazione.  Infine, inclusi nelle norme anche i chirotteri inseriti nell’allegato II della Direttiva 147/209/CE, per i quali l’interdizione agli impianti eolici vale per le aree circostanti un raggio di 3 chilometri da cavità o altri siti che ospitano colonie o, per le specie gregarie, siti di svernamento».

Secondo il presidente Lipu Fulvio Mamone Capria, «Quella dell’Abruzzo potrebbe essere una svolta per tutta l’Italia. L’approvazione di queste norme può fermare la strage dei rapaci in una Regione così importante e pone paletti indispensabili per la tutela della biodiversità in Abruzzo. Ringraziamo il consigliere regionale Maurizio Acerbo che si è battuto con coraggio e determinazione affinché si giungesse a questo importante risultato. Non possiamo che augurarci che questo modello possa essere esportato anche in altre Regioni, tutt’ora teatro di gravi episodi che vedono vittime specie di grande pregio conservazionistico e protette dalle normative europee».

Ad esultare per la bocciatura da parte della Conferenza dei servizi della Regione Toscana delle pale eoliche sul Monte Gazzaro, sull’Appennino Toscano  sono invece Italia nostra e Comitato Monte Gazzaro – no eolico selvaggio  e  Rete della Resistenza sui Crinali che spiegano che «L’impianto, infatti, sarebbe sorto sul sentiero “00” (doppio zero) del CAI, più volte citato nel documento finale della Sovrintendenza, che avrebbe subito danni irreversibili, come sarebbe successo per tutta la zona, che vanta itinerari storici riconosciuti ed apprezzati a livello europeo. E questo è bastato per dire no all’impianto».

Italiua nostra e comitati scrivono in una dichiarazione congiunta: «Apprezziamo moltissimo il lavoro della Soprintendenza, che ha dovuto superare il forte handicap iniziale rappresentato dal primitivo giudizio favorevole, dato in sede di valutazione di compatibilità ambientale. Ma un riesame accurato della documentazione e soprattutto due sopralluoghi sul posto negli ultimi mesi, hanno fatto emergere tutti i ben fondati motivi per il no definitivo all’impianto che, per primo, avrebbe violato il crinale principale del nostro Appennino».

Un’altra Soprintendenza, quella della Liguria, ha bocciato il progetto di costruire un impianto eolico con 4 “torri” a Vado Ligure e Quiliano, ma qui un’associazione ambientalista non è affatto d’accordo. Santo Grammatico, Presidente di Legambiente Liguria, fa notare alcune incongruenze rispetto ai pareri sull’eolico ed a quelli su altre opere ben più impattanti: «Se i criteri che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria ha applicato per bocciare il progetto di un impianto eolico, nei Comuni di Vado Ligure e Quiliano, si dovessero applicare in tutta la Liguria di sicuro vi sarebbe uno stop immediato alla Gronda autostradale di Genova, alla piattaforma Maersk nel golfo savonese e a migliaia di altri interventi edilizi e infrastrutturali. Il parere appare sorprendente perché questo progetto ha avuto una lunga istruttoria, con modifiche, e le aree dove si sarebbe dovuto localizzare l’impianto sono fuori da aree protette e da siti di importanza comunitaria e la stessa valutazione di impatto ambientale regionale era stata positiva».

Il Cigno Verde chiede alla Regione Liguria di intervenire per fare chiarezza rispetto al futuro delle fonti rinnovabili in Liguria: «In particolare in un momento come questo – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente –, con le preoccupazioni occupazionali e industriali legate alla chiusura della Centrale di Vado Ligure, occorre dare un segnale chiaro con politiche che vadano nella direzione della spinta all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. Il pregiudizio contro l’eolico condiziona invece il lavoro delle Sovrintendenze e favorisce il fossile in una regione dove è finalmente venuta al pettine la questione delle centrali al carbone. Sarebbe veramente un grave errore bloccare un impianto che è coerente con le Linee Guida nazionali e regionali per l’integrazione delle rinnovabili nel paesaggio e che ha avuto un parere di Via positivo, per ragioni sostanzialmente estetiche».

Legambiente, a differenza di altre associazioni ambientaliste e così come Greenpeace, non è contraria all’eolico, e anche in Liguria chiede  regole chiare e condivise dai diversi attori istituzionali per l’integrazione nel paesaggio delle fonti rinnovabili. «Proprio l’esperienza di impianti eolici di successo come quelli realizzati a Varese Ligure, a Stella o a Mele dimostra come i progetti, in realtà, si possano ben integrare nel paesaggio – sottolineano gli ambientalisti liguri –  Questi aspetti dovrebbero rappresentare la spina dorsale del futuro piano energetico regionale che determinerà la visione a medio-lungo termine delle politiche energetiche nel territorio ligure. La Soprintendenza è entrata in conflitto con la Regione sulla valutazione dell’impatto dell’impianto che riguarderebbe, in parte, aree boscate, vincoli di tutela “dell’assetto insediativo” e di distanza di 150 metri dai corsi d’acqua previsti dal piano paesistico regionale, mentre per la bocciatura di carattere estetico il problema sarebbe “l’intervisibilità” di alcune delle torri dalla Via Aurelia e da rilievi e luoghi vincolati. In entrambi i casi, il parere esplicita un pregiudizio negativo nei confronti dell’eolico. Ed è per queste ragioni che occorre fare chiarezza su come in Liguria si vuole tutelare il territorio e permettere un corretto sviluppo delle fonti rinnovabili».