Fratelli d’Italia vuole abolire i direttivi dei Parchi nazionali

Un disegno di legge del senatore Rosa vuole riformare la legge quadro e dare più potere alla Comunità del Parco

[20 Febbraio 2024]

Il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Rosa, vicepresidente della Commissione ambiente, ha annunciato sulla sua pagina Facebook che «E’ stato assegnato alla VIII Commissione il disegno di legge da me presentato che propone una modifica organica della legge 394/1991, la legge quadro sulle aree protette».

Il lucano Rosa ricorda che «In Italia esistono 871 aree protette, per un totale di oltre 3 milioni di ettari tutelati a terra, circa 2.850mila ettari a mare e 658 chilometri di costa. Abbiamo 24 parchi nazionali, 29 aree marine protette, 134 parchi regionali, che coprono una superficie di ca. 1 300 000 ettari, 2 parchi sommersi, e il Santuario internazionale dei mammiferi marini. Si tratta di un patrimonio naturalistico immenso di grande valore ambientale, sociale ed economico che ha, finalmente dignità costituzionale grazie alla modifica dell’9 della Costituzione che introduce, tra i principi fondamentali della Repubblica “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Viene, dunque, riconosciuto lo straordinario valore della tutela della biodiversità, della salvaguardia della presenza e della diffusione delle specie animali e vegetali come eredità indispensabile da lasciare alle future generazioni».

Rosa, che è esponente di un partito storicamente erede delle politica fascista di istituzione dei primi Parchi nazionali storici ma che poi con il Movimento Sociale Italiano, Alleanza Nazionale e Fratelli d’Italia l’istituzione dei Parchi e delle aree protette l’ha spesso osteggiata, capeggiando politicamente i movimenti anti-parco, ora ammette che «E’ da dire che la legge del 1991 è stata una delle leggi più avanzate in materia di tutela delle aree protette. Tuttavia, se da un lato la Strategia europea sulla biodiversità evidenzia che l’attuale rete di aree protette non è estesa abbastanza da garantire adeguatamente la salvaguardia della biodiversità, e chiede, entro il 2030, la creazione di aree protette comprendenti almeno il 30 per cento della superficie terrestre e marina dell’Unione europea; dall’altro, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) stima che nel 2020 il suolo consumato nelle zone presenti nell’elenco delle aree naturali protette sia stato pari a 59.335 ettari totali».

Quindi i Parchi che FdI – anche in Parlamento – spesso critica per aver ingessato i territori, secondo Rosa avrebbero in realtà fatto poco per difendere le Aree protette dal consumo di suolo e – fa capire il senatore meloniano – non sarebbero in grado di a essere protagonisti della corsa europea alla protezione del 30% della terra e del mare italiani.
Rosas evidenzia che invece «Il disegno di legge da me presentato amplia, secondo i canoni della Giurisprudenza ma soprattutto degli esperti del settore, la tipologie di aree protette, includendo nella categoria anche le zone umide, le zone di protezione speciale, le zone speciali di conservazione che in molti casi, coincidono parzialmente con il territorio delle aree protette “classiche”, subendo così una regolamentazione differente nell’ambito della stessa zona protetta. Inoltre, mira a cogliere le nuove sfide per una tutela più performante della nostra biodiversità attraverso, tra l’altro, la reintroduzione del Piano triennale delle aree protette per una pianificazione completa e complessiva, consentendo il coordinamento e l’armonizzazione, sia nei principi che negli obbiettivi, con gli altri piani e strategie nazionali e internazionali».

Ma la riforma della riforma è contenuta in un altro passaggio dell’annuncio del senatore di destra: «Il disegno di legge mira a uno snellimento della governance dei parchi, anche al fine di contenerne i costi, attraverso la soppressione del Consiglio direttivo, le cui funzioni sono trasferite alla Comunità del Parco, in applicazione del principio per il quale le comunità locali devono partecipare alla gestione delle aree protette ricadenti nei loro territori. Inoltre il Collegio dei revisori è sostituito con la figura di un Revisore unico dei conti. Una riforma delle aree protette a tutto tondo che ha incontrato un ampio consenso anche tra i Colleghi Senatori che ringrazio per aver sposato il progetto».

