Gas, il Perù dice no all’Onu e vuole trivellare la riserva indigena in Amazzonia
Quei popoli rischiano l’estinzione. In pericolo il Parque Nacional del Manu e la più ricca biodiversità del mondo
[15 Gennaio 2014]
Su Ecologist David Hill, un giornalista freelance che lavora a Pucallpa, nell’Amazzonia peruviana, scrive che «Il governo del Perù sta portando avanti il progetto di espandere le operazioni gasiere in una riserva protetta in Amazzonia, nonostante le richieste da parte delle Nazioni Unite di sospenderle».
E Survival International conferma: «Il governo del Perù sta per approvare l’espansione del controverso progetto gas Camisea all’interno di un territorio in cui abitano sia alcune tribù isolate sia diversi gruppi incontattati. Facendolo, ignorerà una recente raccomandazione dell’Onu che chiede siano effettuati preventivamente degli “studi esaustivi” per valutare le minacce poste sulla vita e sulla salute degli Indiani più vulnerabili». L’organizzazione che difende i popoli tribali e il giornalista si riferiscono alla “Declaración del Relator Especial de las Naciones Unidas sobre los derechos de los pueblos indígenas, James Anaya, al concluir su visita al Perú”. Anaya, relatore speciale dell’Onu per i diritti dei popoli indigeni, a dicembre ha visitato l’area per 8 giorni ed ha detto che «Il governo e la compagnia dovrebbero agire con estrema cautela, ed evitare di procedere con l’espansione prima di essersi assicurati che i diritti umani (delle tribù) non siano messi a rischio». Poi ha inoltre raccomandato al governo di Lima di effettuare «Studi esaustivi (…) per verificare la presenza e le condizioni delle tribù isolate o incontattate». L’altra raccomandazione di Anaya è che il governo del Perù «Non dovrebbe procedere con l’espansione proposta senza precedenza e formalmente aver stabilito che i diritti umani non saranno violati. E’ ovvio che questi gruppi sono estremamente vulnerabili».
Il progetto appoggiato dal governo del presidente di origini indie Ollanta Humala Tasso vale 1,6 miliardi di dollari ed è gestito da tre multinazionali: l’argentina Pluspetrol, l’americana Hunt Oil e la spagnola Repsol.
La concessione di Pluspetrol è il Lot 88, che si sovrappone per ben il 74% con la riserva indigena istituita nel 1990. Le prove sismiche prevedono migliaia di esplosioni sotterranee su centinaia di Km2. Secondo l’agenzia statale Perupetro, le riserve del Lot 88 rappresentano quasi il 30% della produzione totale di petrolio e di gas del Perù nel 2012.
Survival è molto preoccupata perché come condizioni per l’espansione del progetto Camisea all’interno della Riserva Nahua-Nanti, destinata a Indiani isolati e incontattati, il ministro della cultura peruviano, Diana Alvarez-Calderón Gallo, che avrebbe il compito di difendere gli indios, ha detto che basta il semplice rispetto di tre condizioni minori, alimentando il timore che l’espansione possa essere imminente. Nonostante abbia compiuto diverse visite nell’area, la Alvarez-Calderón Gallo non ha realizzato gli studi ambientali e sociali necessari per valutare l’impatto dell’espansione delle attività Camisea sulle tribù. Che le cose siano molto più complicate di quanto dice la ministra, tre suoi colleghi si sono dimessi dal governo.
L’azienda leader del progetto Camisea, la Pluspetrol, prevede la trivellazione di 18 pozzi e di condurre prove sismiche in una riserva “immateriale” per le popolazioni indigene che vivono in “isolamento volontario” o sono incontattate. La riserva fa parte della zona cuscinetto del Parque Nacional del Manu, nel quale l’Unesco dice che la biodiversità «Supera quello di qualsiasi altro luogo sulla Terra».
Pilar Cameno, dalle Ong peruviana Dar, ha detto al Guardian che le trivellazioni potrebbero portare a scontri violenti tra lavoratori del gas e i popoli indigeni, all’aumento dei livelli di mortalità, alla perdita di terreni e dell’accesso alle risorse da parte degli indios ed ad inquinamento ambientale. «Lo Stato peruviano deve ascoltare le raccomandazioni del relatore delle Nazioni Unite ed attuarle – dice la Cameno – Quel che è in gioco è la sopravvivenza dei popoli indigeni in isolamento e incontattati, non solo come individui, ma come intere culture».
Pluspetrol risponde che le immagini satellitari dell’area non mostrano segni di insediamenti umani permanenti o semi-permanenti e assicura di aver «Un piano di emergenza antropologica nel caso di contatti indesiderati con i popoli in isolamento».
Ma lo stesso governo peruviano a luglio aveva detto che il popolo Nahua che vive nella riserva, anche con gruppi incontattati, potrebbe essere “devastato” dall’espansione, mentre i popoli Kirineri e Nanti, in isolamento volontario, potrebbero estinguersi.
Survival lancia nuovamente l’allarme: «Se gli Indiani incontattati dell’area dovessero entrare in contatto con gli operai petroliferi, potrebbero contrarre malattie mortali. Negli anni ‘80, quando la Shell effettuò prospezioni petrolifere nell’area, metà della tribù Nahua fu sterminata proprio dalle conseguenze del primo contatto.Oltre a coinvolgere centinaia di lavoratori, i piani di espansione prevedono la detonazione di migliaia di cariche esplosive e l’utilizzo di pesanti macchinari per la trivellare dei pozzi esplorativi». L’Ong chiede «La sospensione di ogni attività legata a petrolio e gas all’interno del territorio delle tribù incontattate» e sono già più di 130.000 le e-mail inviate al presidente Humala che chiedono la stessa cosa..
Secondo Stephen Corry, direttore generale di Survival International, «I piani di espansione di Camisea creano un precedente letale. Se il più grande progetto gas del paese sarà autorizzato a operare nel mezzo di una riserva per le tribù incontattate, le leggi che il governo ha messo in atto per proteggere i suoi popoli indigeni saranno private di significato. Questa corsa alle risorse del paese metterà a repentaglio la vita di molti indigeni. Il governo peruviano non ha imparato proprio nulla dalla sanguinosa e vergognosa storia del primo contatto?».