
Gli iceberg giganti svolgono un ruolo fondamentale nella rimozione di CO2 dall’atmosfera

Lo studio “Enhanced Southern Ocean marine productivity due to fertilization by giant icebergs”, pubblicato su Nature Geoscience da tre scenziati (Luis Duprat, Grant Bigg e David Wilton) del Dipartimento di geografia dell’università di Sheffield, è una ricerca pionieristica che ha permesso di scoprire che l’acqua di fusione degli iceberg giganti, che contiene ferro e altre sostanze nutritive, sostiene elevati, e fino ad ora inaspettati, livelli di crescita del fitoplancton, con enormi ripercussioni sulla catena alimentare oceanica.
I ricercatori britannici spiegano che «Questa attività, nota come sequestro del carbonio, contribuisce alla conservazione a lungo termine dell’anidride carbonica atmosferica, contribuendo pertanto a rallentare il riscaldamento globale».
Lo studio, il primo del suo genere a questo livello, ha analizzato 175 immagini satellitari del colore, un indicatore di produzione di fitoplancton sulla superficie oceanica, di una serie di iceberg giganti, lunghi almeno 18 Km, nell’Oceano meridionale e il team guidato da Bigg dice che «Le immagini di 2003-2013 hanno dimostrato che la maggiore produttività di fitoplancton, che ha un impatto diretto sulla stoccaggio del carbonio negli oceani, si estende per centinaia di chilometri dall’ iceberg gigante, e persiste per almeno un mese dopo che l'iceberg è passato».
Secondo Bigg, «Questa nuova analisi rivela che gli iceberg giganti possono svolgere un ruolo importante nel ciclo del carbonio dell'Oceano meridionale. Abbiamo rilevato livelli di clorofilla sostanzialmente migliorati, in genere oltre un raggio di almeno 4 -10 volte la lunghezza dell’iceberg. Le prove suggeriscono che l'assunzione di aumenti delle esportazioni di carbonio da un fattore 5 - 10 sopra l'area di influenza e fino a un quinto del flusso di carbonio verso il fondo dell’Oceano meridionale ha origine con la fertilizzazione degli icer berg giganti. Se, come previsto, il parto dei degli iceberg aumenterà in questo secolo, questo feedback negativo sul ciclo del carbonio potrebbe diventare più importante di quanto si pensasse in precedenza».
L'Oceano Meridionale svolge un ruolo significativo nel ciclo globale del carbonio ed è responsabile di circa il 10% dello stoccaggio totale del carbonio negli oceani,attraverso un insieme di processi biologici e chmici, compresa la crescita del fitoplancton.
Studi precedenti avevano suggerito che la fertilizzazione dell'oceano da parte degli iceberg contrbuisse relativamente poco all’assorbimento di CO2 da parte del fiplancton, ma la nuova ricerca pubblicata da Nature Geoscience dimostra che l’acqua prodotta dallo scioglimento degli iceberg è responsabile di ben il 20% del carbonio stoccato nelle profondità dell'Oceano meridionale.
Il fitoplancton verrebbe fertilizzato dal ferro e da altre sostanze contenute dagli iceberg giganti. Quindi queste isole di giaccio galleggianti durante il loro viaggio cedono acqua e nutrienti a minuscoli organismi che si comportano in modo simile alle piante terrstri: per ottenere l'energia necessaria per crescere e riprodursi, subiscono un processo di fotosintesi, che comprende l'assorbimento di anidride carbonica. Quando il fitoplancton muore, scende sul fondo dell'oceano, dove la CO2 che contengono resta stoccata.
Bigg spiega che nell’Oceano antartico galleggiano sempre circa 3.000 iceberg giganti e questo ha consentito al suo team team di calcolare quanto carbonio viene stoccato nelle profondità dell'oceano per effetto delle fioriture di plancton innescate dalle sostanze nutritive sparse dallo scioglimento dei giganti gallegianti.
Richard Kirby, uno dei massimi esperti mondiali di plancton, ha detto a BBC News che «Il fitoplancton sulla superficie del mare illuminata dal sole, nel corso dei millenni ha svolto un ruolo centrale nel sequestro del carbonio e nell’influenzare la concentrazione atmosferica di questo gas serra e quindi sul clima della Terra. Questo interessante documento dimostra quanto abbiamo ancora da imparare su questi organismi microscopici e come i cambiamenti climatici possono influenzarli, insieme alla rete alimentare che sostengono».