Ora, a parte che il risparmio derivante dall’abolizione dei direttivi dei Parchi è inesistente, visto che i componenti dei direttivi non ricevono compensi se non minimi gettoni di presenza, il senatore Rosa sembra non sapere che, con un’altra riforma abbastanza recente – del 2008 – di dimagrimento dei direttivi, le comunità locali hanno già di fatto la maggioranza all’interno di quello che dovrebbe essere composto da 4 rappresentanti della Comunità del Parco e uno del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno dell’ISPRA indicato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno delle associazioni di protezione ambientale e uno delle associazioni agricole nazionali più rappresentative individuato dal ministro delle politiche agricole, sulla base delle indicazioni provenienti dalle medesime associazioni, se a questo si aggiunge il fatto che sempre più spesso il presidente di un Parco Nazionale è un sindaco, un assessore o un politico locale in carica o trombato, già ora i direttivi dei Parchi nazionali sono governati da quella maggioranza locale che Rosa vorrebbe assicurare con il suo disegno di legge.

Va detto però che il senatore di FdI tocca il tasto scoperto del progressivo affievolimento della governance dei Parchi, dovuta sia all’assopirsi dopo 33 anni della spinta propulsiva della legge 394/91 che proprio anche alla progressiva trasformazione del governo dei Parchi che, da forza e singolarità iniziale delle aree protette nazionali italiane, si è trasformato spesso in un governo localistico di beni ambientali di importanza nazionale e internazionale.

Pensare di affidare alla Comunità del Parco le funzioni del direttivo del Parco – senza definire un organismo di governo superiore ed esecutivo – equivale ad accelerare questa deriva. Pensare che questo ruolo debbano svolgerlo le Comunità del Parco – già esistenti e che hanno brillato quasi ovunque per inconsistenza, mancanza di proposta e non rispetto dei compiti loro conferiti dalla Legge 394/91, a partire dai mai realizzati Piani di sviluppo economico e sociale previsti dalla legge – è molto azzardato e poco realistico, soprattutto perché in alcuni Parchi (tipo Val Grande o quelli mono-Comune) la Comunità del Parco sarebbe quasi inconsistente, mentre in altri Parchi, come il Cilento, bisognerebbe affittare una sala cinematografica per poter ospitare tutti i sindaci e i rappresentanti di Regione e province. Altro che snellire la governance dei Parchi!

Questo non toglie che la proposta di Rosa abbia il pregio di gettare un sasso nello stagno e che potrebbe servire come base per una diversa governance dei Parchi nazionali italiani, ormai matura per recepire le richieste europee e della Convention on biological diversity, ma anche per una riforma della Comunità del parco che da organismo certificatorio che si riunisce raramente nelle date comandate la trasformi in un piccolo parlamentino dei Parchi nazionali, nel quale oltre agli Enti locali siano rappresentate anche le associazioni ambientaliste e di categoria interessate e che serva ad elaborare le politiche di sviluppo sostenibile all’interno e all’esterno del territorio protetto.

Ma sostituire tout court un direttivo in affanno e già a forte predominanza locale con una Comunità del Parco che non ha mai funzionato non sembra un’ottima idea per governare davvero e meglio i Parchi nazionali e le loro preziose e indispensabili risorse. Occorre individuare un organismo di governo reale che attualmente – in molte occasioni – è riassunto nelle funzioni del Presidente.

A meno che, con una falsa democratizzazione e una reale ulteriore diminuzione di competenze ambientali, non si voglia trasformare gli Enti parco ancora di più  nell’ennesimo Ente Locale dove si discute più di come e dove far costruire che di come proteggere l’ambiente e la biodiversità. Rispettando gli obiettivi europei e internazionali… ma all’italiana.